Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34369 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/11/2021, (ud. 28/09/2021, dep. 15/11/2021), n.34369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17941/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in

Roma, in via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore p.t.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 31/08/15 della Commissione tributaria

regionale della Puglia, pronunciata in data 24 gennaio 2014,

depositata in data 12 gennaio 2015 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 settembre

2021 dal consigliere Giudicepietro Andreina.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

l’Agenzia delle entrate ricorre con tre motivi avverso il fallimento (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore p.t., per la cassazione della sentenza n. 31/08/15 della Commissione tributaria regionale della Puglia, pronunciata in data 24 gennaio 2014, depositata in data 12 gennaio 2015 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’ufficio, in controversia concernente l’impugnativa dell’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva rideterminato il reddito imponibile della società e quantificato maggiori Ires, Irap ed Iva per gli anni di imposta 2006, 2007 e 2008;

la C.t.r., con la sentenza impugnata, riteneva l’illegittimità dell’accertamento analitico induttivo dell’amministrazione finanziaria, che, essendo essenzialmente basato sugli studi di settore, avrebbe dovuto essere preceduto dall’invito al contraddittorio, previsto espressamente dalla L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 3-bis;

inoltre, la C.t.r. rilevava che l’obbligatorietà della fase del contraddittorio preventivo si rifletteva anche sulla motivazione dell’avviso di accertamento, che, per essere congrua, doveva dar conto delle ragioni per le quali erano state disattese le contestazioni del contribuente;

a seguito del ricorso, il fallimento è rimasto intimato;

il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 28 settembre 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380-bis1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo, l’Agenzia delle entrate denunzia la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

la ricorrente sostiene di aver legittimamente ricostruito i reali e maggiori redditi di impresa in presenza di una contabilità irregolare e di una gestione antieconomica dell’impresa;

inoltre, la ricorrente richiama l’orientamento della

giurisprudenza di legittimità, secondo cui, anche in presenza di contabilità formalmente regolare, l’antieconomicità della gestione fa presumere l’inattendibilità della stessa ed il conseguimento di ricavi che, secondo un principio di ragionevolezza, siano almeno sufficienti a coprire i costi;

la C.t.r., nella sentenza impugnata, non si sarebbe attenuta ai suddetti principi, incorrendo nella denunziata violazione di legge;

con il secondo motivo, l’Agenzia delle entrate denunzia la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 e della L. 8 maggio 1998 n. 146, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

secondo la ricorrente, la C.t.r. avrebbe errato nel ritenere che, in caso di accertamento analitico induttivo fondato sull’antieconomicità della gestione, era necessaria la previa instaurazione del contraddittorio;

con il terzo motivo, l’Agenzia delle entrate denunzia la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

la C.t.r. non avrebbe esaminato i profili di antieconomicità della gestione evidenziati nell’avviso di accertamento, né gli elementi istruttori in base ai quali ha ritenuto superata la presunzione di evasione;

il primo ed il secondo motivo, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono fondati e vanno accolti;

come questa Corte ha precisato, “nel caso

di accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore, l’Amministrazione finanziaria è obbligata ad instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente ai sensi della L. n. 146 del 1998, art. 10, mentre detto obbligo non opera qualora l’accertamento si fondi anche su altri elementi giustificativi, quali riscontrate irregolarità contabili o antieconomiche gestioni aziendali. (Fattispecie relativa ad avviso di accertamento, non preceduto da preventivo contraddittorio, emanato a carico di un’impresa che aveva chiuso il proprio bilancio annuale con utili molto esigui, a fronte di ingenti investimenti sostenuti)” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 31814 del 05/12/2019);

nel caso di specie, ritiene il giudice di appello che i rilievi delle irregolarità di natura contabile siano meramente formali e che il riferimento allo studio di settore, sul quale sarebbe basato l’accertamento, avrebbe imposto l’instaurazione del contraddittorio preventivo con la contribuente;

tuttavia, la stessa C.t.r. nella sentenza impugnata afferma che l’accertamento dell’amministrazione è di tipo analitico induttivo sulla considerazione dell’antieconomicità della gestione;

pertanto, è fuor di dubbio che, nel caso di specie, l’accertamento tributario sia fondato anche sul rilievo dell’antieconomicità della gestione, che, secondo la giurisprudenza ormai costante di questa Corte, legittima pienamente il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54″ (ex multis, da ultimo, Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 21128 del 22/07/2021;Cass.. Sez. 5, Ord. n. 2 2185 del 14/10/2020);

il terzo motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio della decisione, che, per quello che si è visto, consiste nella illegittimità dell’accertamento per la mancata instaurazione del contraddittorio preventivo;

per quanto fin qui detto, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.t.r. della Puglia, che provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

la Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il terzo;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.t.r. della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

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