Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3430 del 12/02/2020
Cassazione civile sez. trib., 12/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 12/02/2020), n.3430
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –
Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13745/2014 R.G. proposto da:
MIBA Costruzioni S.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, Via Romeo
Rodrigues Pereira n. 41, presso lo Studio dell’Avv. De Benedittis
Italo, rappresentata e difesa dall’Avv. Fiorentino Pasquale, giusta
delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Puglia sez. staccata di Foggia n. 249/25/13, depositata il 12
novembre 2013.
Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 12 dicembre
2019 dal Cons. Bruschetta Ernestino Luigi
Fatto
RILEVATO E CONSIDERATO
1. che in riforma della prima decisione, con la quale la Provinciale aveva integralmente accolto il ricorso di MIBA Costruzioni S.r.l., la Regionale della Puglia riduceva del 50% l’imponibile originariamente accertato dall’Agenzia sulla base di studio di settore ai fini IRES IRAP IVA 2006;
2. che la Regionale, dopo aver dato conto del carattere di presunzione semplice dei risultati discendenti dall’applicazione dello studio di settore, riteneva che l’accertamento fosse stato dall’ufficio corroborato “anche da altre circostanze”, mentre le deduzioni con le quali la contribuente aveva cercato di spiegare lo scostamento, giustificavano soltanto una riduzione del 50% dei “maggiori utili accertati”;
3. che la contribuente ricorreva per due motivi, mentre l’ufficio resisteva con controricorso;
4. che il primo motivo veniva formulato in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4 c.p.c., per violazione degli artt. 2696 e 2698 c.c., degli artt. 99,113,155 e 116 c.p.c. e del D.L. 30 agosto 1993 n. 331, art. 62-sexies conv. con modif. in L. 29 ottobre 1993 n. 427; mentre il secondo veniva formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione;
5. che entrambi i motivi venivano unitariamente illustrati, senza in alcun modo distinguere le composite censure di violazione di legge, senza accennare in alcun modo al dedotto vizio motivazionale, trascrivendo senza apparente ragione la sentenza della Provinciale, soltanto astrattamente argomentando sulla natura semplicemente presuntiva degli studi di settore, non da soli sufficienti a provare l’evasione, anche ricordando le “notevoli difficoltà finanziarie” incontrate dalla contribuente, difficoltà fatte sommariamente derivare dalla “crisi economica incombente”;
6. che le riassunte censure non permettono alla Corte, particolarmente in ragione della loro assoluta mancanza di specificità, di comprendere quali siano state le critiche concretamente mosse all’impugnata sentenza, con la conseguente inammissibilità del ricorso (Cass. sez. II n. 6587 del 2017);
7. che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, queste liquidate in Euro 3.000,00, a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 dicembre 2019
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020