Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3430 del 09/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.09/02/2017),  n. 3430

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2318-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (CF (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

e contro

P.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1140/10/2015 del 25/03/2015 della Commissione

Tributaria Regionale di Firenze, Sezione Distaccata di LIVORNO,

depositata il 18/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON;

disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 25 marzo 2015 la Commissione tributaria regionale della Toscana, sezione distaccata di Livorno, respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 291/1/14 della Commissione tributaria provinciale di Livorno che aveva accolto il ricorso di P.G. contro l’avviso di accertamento IRPEF ed altro 2008. La CTR osservava in particolare che il P. aveva adeguatamente controprovato relativamente alla presunzione di maggior reddito per l’annualità fiscale de qua basata sugli indici di spesa D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, (c.d. redditometro).

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.

L’intimato non si è costituito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico mezzo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, art. 2697 cod. civ. sotto diversi profili di specifico contrasto con gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in tema di “redditometro”.

La censura è fondata,

Va anzitutto ribadito che “In tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicchè è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. (In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito, che aveva accolto il ricorso del contribuente soltanto in ragione della mera discordanza tra alcuni elementi posti a base dell’accertamento” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16912 del 10/08/2016, Rv. 640968); che “In tema di accertamento dei redditi con metodo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38 la disponibilità di un alloggio e di un autoveicolo integra, ai sensi del D.P.R. citato, art. 2 nella versione “ratione temporis” vigente, una presunzione di capacità contributiva “legale” ai sensi dell’art. 2728 c.c., imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicchè il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perchè già sottoposta ad imposta o perchè esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17487 del 01/09/2016, Rv. 640989); infine che “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 6, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta” (Sez. 5, Sentenza n. 25104 del 26/11/2014, Rv. 633514).

La sentenza impugnata contrasta con tali principi, sia laddove afferma che la presunzione de qua ha natura giuridica di “presunzione semplice” e non “legale” sia laddove rileva l’assolvimento dell’onere controprobatorio gravante sul contribuente in assenza di prove documentali sulla concreta ed effettiva destinazione delle fonti reddituali esenti/già tassate alle spese costituenti il fondamento fattuale dell’atto impositivo impugnato.

Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2017

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