Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 343 del 10/01/2018

Cassazione civile, sez. lav., 10/01/2018, (ud. 27/09/2017, dep.10/01/2018),  n. 343

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte di appello di Palermo, con sentenza n. 1946/11, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato il diritto di L.M.L. ad essere immessa nel ruolo scolastico per l’insegnamento della religione cattolica nella scuola dell’infanzia e primaria ai sensi del D.M. n. 61 del 2007 e del DECRETO n. 19058 dell’Ufficio VI per la Sicilia emesso il 30.7.2007 e, per l’effetto, ha condannato il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca a risarcire alla medesima L. il danno subito in conseguenza del diniego di ammissione in ruolo, mediante corresponsione di una somma pari alle retribuzioni maturate ai sensi del predetto D.M. n. 61/2007 e del Decreto n. 19058 del 30.7.2007.

2. La Corte territoriale ha svolto, in sintesi, le considerazioni che seguono:

– con Decreto n. 19058 del 2007, il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia aveva assegnato alla (OMISSIS) ventuno docenti di religione per la scuola dell’infanzia e primaria, ma ne aveva poi assunti solo undici, essendo mancata l'”intesa” con il Vescovo di (OMISSIS) in ordine al fabbisogno della Diocesi;

– la ricorrente, collocata in posizione utile nella graduatoria, sarebbe stata assunta ove fossero stati coperti tutti i ventuno posti individuati dall’autorità scolastica;

– non poteva essere accolta la tesi secondo cui tra i poteri riconosciuti all’Ordinario diocesano rientrava anche la facoltà decisionale circa le dotazioni organiche;

– il principio regolatore della materia è la L. 25 marzo 1985, n. 121, art. 9, comma 2, secondo cui la nomina degli insegnanti di religione deve essere disposta dall’autorità scolastica d’intesa con quell’ecclesiastica; ciò comporta che è demandata all’autorità ecclesiastica la facoltà di valutare in piena autonomia l’idoneità degli insegnanti ai loro compiti di docenti, ma non anche di interferire sulle dotazioni organiche, compito devoluto esclusivamente al dirigente dell’ufficio scolastico regionale;

– in particolare, opera nella fattispecie la previsione di cui alla L. 18 luglio 2003, n. 186, art. 2, secondo cui le dotazioni organiche per l’insegnamento della religione cattolica nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare sono stabilite dal dirigente dell’ufficio scolastico regionale, nell’ambito dell’organico complessivo di ciascuna regione, nella misura del 7 per cento dei posti funzionanti nel territorio di pertinenza di ciascuna diocesi, tenuto conto dell’art. 1, comma 3, della stessa legge, che appunto prevede che l’insegnamento della religione cattolica può essere affidato ai docenti riconosciuti idonei dalla competente autorità ecclesiastica;

va quindi riconosciuta la competenza dell’Ordinario diocesano nella valutazione dell’idoneità all’insegnamento e nella revoca, con i connessi effetti di tale potere scaturenti sul rapporto lavorativo, senza che ciò possa giustificare un’interferenza circa l’adeguatezza del fabbisogno;

– l’Amministrazione si era dunque resa inadempiente per non avere stipulato il contratto di lavoro con la ricorrente, che ne aveva diritto.

3. Avverso tale sentenza il MIUR ha proposto ricorso affidato ad un motivo, al quale ha opposto difese la sig.ra L. con controricorso. L’Ordinario (OMISSIS) ha proposto “controricorso incidentale adesivo”, affidato a due motivi.

4. La controricorrente L. ha depositato memoria nei termini di cui all’art. 380 – bis c.p.c., comma 1, come introdotto dal D.L. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla L. n. 197 del 2016.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con unico motivo di ricorso il MIUR, denunciando violazione e falsa applicazione del L. n. 121 del 1985, art. 1, dell’art. 9 dell’Accordo di revisione del Concordato e della L. n. 186, il 18 luglio 2003, art. 3, comma 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, addebita alla sentenza di avere erroneamente circoscritto il concetto di “intesa” in senso tale da escludere che esso possa riferirsi alla provvista degli insegnanti occorrenti nel territorio della diocesi, trascurando di considerare che anche il numero dei docenti può, secondo la valutazione canonica, avere un effetto, per eccesso o per difetto, nel modo di esercizio del magistero. 1.1. L’Ordinario (OMISSIS) denuncia, con il primo motivo, violazione e falsa applicazione della L. n. 121 del 1985, art. 1, dell’art. 9 dell’Accordo di revisione del Concordato e della L. 18 luglio 2003, n. 186, art. 3, per avere la Corte di appello erroneamente escluso che tale disciplina abbia riconosciuto all’Ordinario diocesano un’ampia discrezionalità, non limitata alla sola fase della scelta o della revoca dei docenti. Con il secondo motivo, denuncia violazione e falsa applicazione della L. 18 luglio 2003, n. 186, art. 2, commi 1, 2 e 3, e art. 3, comma 7, in quanto la sentenza non ha rispettato i precisi vincoli tra i rapporti numerici previsti dalla normativa di riferimento; infatti, l’Ordinario diocesano aveva prospettato il superamento, da parte dell’Ufficio scolastico regionale, della percentuale del 70 per cento dei posti disponibili nella (OMISSIS) e la lesione della quota del 30 per cento di posti da attribuire ai docenti a tempo determinato.

