Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3434 del 03/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 03/02/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 03/02/2022), n.3434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27873-2020 proposto da:

G.U., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

apposta a margine in calce al ricorso, dall’Avvocato Francesco

Granara, con cui elettivamente domicilia in Roma, al Largo Messico

n. 7, presso lo studio dell’Avvocato Prof. Federico Tedeschini.

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI GENOVA, in persona del Prefetto pro tempore, QUESTURA

DI GENOVA, in persona del Questore pro tempore.

– intimati –

avverso l’ordinanza, n. cronol. 220/2020, del GIUDICE di PACE di

GENOVA, depositata in data 30/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del giorno 11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott.

EDUARDO CAMPESE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 15 novembre 2018, il Prefetto di Genova ha espulso dal territorio nazionale G.U., nativo del Bangladesh, dopo che il Questore di quella stessa città gli aveva rifiutato il (rinnovo del) permesso di soggiorno.

1.1. L’opposizione del G. avverso questo provvedimento è stata respinta dal Giudice di Pace di Genova, con ordinanza del 28/30 luglio 2020, attesa: i) l’impossibilità, per l’adito giudice, di riesaminare le ragioni per cui il Questore aveva denegato quel permesso, essendo preclusa al primo ogni valutazione sulla legittimità del provvedimento presupposto; ii) l’insussistenza di seri motivi di carattere umanitario ostativi alla espulsione, non risultando proposta dal G. una richiesta di protezione internazionale, né avendo lo stesso documentato l’esistenza di pericoli cui sarebbe esposto ove rimpatriato.

2. Avverso detta ordinanza G.U. ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi. La Prefettura e la Questura di Genova sono rimaste solo intimate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente:

I) “Erroneità della sentenza per violazione e/ o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 4, in relazione alla violazione e/o falsa applicazione dell’artt. 380 c.p.p., commi 1 e 3, e dell’art. 609-bis c.p.”. Si assume essere erronea l’argomentazione (l’aver riportato il G. una condanna per violazione dell’art. 609-bis c.p., inflittagli dal Tribunale di Venezia con sentenza n. 1811 del 2016) posta dal TAR Liguria e dal Consiglio di Stato a fondamento del rigetto dell’impugnazione innanzi ad essi promossa dall’odierno ricorrente contro il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno adottato dal Questore di Genova. Analogo errore viene ascritto al Giudice di Pace genovese;

II) “Erroneità dell’ordinanza impugnata per difetto di motivazione e genericità della stessa”, contestandosi il provvedimento impugnato per non avere esaminato, nel merito, la fondatezza della proposta opposizione all’espulsione.

2. Le descritte doglianze, scrutinabili congiuntamente perché connesse, si rivelano complessivamente inammissibili.

2.1. In proposito, infatti, è sufficiente rimarcare che: 1) “In tema di immigrazione, il provvedimento di espulsione dello straniero è provvedimento obbligatorio a carattere vincolato, sicché il giudice ordinario dinanzi al quale esso venga impugnato è tenuto unicamente a controllare l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione, i quali consistono nella mancata richiesta, in assenza di cause di giustificazione, del permesso di soggiorno, ovvero nella sua revoca od annullamento ovvero nella mancata tempestiva richiesta di rinnovo che ne abbia comportato il diniego; al giudice investito dell’impugnazione del provvedimento di espulsione non è invece consentita alcuna valutazione sulla legittimità del provvedimento del questore che abbia rifiutato, revocato o annullato il permesso di soggiorno ovvero ne abbia negato il rinnovo, poiché tale sindacato spetta unicamente al giudice amministrativo, la cui decisione non costituisce in alcun modo un antecedente logico della decisione sul decreto di espulsione. Ne consegue, per un verso, che la pendenza del giudizio promosso dinanzi al giudice amministrativo per l’impugnazione dei predetti provvedimenti del questore non giustifica la sospensione del processo instaurato dinanzi al giudice ordinario con l’impugnazione del decreto di espulsione del prefetto, attesa la carenza di pregiudizialità giuridica necessaria tra il processo amministrativo e quello civile; e, per l’altro verso, che il giudice ordinario, dinanzi al quale sia stato impugnato il provvedimento di espulsione, non può disapplicare l’atto amministrativo presupposto emesso dal questore (rifiuto, revoca o annullamento del permesso di soggiorno o diniego di rinnovo)” (cfr., in termini, Cass., SU, n. 22217 del 2006. In senso conforme, si vedano, poi, ex multis, le successive Cass., SU, n. 22221 del 2006; Cass. n. 19447 del 2007; Cass. n. 18432 del 2010; Cass. n. 12976 del 2016; Cass. n. 15676 del 2018; Cass. n. 18788 del 2020). Di conseguenza, va ribadito che non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità tra il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di espulsione, che ha carattere obbligatorio e vincolato poiché nel suo ambito il giudice è tenuto unicamente a verificare, al momento dell’espulsione, l’assenza del permesso di soggiorno perché non richiesto (in assenza di cause di giustificazione), revocato, annullato ovvero negato, ed il giudizio di impugnazione della revoca, annullamento o diniego del detto permesso, ovvero di opposizione al mancato riconoscimento della protezione internazionale, nel cui ambito invece va compiuta la valutazione, anche ai fini dell’eventuale loro disapplicazione, sulla legittimità dei provvedimenti oggetto di impugnazione o opposizione, ovvero sulla spettanza del diritto alla protezione internazionale (cfr. Cass. n. 18788 del 2020); i:) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (sostanzialmente invocato dal G. nel secondo motivo), – nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, qui applicabile ratione temporis risultando impugnato un provvedimento decisorio pubblicato il 30 luglio 2020 – riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni Cass. n. 395 del 2021, in motivazione; Cass., SU, n. 16303 del 2018, in motivazione; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015), sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., ex aliis, Cass. n. 4477 del 2021, in motivazione; Cass. n. 395 del 2021, in motivazione, Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017).

3. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato,

dandosi atto, altresì Cass., SU, n. 4315 del 2020, rv. 657198), che,

trattandosi di procedimento esente da ogni tassa o imposta D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 8, che ha sostituito il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13-bis), non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2022

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