Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34344 del 23/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2019, (ud. 18/11/2019, dep. 23/12/2019), n.34344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5038/2013 R.G. proposto da:

D.S.D., difeso e rappresentato, per procura speciale in

atti, dall’Avv. Caterina Ceraudo ed elettivamente domiciliato presso

il suo studio in Roma, via Pietro de Cristofaro, n. 46;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della

Lombardia, n. 106/26/12, depositata in data 22 luglio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 novembre

2019 dal Consigliere Dott. Cataldi Michele.

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.S.D. propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria regionale della Lombardia, n. 106/26/12, depositata in data 22 luglio 2012, che ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva respinto il suo ricorso contro la cartella di pagamento, emessa ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, relativa all’omesso riconoscimento, per l’anno d’imposta 2005, delle detrazioni di parte delle spese mediche e delle spese di istruzione, non riconosciute in quanto riferite a familiari non a carico del ricorrente.

2. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.Con ii primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e n. 5, c.p.c., il contribuente ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-ter, per avere il giudice a quo ritenuto che l’avviso bonario, notificato dall’Amministrazione al contribuente all’esito del controllo formale della sua dichiarazione Modello Unico 2006 per i redditi del 2005, e richiamato dalla cartella di pagamento impugnata, avesse un contenuto idoneo ad indicare i motivi che hanno dato luogo alla rettifica ed a consentire al destinatario anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale, entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione, ai sensi del predetto art. 36-ter, comma 4.

Il motivo è inammissibile. Ed invero, benchè formalmente rubricato anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, esso si sostanzia nella mera pretesa di una rivisitazione del giudizio di fatto consistente nell’apprezzamento, da parte del giudice dell’appello (che a pag. 2 della sentenza impugnata ha specificamente motivato sul punto), della sufficienza del contenuto dell’avviso bonario a conseguire lo scopo di rendere puntualmente edotto il contribuente dell’esito del controllo formale e del conseguente addebito, e quindi anche a motivare per relationem la conseguente cartella di pagamento.

Tale censura, disancorata dall’individuazione di uno specifico fatto controverso e decisivo che possa condurre ad un accertamento diverso, si traduce quindi in una mera richiesta di rinnovazione, in questa sede, dell’accertamento in fatto operato dalla CTR sul punto, non ammissibile in questa sede, neppure ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, applicabile ratione temporis ed antecedente alla novella di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83.

2.Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente ricorrente lamenta ia violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 12 e 15, per avere il giudice a quo ritenuto sufficiente ad escludere la detraibilità delle spese in questione a circostanza che il contribuente, nel prospetto della dichiarazione relativa ai familiari a carico ed ai fini della deduzione spettante per i figli, non avesse indicato la percentuale di deduzione cui aveva diritto relativamente all’anno d’imposta 2005, laddove la moglie aveva invece indicato una percentuale pari al cento per cento.

Assume infatti il ricorrente – richiamando e riproducendo anche le istruzioni dell’Amministrazione per la compilazione del Modello Unico 2006 per i redditi del 2005, ed in particolare la pag. 29, con riferimento ai righi da 2 a 6 relativi ai familiari a carico – che la deduzione per i figli a carico, prevista dal D.P.R. n. 917 dei 1986, art. 12, può essere ripartita liberamente tra entrambi i genitori, anche se quando un genitore ne fruisce al cento per cento, l’altro non può a sua volta fruirne.

E’ dunque questa, secondo il ricorrente, la ragione per la quale, con riferimento alla relativa deduzione, egli non ha indicato nella dichiarazione alcuna percentuale di sua spettanza.

Tuttavia, aggiunge il ricorrente, da tale dovuta omissione nella compilazione del modello non si può desumere che egli abbia anche dichiarato che i figli per i quali ha effettuato le detrazioni controverse non fossero a suo carico, circostanza che del resto neppure l’amministrazione contesta specificamente.

Infatti, prosegue il ricorrente, le detrazioni degli oneri in questione, disciplinate dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 15, comma 1, lett. c) (spese sanitarie) e lett. e) (spese d’istruzione) D.P.R. n. 917 del 1986, spettano, ai sensi del comma 2 della medesima norma, al genitore che li ha effettivamente sostenuti nell’interesse delle persone indicate nell’art. 12 che si trovino nelle condizioni ivi previste (ovvero, nel caso di specie, dei figli a carico), a prescindere dalla circostanza che quest’ultimo sia, o meno, lo stesso genitore che abbia anche dichiarato di volersi avvalere, in tutto o almeno in parte, delle deduzioni di cui al predetto art. 12.

In questa senso, r-iPvA i ricorrente, depongono ulteriormente le istruzioni dell’Amministrazione per la compilazione del Modello Unico 2006 per i redditi del 2005, in particolare alla pag. 30, laddove chiariscono che se la spesa è sostenuta per i figli, la detrazione spetta al genitore a cui è intestato il documento che certifica la spesa; se invece il documento che comprova la spesa è intestato al figlio, le spese devono essere ripartite tra i due genitori nella proporzione in cui le hanno effettivamente sostenute (o, in difetto di indicazione nel documento che comprova la spesa, nella misura del cinquanta per cento). Nè il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 15, nè la prassi dell’Amministrazione, quindi, presupporrebbero, secondo il ricorrente, che possa beneficiare delle detrazioni degli oneri sostenuti per i figli a carico esclusivamente il medesimo genitore che ha dichiarato di avvalersi anche delle deduzioni per oneri di famiglia di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 12.