2. Osserva preliminarmente la Corte che, seppure denominato controricorso, quest’ultimo atto deve essere qualificato come ricorso incidentale di tipo adesivo (cfr. Cass. n. 26505 del 2009, n. 7564 del 2006), poichè l’Ordinario diocesano non si è limitato ad aderire alla richiesta del ricorrente principale (primo motivo), ma ha formulato una propria domanda di annullamento della decisione sfavorevole articolando la richiesta di cassazione della sentenza di appello per ragioni anche diverse (secondo motivo di gravame) da quelle fatte valere dal ricorrente in via principale.

2.1. Sempre in via preliminare deve ritenersi infondata l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dalla controricorrente L., che assume di avere ricevuto la notifica dell’impugnazione a mezzo posta solo in data 8.4.2012, oltre il termine di cui all’art. 325 c.p.c., decorrente dalla notifica della sentenza, effettuata all’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo in data 30.1.2012. In tema di notificazione a mezzo del servizio postale, a seguito della pronunzia n. 477 del 2002 della Corte Costituzionale, la notificazione deve infatti ritenersi tempestiva per il notificante al solo compimento delle formalità direttamente impostegli dalla legge, ossia con la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, mentre per il destinatario resta fermo il principio del perfezionamento della notificazione alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento del plico postale che lo contiene. Tale principio ha carattere generale, e trova pertanto applicazione anche nell’ipotesi in cui la notifica a mezzo posta venga eseguita, anzichè dall’ufficiale giudiziario, dal difensore della parte, essendo al riguardo irrilevante, nei limiti di tale normativa, il dato soggettivo dell’autore della notificazione, con l’unica differenza che alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario va sostituita la data di spedizione del piego raccomandato (ex plurimis, Cass. n. 24242 del 2013, n. 17748 del 2009 e n. 6402 del 2004). Nel caso in esame, il ricorso del MIUR è stato notificato alla controparte presso il domicilio eletto mediante consegna all’ufficio postale in data 30 marzo 2012, coincidente con l’ultimo giorno utile per l’impugnazione e dunque nei termini di legge.

3. Tanto premesso, è infondato il ricorso proposto dal MIUR, rispetto al quale è da ritenere meramente adesivo il primo motivo del controricorso dell’Ordinario diocesano, limitato a sostenere l’erroneità dell’interpretazione della disciplina legale circa il concetto di “intesa”.

4. Occorre premettere che, per tutto quanto attiene all’interpretazione della disciplina legale in merito ai poteri riconosciuti all’Ordinario diocesano circa l’apprezzamento della “idoneità” dei docenti all’insegnamento della religione cattolica, occorre rinviare alla ricostruzione sistematica che questa Corte ha svolto con la sentenza n. 2243 del 2005. Con tale sentenza è stato, tra l’altro, affermato il principio secondo cui sono di esclusiva competenza dell’ordinario diocesano, non solo il riconoscimento dell’idoneità all’insegnamento (presupposto condizionante l’instaurazione del suddetto rapporto con il Ministero dell’ Istruzione) ed il potere di una sua revoca, ma anche la scelta delle concrete modalità dell’espletamento dell’attività didattica che, senza incidere sull’organizzazione della scuola pubblica, risultino volte alla migliore funzionalità dell’insegnamento stesso.

4.1. Nell’ambito del procedimento volto alla ricerca di una comune intesa, l’autorità ecclesiastica conserva, pur dopo l’avvenuto iniziale riconoscimento dell’idoneità, poteri autonomi di valutazione, in sede di conferimento dell’incarico annuale, sulle specifiche modalità attraverso le quali l’insegnamento della religione cattolica è destinato a spiegarsi; nella ripartizione di competenze, “…non può che attribuirsi – pur in un contesto volto ad evitare qualsiasi riflesso negativo sull’organizzazione didattica della scuola pubblica e sul perseguimento delle sue finalità – all’ordinario diocesano autonomia di poteri, non limitati al riconoscimento della loro “idoneità” all’atto della nomina degli insegnanti, ma estesi anche alle specifiche modalità attraverso le quali annualmente (…) l’insegnamento deve essere spiegato…” (sent. cit., in motivazione);

5. Venendo più specificamente alla disciplina che regola l’accesso ai ruoli, la L. 18 luglio 2003, n. 198, all’art. 3, commi 7 e 8, prevede che le commissioni compilano l’elenco di coloro che hanno superato il concorso e il “dirigente regionale approva l’elenco ed invia all’ordinario diocesano competente per territorio i nominativi di coloro che si trovano in posizione utile per occupare i posti delle dotazioni organiche” di cui all’art. 2, comma 3.

