Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34346 del 23/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2019, (ud. 11/11/2019, dep. 23/12/2019), n.34346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 762-2015 proposta da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LA BOCCARDA SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 611/2014 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 07/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.

Fatto

PREMESSO

che:

1. l’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza della prima sezione della commissione tributaria regionale del Piemonte in data 7 maggio 2014, n. 611, con la quale è stata dichiarata illegittima la cartella notificata da essa ricorrente alla srl La Boccarda per sanzioni irrogate D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13 per tardivo pagamento dell’imposta di registro liquidata con atto emesso a seguito di revoca dei benefici previsti dalla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, a suo tempo impugnato e, dopo l’iscrizione delle sanzioni a ruolo, definitivamente riconosciuto legittimo;

2.1a sentenza impugnata si fonda sulla qualificazione dell’imposta liquidata come suppletiva e non come complementare e sulla considerazione, fatta con implicito riferimento al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 56, per cui, stante tale qualificazione, “non è corretta l’iscrizione a ruolo delle sanzioni effettuata dall’Agenzia”.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.con il primo motivo di ricorso viene lamentata la violazione dell’art. 2909 c.p.c. per avere la commissione qualificato l’imposta come complementare nonostante che, con pronuncia già passata in giudicato (resa dalla commissione tributaria provinciale di Alessandra n. 75/2007), fosse stata riconosciuta la legittimità della revoca dei benefici di cui alla L. n. 388 del 2000 e così, implicitamente, fosse stata anche qualificata l’imposta liquidata come complementare;

2. il motivo è infondato. Già in linea astratta, il giudicato formale (art. 324 c.p.c.)

o sostanziale (art. 2909 c.c.) cade su fatti, ossia sulla sussistenza di dati della realtà processuale o extraprocessuale, e non su qualificazioni giuridiche atteso che, in forza del principio “iura novit curia” sancito dall’art. 113 c.p.c. e che trova il proprio referente costituzionale nell’art. 101, comma 2, il giudice può sempre (con il solo limite del divieto di ultra petizione o extra petizione) assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti, ai rapporti dedotti in lite

o all’azione esercitata in causa (Cass. n. 14806/2014; 12943/12). Per di più, da ciò che emerge dalla lettura della parte della sentenza passata in giudicato a cui fa riferimento la ricorrente (v. pagina 8 del ricorso per cassazione), la commissione tributaria provinciale di Alessandria si è limitata a riconosce la legittimità della revoca dei benefici fruiti dall’odierna intimata, di cui alla L. n. 288 del 2000 art. 33, comma 3, ma non si è pronunciata sulla qualificazione (come complementare o suppletiva) dell’imposta pretesa in conseguenza della revoca;

3. con il secondo e il terzo motivo di ricorso viene lamentata la falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 42 in sè considerato e, rispettivamente, del combinato disposto dell’art. 42 e del successivo art. 56 (secondo cui “il ricorso del contribuente non sospende la riscossione, a meno che si tratti… b) di imposte suppletive, che sono riscosse per intero dopo la decisione della commissione tributaria centrale o della corte d’appello o dell’ultima decisione non impugnata”), per avere la commissione qualificato l’imposta come complementare e affermato essere “pertanto (non) corretta l’iscrizione a ruolo delle sanzioni effettuata dall’Agenzia”;

4. il secondo motivo è fondato e va accolto e il terzo resta assorbito. Ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 42, “è principale l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l’imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell’ufficio; è complementare l’imposta applicata in ogni altro caso”. La Corte ha in più occasioni affermato che l’imposta di registro liquidata dall’ufficio a seguito dell’accertata insussistenza dei presupposti applicativi di un trattamento agevolato fruito dal contribuente al momento della registrazione dell’atto di trasferimento della proprietà di un bene immobile, va qualificata come imposta complementare, non essendo definibile come imposta principale in quanto è applicata in un momento successivo alla registrazione, nè come imposta suppletiva in quanto non è rivolta ad emendare errori od omissioni commessi dall’ufficio in sede di registrazione (v., da ultimo, Cass.1802 del 2019 in fattispecie di agevolazione prevista dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 10-ter, conv. con modif. dalla L. n. 248 del 2006; Cass. n. 2400 del 2017 e n. 3360 del 2017, in fattispecie di agevolazione “prima casa”; Cass. n. 12257 del 2017, in fattispecie di mancanza di qualità di soggetto Iva del cedente e Cass. 18034 del 2016 proprio in fattispecie di revoca di beneficio ex art. 33, comma3, 1.388/2000, per l’acquisto di beni inseriti in piani particolareggiati);

5. in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata;

6. non vi sono accertamenti in fatto da svolgere ed è pertanto possibile decidere la causa nel merito (art. 384 c.p.c., comma 3) con dichiarazione di infondatezza dell’originario ricorso della contribuente;

7.1e spese del merito sono compensante in ragione dell’evolversi della vicenda processuale;

8.1e spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara infondato il primo e assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara infondato l’originario ricorso della contribuente;

compensa le spese del merito;

condanna la srl La Boccarda a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro4000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2019

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