Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34325 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/11/2021, (ud. 29/09/2021, dep. 15/11/2021), n.34325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4915-2020 proposto da:

J.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCO BERETTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2962/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 22/10/2019 R.G.N. 1384/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 22 ottobre 2019, la Corte d’appello di Bologna rigettava l’appello di J.L., cittadino (OMISSIS), avverso l’ordinanza di primo grado, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. come già la Commissione territoriale e il Tribunale, essa escludeva che la vicenda del richiedente (fuggito nel 2015 dal villaggio del (OMISSIS), dove viveva con il padre e le sue due mogli, per le liti e le percosse inflittegli dal fratellastro più grande, che lo costringeva a lavori pesanti in casa ed arrivato in Italia dopo tre mesi, attraverso Senegal, Mali, Niger, Burkina Fasu e Libia, dove era rimasto a lavorare due mesi, per poi essere arrestato e incarcerato due volte), integrasse i requisiti di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria;

3. la Corte territoriale parimenti negava la sua condizione di vulnerabilità, nell’insufficienza del parametro di integrazione sociale e lavorativa, ai fini della protezione umanitaria;

4. con atto notificato il 30 gennaio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con unico motivo; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorrente deduce violazione o falsa del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3 ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale apoditticamente escluso la propria condizione di vulnerabilità, pure alla luce della rappresentata situazione di estrema povertà familiare e del (OMISSIS), con richiamo di precedenti di giudici di merito al riguardo, di una realtà domestica di sopraffazioni e violenze psicologiche intollerabili, di trattamenti lesivi della dignità umana durante il periodo in Libia (unico motivo);

2. esso è inammissibile;

3. il motivo è infatti generico, in quanto meramente contrappositivo, in difetto di prova di significativi elementi di vulnerabilità, dell’argomentata valutazione della Corte d’appello (al terzo capoverso di pg. 4 della sentenza), all’esito di una verifica della vita privata del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale vissuta prima della partenza dal suo Paese ed alla quale si troverebbe esposto in ipotesi di rimpatrio (Cass. 15 maggio 2019, n. 13079; Cass. 6 maggio 2020, n. 8571): nell’irrilevanza di una generale condizione di povertà in (OMISSIS), salvo il raggiungimento, indimostrato, di una soglia estrema che non consenta di disporre, se non con grande difficoltà o intermittenza, delle primarie risorse per il sostentamento umano come acqua, cibo, vestiario e abitazione (Cass. 25 settembre 2020, n. 20334; Cass. 8 giugno 2021, n. 15961);

3.1. inoltre, la vicenda ha natura privata, riguardando liti familiari e rimanendo così estranea al sistema della protezione internazionale (Cass. 1 aprile 2019, n. 9043; Cass. 23 ottobre 2020, n. 23281);

3.2. neppure, infine, sono state allegate, se non in via assolutamente generica, violenze subite in Libia, Paese di transito e di temporaneo soggiorno, che siano potenzialmente idonee ad incidere sulla condizione di vulnerabilità della persona, quali eventi in grado di ingenerare un forte grado di traumaticità (Cass. 15 maggio 2019, n. 13096; Cass. 2 luglio 2020, n. 13565; Cass. 11 febbraio 2021);

4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto difese e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

 

 

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