5.1. Quest’ultima norma prevede che le dotazioni organiche per l’insegnamento della religione cattolica nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare sono stabilite dal dirigente dell’ufficio scolastico regionale, nell’ambito dell’organico complessivo di ciascuna regione, “nella misura del 70 per cento dei posti funzionanti nel territorio di pertinenza di ciascuna diocesi, tenuto conto di quanto previsto all’art. 1, comma 3”, articolo che – a sua volta – dispone che nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare l’insegnamento della religione cattolica può essere affidato ai docenti di sezione o di classe “riconosciuti idonei dalla competente autorità ecclesiastica, ai sensi del punto 2.6 della Intesa di cui al comma 1, e successive modificazioni, che siano disposti a svolgerlo”.

5.2. L’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato “è disposta dal dirigente regionale, d’intesa con l’ordinario diocesano competente per territorio, ai sensi del numero 5, lettera a), del Protocollo addizionale di cui all’art. 1, comma 1, e del punto 2.5 dell’Intesa di cui al medesimo art. 1, comma 1, nell’ambito del regime autorizzatorio in materia di assunzioni previsto dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 39, comma 3, e successive modificazioni” (comma 8 dell’art. 3 cit.).

6. Specificamente quindi il concetto di “intesa” tra l’ordinario diocesano competente per territorio e il dirigente regionale trova fondamento nell’art. 5, lett. a) del Protocollo addizionale all’accordo firmato a Roma il 18 febbraio 1984, ratificato con legge 25 marzo 1985, n. 121, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929 e nel D.P.R. 16 dicembre 1985, n. 751, che ha dato esecuzione all’intesa tra l’autorità scolastica italiana e la conferenza episcopale italiana per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche.

7. L’art. 5, lett. a) del Protocollo addizionale prevede che l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole indicate è impartito, in conformità alla dottrina della Chiesa e nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni, da “insegnanti che siano riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati, d’intesa con essa, dal autorità scolastica”. Nelle scuole materne ed elementari detto insegnamento può essere impartito dall’insegnante di classe “riconosciuto idoneo dall’autorità ecclesiastica, che sia disposto a svolgerlo”.

8. Come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata, l'”intesa” verte sul modalità attraverso le quali l’ordinario diocesano propone i nominativi delle persone ritenute idonee per l’insegnamento della religione, di modo che la nomina riguardi solo insegnanti riconosciuti tali dall’autorità ecclesiastica e disposti a svolgere l’incarico.

9. Deve quindi ritenersi che, secondo il procedimento dettato dalla L. n. 198 del 2003 per l’accesso ai ruoli, il dirigente regionale approva l’elenco di coloro che hanno superato il concorso e invia all’ordinario diocesano competente per territorio “i nominativi di coloro che si trovano in posizione utile per occupare i posti delle dotazioni organiche”. L’indicazione dell’ordinario diocesano è determinante per quanto concerne la valutazione dell’idoneità, del docente indicato dal dirigente scolastico regionale, all’insegnamento della religione cattolica, mentre non rileva ai fini dell’individuazione delle dotazioni organiche, compito che esula dalle competenze dell’autorità ecclesiastica per essere devoluto, in via esclusiva, al dirigente dell’ufficio scolastico regionale, il quale, a norma della L. n. 198 del 2003, art. 2, commi 2 e 3, provvede con contratti di lavoro a tempo indeterminato alla copertura del 70 per cento dei posti funzionanti nel territorio di pertinenza di ciascuna diocesi.

10. Non risulta dalla sentenza impugnata che l’Ordinario (OMISSIS) avesse espresso un giudizio di non idoneità all’insegnamento della religione cattolica riguardo alla docente L.. Il ricorso del MIUR e il primo motivo del controricorso adesivo dell’Ordinario diocesano non vertono su tale questione di fatto, ma esclusivamente sull’interpretazione del concetto di “intesa”, che le parti ricorrenti ritengono erroneamente debba riferirsi non solo alla valutazione di “idoneità” del docente nel senso sopra chiarito, ma anche alla dotazione organica nel territorio della diocesi.

11. Quanto alla questione – introdotta con il secondo motivo del ricorso incidentale adesivo dell’Ordinario diocesano – riguardante il rispetto della quota percentuale del 70 per cento nel territorio della (OMISSIS), non risulta che la stessa fosse stata devoluta al giudice di appello. Neppure risulta dalla sentenza impugnata che fosse controversa l’inclusione della L. in posizione utile nel novero del 70 per cento dei posti di pertinenza della predetta Diocesi. La questione di cui al secondo motivo del ricorso incidentale è da ritenere nuova e come tale inammissibile.

11.1. Secondo costante giurisprudenza di legittimità, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di cui all’art. 366 c.p.c., del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte dì controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (ex plurimis, Cass. n. 23675 del 2013, n. 324 del 2007, nn. 230 e 3664 del 2006).

12. In conclusione, il ricorso proposto dal MIUR va rigettato, mentre va dichiarato inammissibile quello proposto dall’Ordinario diocesano. L’onere delle spese del presente giudizio, liquidate in favore della resistente L., sono poste a carico solidale degli odierni ricorrenti.

PQM

La Corte rigetta i ricorsi e condanna il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e l’Ordinario (OMISSIS), in solido tra loro, al pagamento delle spese dgL presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 27 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2018

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