Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34323 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/11/2021, (ud. 29/09/2021, dep. 15/11/2021), n.34323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4888-2020 proposto da:

N.F., domiciliato in ROMA, Piazza Cavour presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MAURIZIO SOTTILE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA – SEZIONE

DI CESENA – FORLI’, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI

12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 3336/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 26/11/2019 R.G.N. 1266/2018′ udita la relazione della

causa svolta nella camera di consiglio del 29/09/2021 dal

Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 26 novembre 2019, la Corte d’appello di Bologna rigettava il gravame di N.F., cittadino (OMISSIS), avverso la sentenza di primo grado, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. essa condivideva la valutazione del Tribunale (e prima ancora della Commissione Territoriale) di inesistenza dei presupposti per la concessione al richiedente (costretto a lasciare la zona del (OMISSIS), a sud della (OMISSIS), per l’insufficiente guadagno tratto dalle proprie attività lavorative al mantenimento familiare, in particolare della madre malata) delle misure di protezione maggiore; neppure ricorrendo nella sua zona di provenienza una condizione di violenza indiscriminata rilevante ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c); né essendo documentata una condizione di vulnerabilità (nemmeno in riferimento alle condizioni di infezione tubercolare latente, in base a certificati medici risalenti) giustificante un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie;

3. con atto notificato il 23 gennaio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con due motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3, 4,5,6,8,10,13,27, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 CEDU, 16 Direttiva UE 2013/32, difetto di motivazione, travisamento di fatti e omesso esame dei fatti decisivi, per l’ingiustificata distinzione, ai fini della protezione sussidiaria, tra migrazione politica ed economica, in riferimento all’estrema povertà della (OMISSIS) e per l’omesso esame del fatto decisivo del danno grave comportato dalla situazione di violenza indiscriminata nella regione del (OMISSIS) per la cd. “battaglia del petrolio”, anche alla luce del quadro generale del Paese risultante dal rapporto di Amnesty International 2017/18, con riscontro anche in richiamati provvedimenti di giudici di merito (primo motivo);

2. esso è inammissibile;

3. la formulazione non e’, infatti, rispettosa del principio di tassatività né di specificità prescritto dall’art. 360 c.p.c., comma 1 (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 14 maggio 2018, n. 11603; Cass. 15 luglio 2021, n. 20268), per la confusa commistione della condizione di povertà del richiedente, non integrante la soglia estrema individuata dalla giurisprudenza di questa Corte, tra l’altro in funzione di una situazione di vulnerabilità che giustifichi il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (soltanto in caso di accertamento in concreto di una povertà estrema e purché compiuto sulla base di fonti attendibili ed aggiornate: Cass. 25 settembre 2020, n. 20334; Cass. 8 giugno 2021, n. 15961) con quella del requisito di violenza indiscriminata comportata da conflitto armato, rilevante ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), neppure risultante dalle fonti citate, con illustrazione generale di profili non pertinenti (da pg.11 a pg. 25 del ricorso) e con richiamo inconferente di provvedimenti di giudici di merito (da pg. 26 a pg. 30 del ricorso), di mera contrapposizione argomentativa alla valutazione della Corte territoriale, che ha motivatamente escluso la ricorrenza di un tale presupposto;

4. il ricorrente deduce poi violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19 ed omesso esame di fatti decisivi, per avere la Corte territoriale negato la ricorrenza dei requisiti di concessione della protezione umanitaria, ravvisandone l’assenza dei presupposti, per una valutazione inadeguata del percorso di integrazione lavorativa e sociale in base a vari contratti a tempo determinato, risultando evidente la propria vulnerabilità nella comparazione tra l’attuale situazione politico – sociale e di povertà (anche in specifico riferimento alla propria famiglia) in (OMISSIS) e la condizione goduta in Italia (secondo motivo);

5. anch’esso è inammissibile;

6. il motivo è generico, in violazione della prescrizione di specificità dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige un’illustrazione, che esponga gli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, ne giustifichino la cassazione (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 26 settembre 2016, n. 18860; Cass. 9 ottobre 2019, n. 25354; Cass. 18 novembre 2020, n. 26726): esso omette infatti di confutare le puntuali argomentazioni della Corte felsinea di esclusione della protezione umanitaria in difetto di condizione di vulnerabilità, per inesistenza di una grave violazione dei diritti umani cui il richiedente sarebbe esposto in caso di rimpatrio nel Paese di provenienza, né di uno stato di salute rilevante a tale fine (al secondo e terzo capoverso di pg. 6 della sentenza), con evidente assorbimento di ogni rilievo della prospettata integrazione lavorativo – sociale, anche alla luce del ribadito paradigma del modello di comparazione c.d. attenuata (Cass. s.u. 9 settembre 2021, n. 24413);

7. in ogni caso, la ritenuta riconduzione della migrazione del richiedente “a ragioni di carattere essenzialmente economico” (così al terzo capoverso di pg. 5 della sentenza) rende sostanzialmente irrilevanti l’assenza di data delle fonti ufficiali citate dalla Corte d’appello di Bologna (agli ultimi tre capoversi di pg. 5 della sentenza) e così le sue condizioni di salute, peraltro debitamente valutate (al terzo capoverso di pg. 6 della sentenza), senza alcuna confutazione dal richiedente medesimo, come appunto illustrato;

8. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto difese e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

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