Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3429 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 12/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 12/02/2020), n.3429

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CATALOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10919/2019 R.G. proposto da:

D.L.P., elettivamente domiciliato in Roma, Viale G.

Mazzini n. 146, presso lo Studio dell’Avv. Spaziani Testa Ezio, che

con l’Avv. De Cristofaro Marco lo rappresenta e difende anche

disgiuntamente, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto

n. 99/22/13, depositata il 25 ottobre 2013.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 12 dicembre

2019 dal Cons. Bruschetta Ernestino Luigi.

Fatto

RILEVATO

1. che con l’impugnata sentenza la Regionale del Veneto, respinto l’appello principale di D.L.P., accolto quello incidentale dell’Agenzia, confermava in toto l’avviso di accertamento che sulla base dello studio di settore TD2OU recuperava a tassazione un maggior imponibile pari a Euro 37.200,00 ai fini IRPEF IRAP IVA 2006;

2. che la Regionale, evidenziato in fatto che negli anni pregressi il contribuente aveva quasi sempre dichiarato ricavi inferiori a quelli presunti dagli studi di settore, con redditi denunciati più bassi di quelli riconosciuti ai dipendenti, nonostante avesse una famiglia da mantenere, la proprietà dell’abitazione, la proprietà dei locali dove era svolta l’attività di produzione di strutture metalliche, la proprietà di una seconda casa in località di villeggiatura; riteneva, nel merito, che, verificata questa “anomala situazione”, applicando lo “studio di settore più evoluto”, ma tenuto conto del risarcimento dei danni ottenuto dal contribuente, oltrechè di una “erronea indicazione di vendita di rottami”, l’ufficio avesse correttamente rideterminato l’imponibile nella misura accertata nell’avviso; la Regionale giudicava invece irrilevanti sia la vendita della seconda casa, avvenuta sempre nell’anno d’imposta 2006, per la ragione che la contribuente non aveva provato che il prezzo ricavato era stato utilizzato per il mantenimento della famiglia; sia gli effetti della prospettata perdita economica relativa a lavori ricevuti in subappalto, poichè nessun documento dimostrava ciò;

3. che il contribuente ricorreva per due motivi, ulteriormente illustrati da memoria, ai quali l’ufficio resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo, formulato in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il contribuente lamentava che la Regionale non avesse pronunciato sulla eccezione di illegittimità dell’avviso discendente dal non avere l’Amministrazione utilizzato lo studio di settore più evoluto, rispetto al quale i ricavi dichiarati per l’anno d’imposta 2006 sarebbero stati pari “alla media registrata in quell’anno nel settore dei contribuenti come lui appartenenti al cluster 9”;

1.1. che il motivo è inammissibile; in disparte l’evidente materiale erroneità dell’affermazione della Regionale, anche ricordata in narrativa del presente, secondo cui l’ufficio aveva utilizzato lo “studio di settore più evoluto”; affermazione, in effetti, subito smentita dal successivo riconoscimento che il contribuente, nell’atto d’appello principale, aveva ribadito che l’ufficio avrebbe dovuto applicare il più evoluto studio di settore UD2OU; circostanza, quest’ultima, del resto, inter partes pacifica, atteso che in questa sede di legittimità sia la difesa del contribuente, sia la difesa erariale, discutono l’eccezione; deve essere a riguardo osservato che, come sopra appena ricordato, la Regionale aveva dato atto che, tra i motivi dell’appello principale del contribuente, era anche quello della “erronea mancata applicazione dello studio di settore UD2OU”; appello principale che poi è stato oggetto di integrale rigetto, con implicita pronuncia sullo specifico punto, pur se mancante di una particolare argomentazione (Cass. sez. II n. 6368 del 2019); la contribuente avrebbe quindi dovuto, per non incorrere nella comminata sanzione di inammissibilità, formulare la censura in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che la Regionale erroneamente non aveva ritenuto obbligatoria l’applicazione dello strumento statistico più evoluto, rispetto al quale la parte aveva allegato di essere congrua e coerente (Cass. sez. trib. n. 17807 del 2017);

2. che con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contribuente lamentava che la Regionale non avesse adeguatamente considerato la circostanza che il prezzo ricavato dalla vendita della seconda casa, utilizzato per mantenere la famiglia, giustificava lo scostamento dallo studio di settore applicato, in quanto consentiva di conservare inalterato il tenore della vita famigliare, pur in presenza di una flessione dei redditi;

2.1. che anche questo motivo è inammissibile; in realtà, come si è avuto cura di ricordare in narrativa del presente, la Regionale ha invece preso in esame il fatto che il prezzo ricavato dalla vendita della seconda casa potesse essere utilizzato per il mantenimento della famiglia, arrivando però alla non illogica conclusione che la circostanza non era stata dimostrata, in mancanza di prova documentale, indicata per esempio in quella di contabili bancarie idonee a chiarire come fosse stato impiegato il corrispettivo della alienazione; come è evidente, la spiegazione della Regionale rispetta il minimo costituzionale garantito dal “nuovo” art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, mentre la contribuente si duole inammissibilmente della mancata considerazione di prospettati contrari elementi di prova (Cass. sez. un. 8053 del 2014);

3. che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, queste liquidate in Euro 2.500,00, a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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