Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34328 del 23/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2019, (ud. 25/10/2019, dep. 23/12/2019), n.34328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 14025-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore Pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

U.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3037/2016 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

Lecce, depositata il 15/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/10/2019 dal Consigliere Dott. ANGELO NAPOLITANO.

Fatto

U.G. ha impugnato davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, censurandolo per vizi di motivazione, l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), notificatogli in seguito all’attivazione della procedura di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, per la revisione parziale degli estimi catastali degli immobili situati nel Comune di Lecce.

Nel contraddittorio con l’Ufficio, la Commissione di primo grado ha accolto il ricorso del contribuente

Su appello dell’Ufficio, la Commissione tributaria regionale della Puglia – sezione distaccata di Lecce, ha confermato la sentenza di primo grado.

Contro la sentenza del 5 dicembre 2016, n. 3037/22/2016, della CTR della Puglia -sezione distaccata di Lecce, l’Agenzia delle Entrate – Territorio ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il contribuente non ha svolto attività difensiva.

Nella camera di consiglio del 25 ottobre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

1.Con il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39”, l’Avvocatura erariale deduce che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39 reca le ipotesi di sospensione del processo tributario.

In particolare, esso prevede in via generale la sospensione necessaria per pregiudizialità nei rapporti tra giudizi instaurati innanzi alle Commissioni tributarie, senza escludere l’applicazione dell’art. 295 c.p.c., richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1.

Orbene, dal momento che presso il Consiglio di Stato è ancora pendente il giudizio, iniziato da un altro contribuente e da alcune associazioni di categoria per la difesa dei diritti dei consumatori, avverso gli atti generali presupposti rispetto all’avviso di accertamento notificato alla odierna intimata (atti generali presupposti individuabili nelle delibere della giunta comunale di Lecce avente ad oggetto “richiesta di revisione di classamento delle unità immobiliari ricadenti nelle microzone 1 e 2 del Comune di Lecce ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, nonchè gli atti di suddivisione del territorio del Comune di Lecce in microzone catastali, ai sensi del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 2”), l’Avvocatura erariale censura la sentenza impugnata per non aver sospeso il giudizio in attesa dell’esito del giudizio amministrativo.

1.1 Il motivo è infondato.

Occorre, infatti, rilevare che nel caso che ci occupa non solo i plessi giurisdizionali presso i quali pendono rispettivamente il giudizio asseritamente pregiudiziale e quello dipendente sono diversi, ma anche le parti dei citati giudizi sono diverse, e sono diversi anche gli atti impugnati dinanzi al giudice amministrativo rispetto a quello impugnato dinanzi al giudice tributario.

Non sussiste, dunque, pregiudizialità in senso tecnico-giuridico, in quanto in sede giurisdizionale tributaria l’avviso di accertamento è stato impugnato per motivi diversi rispetto all’invalidità che ad esso possa derivare dall’accertamento dell’illegittimità degli atti generali impugnati in sede giurisdizionale amministrativa: sicchè, la circostanza che l’esito del giudizio amministrativo possa avere influenza anche sull’avviso di accertamento impugnato in prime cure dall’odierno intimato non basta per ravvisare tra i due giudizi un rapporto di pregiudizialità in senso tecnico e, dunque, la necessità di sospensione del giudizio tributario rispetto a quello amministrativo.

D’altronde, la giurisprudenza di questa Corte è molto rigorosa nel ravvisare i presupposti di una sospensione necessaria di un giudizio per l’esistenza di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra cause (cfr. SS.UU., n. 10027/2012, Rv. 6230420L Cass., sez. 6-3, n. 21505/2013 Rv. 62809601).

2. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 in combinato disposto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, l’Avvocatura erariale denuncia che la CTR non avrebbe compreso che la disposizione di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, contiene una norma a carattere speciale che, attraverso un procedura -massiva- di revisione parziale dei classamenti delle unità immobiliari urbane, tende a rendere uniformi gli effetti del mancato aggiornamento delle rendite catastali, attenuando le sperequazioni fiscali tra zone dello stesso Comune. Non si tratterebbe, pertanto, di una revisione puntuale del classamento, ma di un aumento delle rendite catastali in microzone anomale, necessario per attenuare gli effetti del mancato aggiornamento delle rendite catastali.

La perequazione avuta di mira dell’indicata disposizione, dunque, opererebbe solo tra le diverse microzone, e non con riferimento ai singoli immobili.

A sostegno della sua tesi, l’Avvocatura erariale cita l’arresto di questa Corte n. 21176/2016.

2.1 Il motivo è infondato.

Questa Corte, seguendo un orientamento interpretativo che ormai può dirsi consolidato, con riferimento allo standard motivazionale degli atti di riclassamento di immobili già censiti in catasto, adottati ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, ha chiarito che “qualora il nuovo classamento sia stato adottato nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, il provvedimento di riclassamento, atteso il carattere diffuso dell’operazione, deve essere adeguatamente motivato in merito agli elementi che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare, in modo che il contribuente sia posto in condizione di conoscere le ragioni che ne giustificano l’emanazione” (Cass., sez. VI-5, n. 9770/2019, Rv. 653679-01).

L’adeguatezza della motivazione, dunque, non può prescindere dall’indicazione degli elementi che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare.

