Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34321 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/11/2021, (ud. 29/09/2021, dep. 15/11/2021), n.34321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4767-2020 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPE EUGENIO,

15, presso lo studio dell’avvocato MARCO MICHELE PICCIANI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BRESCIA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1223/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 26/07/2019 R.G.N. 361/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 26 luglio 2019, la Corte d’appello di Brescia rigettava il gravame di R.M., cittadino (OMISSIS), avverso la sentenza di primo grado, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. essa condivideva la valutazione del Tribunale (e prima ancora della Commissione Territoriale) di scarsa credibilità (per inverosimiglianza ed assenza di alcun riscontro) del racconto del richiedente, di religione (OMISSIS), che aveva riferito di essere fuggito dal (OMISSIS), subito dopo che la ragazza, con la quale dal 2013 aveva intrattenuto una relazione sentimentale poi scoperta nel 2014, si era impiccata (non riuscendo a ribellarsi alla contrarietà del padre, uomo potente dell'(OMISSIS), di religione (OMISSIS) che intendeva maritarla ad altro uomo della stessa religione e più abbiente), per paura del predetto, che aveva corrotto le autorità e si era recato presso la sua abitazione per prelevarlo e, non rinvenendolo, denunciato dell’omicidio della figlia. E così si era recato in Libia, arrivando quindi in Italia nel giugno 2015;

3. in ogni caso, la Corte bresciana riteneva la vicenda di carattere privato, in mancanza di elementi a sostegno di una persecuzione statale o tollerata dalle autorità, escludendo pure i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, non risultando “dagli ultimi rapporti sia di Amnesty International sia dell’Unchr”, una situazione in (OMISSIS) di violenza indiscriminata né di conflitto armato, né della protezione umanitaria, in difetto di una specifica vulnerabilità soggettiva, né di un adeguato grado di integrazione sociale, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6;

4. con atto notificato il 14 gennaio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con due motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, art. 1 Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3,7,14 – 17, per la mancata osservanza dalla Corte territoriale del paradigma legale nella valutazione di credibilità, in assenza di alcun esame della situazione socio politica del Paese, con particolare riguardo alla mancanza di indipendenza e di effettiva tutela dei cittadini da parte della magistratura, sensibilmente influenzata da pressioni politiche o di potenti ed affetta da corruzione e parzialità di giudizio, fragilità di risorse e di competenze istituzionali (come risultante dal rapporto Easo sul (OMISSIS) del 2017) (primo motivo);

2. esso è fondato;

3. la valutazione di credibilità del richiedente deve essere sempre frutto di una valutazione complessiva di tutti gli elementi e non può essere motivata soltanto con riferimento ad elementi isolati e secondari o addirittura insussistenti, quando invece venga trascurato un profilo decisivo e centrale del racconto (Cass. 8 giugno 2020, n. 10908); prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, il giudice deve allora osservare l’obbligo di compiere le valutazioni di coerenza e plausibilità delle dichiarazioni del richiedente, non già in base alla propria opinione, ma secondo la procedimentalizzazione legale della decisione sulla base dei criteri indicati dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5 (Cass. 11 marzo 2020, n. 6897; Cass. 6 luglio 2020, n. 13944; Cass. 9 luglio 2020, n. 14674): sicché, esso è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 19 giugno 2020, n. 11925);

3.1. nell’ambito di una tale valutazione procedimentalizzata è centrale l’esame delle dichiarazioni rese dal richiedente (in particolare: D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. b), riscontrate da “tutti i fatti pertinenti che riguardano il Paese d’origine al momento della domanda” (art. 3, comma 3, lett. a D.Lgs. cit.): nel caso di specie, esso è totalmente mancato, avendo la Corte d’appello fatto solo un rapido cenno alla situazione del (OMISSIS) a particolare riguardo della protezione sussidiaria, con un vago riferimento a fonti neppure specificamente indicate (“ultimi rapporti sia di Amnesty International sia dell’Unchr”: così al secondo capoverso di pg. 7 della sentenza);

3.2. essa ha pertanto contravvenuto al proprio obbligo di acquisizione officiosa delle necessarie informazioni relative al Paese d’origine del richiedente asilo che risultino complete, affidabili e aggiornate al momento della decisione (Cass. 12 novembre 2018, n. 28990; Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 20 maggio 2020, n. 9230), con la specificazione del loro contenuto, senza ricorrere a formule stereotipate avulse dalla situazione concretamente accertata (Cass. 10 febbraio 2021, n. 3320; Cass. 30 ottobre 2020, n. 24016); il ricorrente ha invece indicato pertinenti fonti ufficiali (a pgg. da 5 a 12 del ricorso), a corredo di una censura idonea a dimostrare la violazione del dovere di cooperazione istruttoria per l’omessa indicazione delle fonti informative dalle quali il giudice abbia tratto il suo convincimento (Cass. 20 ottobre 2020, n. 22769; Cass. 20 gennaio 2021, n. 926);

4. nemmeno la Corte territoriale ha ad esso adempiuto, nonostante la rappresentazione dal richiedente di una corruzione in proprio danno delle autorità pubbliche da parte del padre della ragazza suicidatasi (dal quattordicesimo al sedicesimo alinea di pg. 4 della sentenza), riscontrata da un’affezione del sistema giudiziario (OMISSIS) da corruzione e parzialità di giudizio, fragilità di risorse e di competenze istituzionali (secondo le risultanze del rapporto Easo sul (OMISSIS) del 2017, al suo punto 4.3., a pg. 8 del ricorso): ben potendo la vicenda, pure ascrivibile alla sfera privata, rientrare nelle protezioni maggiori, posto che i c.d. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave qualora lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi (Cass. 1 aprile 2019, n. 9043; Cass. 23 ottobre 2020, n. 23281);

5. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, per la mancata considerazione, a fini della misura umanitaria richiesta, dell’effettiva situazione del Paese di provenienza (secondo motivo);

6. esso è assorbito;

7. pertanto il ricorso deve essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

 

 

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