Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3434 del 09/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/02/2017, (ud. 21/12/2016, dep.09/02/2017),  n. 3434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16198-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7247/14/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 24/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

IN FATTO ED IN DIRITTO

L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi a due motivi, nei confronti di B.T., per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, confermando la decisione di primo grado, ha accolto la domanda di rimborso IRPEF avanzata dal contribuente, con riferimento alle ritenute effettuate dal datore di lavoro sulle somme corrisposte nel 2002, all’atto di cessazione del rapporto di lavoro, quale incentivo all’esodo; domanda basata sul contrasto – accertato con sentenza della Corte di Giustizia Europea del 21.7.2005, in causa C-207/04 – tra la Direttiva Comunitaria 76/207 CE e la disposizione dettata dall’art. 19, comma 4 bis, TUIR.

In particolare, il Giudice di appello, pur dando atto che l’Amministrazione aveva già opposto nel 2004 diniego (non impugnato) ad una precedente istanza di rimborso presentata dal contribuente, riteneva che “il diritto oggetto del contendere era quello relativo al diritto di rimborso di una trattenuta operata dal datore di lavoro in seguito ad esodo volontario, in misura maggiore al dovuto solo perchè discriminato nell’età rispetto al medesimo caso verificatosi nei contribuenti del sesso femminile e che pertanto tale istanza fosse tempestiva e fondata in quanto il termine di decadenza decorreva dalla data di pubblicazione dell’ordinanza della Corte di Giustizia del 2008”.

Il contribuente non ha svolto attività difensiva.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituali comunicazioni.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Le censure mosse con i due motivi, da trattarsi congiuntamente siccome connesse, sono manifestamente fondate.

La questione di diritto proposta dalla presente controversia è stata risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13676/14, che ha affermato il principio che nel caso in cui un’imposta venga dichiarata incompatibile con il diritto comunitario da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, il termine di decadenza previsto dalla normativa tributaria (per le imposte sui redditi il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38) per l’esercizio del diritto al rimborso, attraverso la presentazione di apposita istanza, decorre dalla data del versamento dell’imposta e non da quella, successiva, in cui è intervenuta la pronuncia che ha sancito la contrarietà della stessa all’ordinamento comunitario, atteso che l’efficacia retroattiva di detta pronuncia – come quella che assiste la declaratoria di illegittimità costituzionale – incontra il limite dei rapporti esauriti, ipotizzabile allorchè sia maturata una causa di prescrizione odi decadenza, trattandosi di istituti posti a presidio del principio della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche.

Nè, per giustificare la decorrenza del termine decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione, piuttosto che da quella in cui venne effettuato il versamento o venne operata la ritenuta sono invocabili i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di “overruling”, dovendosi ritenere prevalente una esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a tempo indeterminato dei relativi rapporti.

Alla luce di detti principi, appare evidente l’errore in cui è incorso il Giudice di merito nel ritenere che la pubblicazione dell’ordinanza della Corte di Giustizia rimettesse in termini il contribuente senza rilevare, peraltro, che il provvedimento di diniego opposto già dal 2004 dall’Amministrazione era ormai definitivo, in mancanza di impugnazione.

Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la decisione nel merito della controversia con la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente.

La novità della soluzione del contrasto giurisprudenziale induce a compensare tra le parti le spese dei gradi di merito e a dichiarare irripetibili quelle del presente giudizio.

PQM

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.

Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e dichiara irripetibili quelle del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2017

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