Già in precedenza, nell’ambito di un contenzioso analogo avente ad oggetto un atto di riclassamento catastale fondato sulla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, adottato con riferimento ad un immobile sito nel Comune di Lecce, Cass., sez. VI-5, n. 28076/2018, Rv. 651833-01, aveva affermato che esso deve essere motivato ponendo il contribuente in condizione di conoscere le ragioni che hanno giustificato il provvedimento di variazione del classamento. In particolare, nell’arresto da ultimo richiamato, si era posta particolare enfasi sulla circostanza che, negli avvisi di classamento impugnati, mancasse l’esposizione delle ragioni per le quali i fattori estrinseci considerati avessero determinato il superamento della soglia (originariamente fissata nel 35%, poi portata al 43%) di “significatività” dello scostamento tra il valore medio catastale e il valore medio di mercato attribuiti agli immobili oggetto del riclassamento, rispetto al rapporto tra gli stessi valori riscontrabile nell’insieme delle microzone in cui era suddiviso il territorio comunale.

Ne consegue che il provvedimento di riclassamento adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, deve non solo indicare, in modo non tautologico e senza formule stereotipate, i fattori estrinseci idonei ad incidere, modificandoli. sui parametri del classamento, ma deve anche spiegare le ragioni per le quali quei fattori abbiano concretamente inciso su quei parametri, a tal punto da determinare il riclassamento (in senso conforme, cfr. anche Cass. V1-5, n. 16378/2018, Rv. 649373-01).

Precedentemente, e ancora nell’ambito di un contenzioso instaurato dinanzi al giudice amministrativo, avente ad oggetto l’impugnazione di atti amministrativi presupposti rispetto al consequenziale avviso di accertamento per revisione del classamento e della rendita di un immobile sito nel Comune di Lecce, le Sezioni Unite di questa Corte, sebbene nell’ambito di una pronuncia tesa a risolvere una questione di giurisdizione devoluta attraverso il ricorso avverso una sentenza del Consiglio di Stato, hanno affermato che “quando si procede all’attribuzione d’ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia competente deve specificare se il mutamento è dovuto a una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano (ex multis, Cass., sez. trib., n. 9629 del 2012), trattandosi di uno dei possibili presupposti del riclassamento (ex multis, Cass., sez. trib., n. 11370 del 2012). In particolare quando si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339 ed elaborate con la Det. Diret. 16 febbraio 2005 (G. U. n. 40 del 18 febbraio 2005) cui sono allegate linee guida definite con il concorso delle autonomie locali” (SS.UU. n. 7665/2016). Ne consegue che nell’ambito della motivazione dell’atto di riclassamento, adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, l’Ufficio deve innanzitutto indicare quali siano le circostanze concrete e verificabili che abbiano determinato il diverso ed accresciuto valore medio di mercato dell’immobile oggetto dell’atto di variazione catastale, sito in una determinata microzona; quantificare tale valore; calcolarne lo scostamento percentuale rispetto al valore medio catastale attuale, onde verificarne la “significatività” (la cui soglia è fissata ordinariamente al 35%) rispetto allo scostamento percentuale tra il valore medio catastale e il valore medio di mercato degli immobili posti nelle altre microzone.

Dal canto suo, Cass., sez. VI-5, n. 3156/2015, Rv. 634632-01, ha affermato, con riferimento alla fattispecie sottoposta al suo giudizio, che, ai fini del soddisfacimento di un sufficiente standard motivazionale da parte dell’atto di riclassamento adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, non può ritenersi sufficiente il riferimento a non meglio precisati “interventi pubblici effettuati per la riqualificazione della viabilità interna e dell’arredo urbano”, nonchè ad “interventi da parte dei privati per la ristrutturazione degli edifici”, espressioni generiche che non sono idonee a far conoscere al contribuente le concrete ragioni a base della variazione per microzone della rendita catastale.

Ancora, per soddisfare l’esigenza di offrire al contribuente una motivazione congrua dell’atto di riclassamento, che lo metta in condizione di comprenderne pienamente le ragioni e di tutelarsi al meglio in sede giurisdizionale, Cass., sez. 5, n. 697/2015, Rv. 634179-01, ha confermato il giudizio di nullità di un atto di riclassamento che, pur premettendo che la variazione era stata operata sulla base della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, non conteneva l’aggiornamento del valore medio di mercato della microzona in cui ricadeva l’immobile con le modalità di cui al successivo comma 339, al fine dell’attribuzione della maggiore rendita, ma si era limitato a modificarne la categoria catastale da A2 ad A1, in forza della L. n. 662 del 1996, senza alcuna indicazione delle caratteristiche dell’immobile diverse rispetto a quelle originariamente considerate (in senso conforme, Cass., VI-5, n. 10489/2013, Rv. 626646-01).

3. Orbene, la sentenza impugnata si è conformata all’orientamento consolidato seguito da questa Corte in tema di standard motivazionale dell’atto di revisione del classamento immobiliare.

La CTR, infatti, nel sindacare lo standard motivazionale dell’atto di riclassamento impugnato in prime cure, ha ritenuto insufficiente l’indicazione di un maggiore valore medio di mercato con riferimento all’immobile della contribuente senza dar conto di quali criteri, e di quale procedimento applicativo, l’amministrazione finanziaria avesse utilizzato per pervenire alla stima.

E’ appena il caso, infine, di rilevare che, a censura della decisione assunta dalla Corte territoriale impugnata in questa sede, non vale il riferimento all’arresto di questa Suprema Corte, sez. 5, n. 21176/2016 (non massimata), il quale, seguendo un orientamento meno rigoroso, poi superato, come visto, dalla successiva giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto adeguata la motivazione dell’atto di riclassamento che avesse esplicitato i presupposti normativi dell’accertamento, conseguente alla verifica per microzone, indicando la previsione di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, e gli atti amministrativi presupposti alla revisione catastale.

4. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.

5. Non avendo il contribuente svolto attività difensiva, non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2019

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