2.1. Il motivo è fondato.

Infatti, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 15 (già art. 13-bis) nella versione applicabile ratione temporis all’anno d’imposta 2005, dopo aver elencato, nel comma 1, gli oneri sostenuti da contribuente che, nella misura del 19 per cento, possono essere detratti dall’imposta lorda, al comma 2 dispone, per quanto qui di interesse, che “Per gli oneri indicati alle lett. c), e) e f) del comma 1 la detrazione spetta anche se sono stati sostenuti nell’interesse delle persone indicate nell’art. 12 che si trovino nelle condizioni ivi previste, fermo restando, per gli oneri di cui alla lett. f), il limite complessivo ivi stabilito (…) “.

Pertanto, il rinvio dell’art. 15, comma 2, al precedente D.P.R. n. 917 del 1986, art. 12 (anch’esso nella versione applicabile ratione temporis aiVanno d’imposta 2005) è limitato all’individuazione delle persone nei cui interesse la spesa (nel caso di specie, quelle sanitarie e quelle per istruzione, rispettivamente previste dall’art. 15, comma 1, lett. c) ed e)) parzialmente detraibile è stata sostenuta da contribuente, ovvero, per quanto qui rileva, ” (…) per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati (…) ” (art. 12, comma 1, lett. b)), a condizione che possieda ” (…) un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonchè’ quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a lire 5.500.000, al lordo degli oneri deducibili.”.

La specifica limitazione – “alle persone indicate nell’art. 12 che si trovino nelle condizioni ivi previste”- del predetto rinvio dell’art. 15 al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 12 esclude dunque che, come invece sostiene l’Ufficio, la detraibilità degli oneri in questione sia ulteriormente condizionata dalla circostanza che il genitore che l’ha erogata sia lo stesso che, nell’ambito della libera ripartizione della deduzione per i figli a carico (espressamente ammessa dalla stessa Amministrazione, come confermano le citate istruzioni per la compilazione del Modello Unico 2006, riprodotte dal ricorrente senza contestazioni della controparte), si sia effettivamente avvalso, in tutto o in parte, anche della relativa deducibilità per oneri di famiglia.

Tale tesi, infatti, pretende, senza supporto testuale delle norme in questione, di interpretare il riferimento alle persone nel culi interesse è sostenuta la spesa detraibile come comprensivo anche di un richiamo alle scelte dei genitori contribuenti in ordine all’utilizzo della predetta deduzione, mentre le due fattispecie sono accomunate esclusivamente dall’identico criterio da utilizzare per individuarne il presupposto oggettivo, ovvero ia qualità di persone (nei caso di specie i figli) a carico.

Piuttosto, la legittimazione alla detrazione, sotto il profilo soggettivo de cnntrihnentP, viene riPterminAta, a prescindere dalla fruizione della deduzione di cui all’art. 12, ai sensi dell’art. 15 (ed in conformità alle citate istruzioni dell’Amministrazione per la compilazione del Modello Unico 2006) con riferimento al genitore contribuente che ha effettivamente sostenuto il relativo esborso nell’interesse del figlio a carico, con conseguente onere probatorio da assolvere tramite l’intestazione della spesa nel documento che la certifica (o, in difetto di indicazione, nella ripartizione del cinquanta per cento tra i due genitori).

Tanto premesso, nel caso di specie non è contestato nè che i figli del ricorrente si trovassero nelle condizioni di familiari a carico ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 12, richiamato (nei limiti appena illustrati) dal successivo art. 15; nè che gli oneri in questione siano stati effettivamente sostenuti, per l’importo dichiarato, dal contribuente ricorrente nell’interesse dei figli; nè, infine, che i relativi esborsi rientrassero nell’ambito oggettivo di quelli detraibili ai sensi del predetto art. 15 e siano stati detratti nei limiti percentuali disposti da tale norma.

L’unico rilievo contestato dal’Amministrazione e tuttora controverso consiste invece nella mancata indicazione, nella dichiarazione del contribuente, nell’apposito spazio della parte del quadro RP dedicata ai dati dei familiari a carico, ed accanto alla menzione dei figli, della voce “Percentuale di deduzione spettante”. Ma tale omissione, per quanto già argomentato, se vale ad escludere l’incontestata volontà del ricorrente di non avvalersi della deduzione di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 12, di per sè sola non elide tuttavia la qualità di familiari a carico dei figli e quindi non comporta la negazione della detrazione degli oneri sostenuti dal ricorrente nell’interesse di questi ultimi, ai, sensi e nei limiti dei successivo art. 15, qualora la relativa spesa rientri tra quelle di cui al secondo norma di tale disposizione.

Va quindi cassata la sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va accolto il ricorso introduttivo del contribuente.

3.Le spese dei giudizi di merito si compensano in ragione della complessità e della novità della questione, rispetto all’anno d’imposta oggetto del contendere, derivante dall’introduzione delle deduzioni per oneri di famiglia, con la modifica del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 12, ad opera della L. 30 dicembre 2004, n. 311.

4.Le spese di questo giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile ii primo motivo ed accoglie ii secondo;

cassa la sentenza e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente;

compensa le spese dei giudizi di merito e condanna la controricorrente a rifondere al ricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 23 dicembre 2019

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