Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34286 del 23/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2019, (ud. 05/11/2019, dep. 23/12/2019), n.34286

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. Russo Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5170-2016 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA AUGUSTO RIBOTY

23, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE ANTONIO NAPOLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI D’ANIELLO, giusta procura

a margine;

– ricorrente –

contro

LATINA AMBIENTE SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA GERMANICO 109, presso

lo studio dell’avvocato ENRICO VOLPETTI, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIUSEPPE IBELLO, giusta procura a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4248/2015 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

LATINA, depositata il 17/C7/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/11/2019 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato D’ANIELLO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 4248/39/15, depositata il 17 luglio 2015, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto da S.A. avverso la pronuncia di prime cure che, in parziale accoglimento dell’impugnazione di un avviso di accertamento relativo alla TIA dovuta per l’anno 2009 (ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49), aveva dichiarato che (sull’importo della tassa) non era dovuta l’Iva.

Il giudice del gravame ha rilevato che il D.M. 27 marzo 2006, aveva prorogato (al 31 maggio 2006) il termine (“per la delibera del bilancio di previsione per l’anno 2006 da parte degli enti locali”) fissato (al 31 marzo 2006) dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, c. 155, e che, pertanto, il Comune di Latina (utilmente) aveva deliberato (il 30 maggio 2006) l’istituzione della TIA.

2. – S.A. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, illustrati con memoria.

Resiste con controricorso Latina Ambiente S.p.a.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con un primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, e della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 155, deducendo, in sintesi, che la delibera del Consiglio Comunale di Latina (n. 44/2006), istitutiva della TIA (D.Lgs. n. 22 del 1997 cit., art. 49), in quanto adottata il 30 maggio 2006, avrebbe dovuto ritenersi priva di fondamento normativo, e così da disapplicare, avuto riguardo alla soppressione della stessa tassa qual disposta dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, commi 1 e 11 (a decorrere dal 29 aprile 2006, data di entrata in vigore dello stesso decreto legislativo).

Nè, si assume, poteva rilevare la proroga del termine di approvazione del bilancio che esso stesso avrebbe dovuto tener conto della disposta soppressione della tassa.

Col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente denuncia la nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 132, c. 2, n. 4, c.p.c., deducendo, in sintesi, che il decisum del giudice del gravame si era risolto in una motivazione apparente, con conseguente omesso esame di fatto decisivo e controverso (qual correlato al disposto di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, ed al D.P.R. n. 158 del 1999, art. 11, comma 1).

2. – Prima di esaminare i suesposti motivi, la Corte deve rilevare che l’intervenuto fallimento della controricorrente (dichiarato dal Tribunale di Latina con sentenza n. 105, del 7 dicembre 2016) alcun effetto produce in questa sede processuale di legittimità, – così che irrilevante rimane (anche) il ricorso in riassunzione proposto dal ricorrente, – posto che, secondo un consolidato, e risalente, principio di diritto della Corte, nel giudizio di legittimità, che è dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto dell’interruzione del processo per uno degli eventi previsto dall’art. 299, e ss., c.p.c. (v., ex plurimis, Cass., 29 gennaio 2016, n. 1757; Cass., 3 dicembre 2015, n. 24635; Cass., 10 dicembre 2007, n. 25749; Cass. Sez. U., 21 giugno 2007, n. 14385; Cass., 18 aprile 2002, n. 5626) e, tra questi, per la stessa dichiarazione di fallimento della parte (v., con riferimento alla riformulazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 43, comma 3, Cass., 15 novembre 2017, n. 27143; Cass., 23 marzo 2017, n. 7477; Cass., 17 luglio 2013, n. 17450; Cass., 5 luglio 2011, n. 14786; Cass., 13 ottobre 2010, n. 21153).

3. – Tanto premesso, rileva la Corte che entrambi i motivi, – il secondo da riqualificare (v. Cass. Sez. U., 24 luglio 2013, n. 17931), avuto riguardo al suo effettivo contenuto deduttivo, in termini di violazione di legge (sostanziale), – e da trattare congiuntamente, perchè incentrati su di un medesimo profilo della disciplina di fattispecie, – sono fondati e vanno accolti.

4. – La ricognizione normativa della fattispecie evidenzia, sul punto, innanzitutto che il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, istituiva (art. 49) la tariffa di igiene ambientale (cd. TIA 1) che, nel disegno del legislatore, avrebbe dovuto sostituire la TARSU.

Per quel che qui interessa, il D.Lgs. n. 22 del 1997 cit., art. 49, disponeva la soppressione della TARSU (istituita dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 58 e ss.) “a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5” (art. 49, comma 1); e prevedeva, al comma 5 cit., che il Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato (sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano) avrebbe dovuto elaborare “un metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento, prevedendo disposizioni transitorie per garantire la graduale applicazione del metodo normalizzato e della tariffa ed il graduale raggiungimento dell’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani da parte dei comuni.”.

L’atto regolamentare in questione è stato, quindi, adottato col D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, il cui art. 11, ha previsto un regime transitorio (anche per effetto di successive modifiche normative) così articolato: “Gli enti locali sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa entro la fine della fase di transizione della durata massima cosi articolata: a) sette anni per i comuni che abbiano raggiunto nell’anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all’85%; b) sette anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l’85%; c) otto anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi inferiore al 55%; d) otto anni per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, qualunque sia il grado di copertura dei costi raggiunto nel 1999.”.

La soppressione della TARSU, quindi, non ha comportato l’immediata abrogazione della relativa disciplina istitutiva ma, secondo il cennato regime transitorio, – detta imposta rimaneva in vigore (con la conseguente disciplina regolamentare adottata dai Comuni; D.Lgs. n. 507 del 1993 cit., art. 68) almeno sino al 19 giugno 2006 (il D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 129 del 4 giugno 1999 e, come appena sopra ricordato, il termine più breve istituito dal regime transitorio prevedeva una durata di almeno 7 anni).

Detto regime transitorio, peraltro, non verrà a compimento in quanto col D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (pubblicato in Gaz. Uff. il 14 aprile 2006) il legislatore interveniva nuovamente sulla materia disponendo la soppressione della TIA 1 istituita col D.Lgs. n. 22 del 1997.

Ha previsto, in particolare, il D.Lgs. n. 152 del 2006, che:

– “La tariffa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.” (art. 238, comma 1);

– “Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti” (art. 238, c. 11);

– è abrogato “il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 cit., continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto” (art. 264, comma 1, lett. i)).

4.1 – In relazione ad analoghe controversie, la Corte ha avuto modo di rilevare che, – alla stregua della sopra ripercorsa sequenza normativa, – “il Regolamento adottato con la delibera COD. CIV. del 30/5/2006, istitutiva della TIA 1 “in via sperimentale” nel Comune di Latina, si colloca temporalmente in una fase della trasformazione della disciplina fiscale in cui, stante la mancata adozione del regolamento attuativo di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, comma 6, i Comuni che già erano passati dalla TARSU alla TIA 1 potevano continuare ad applicarla, essendo tale sistema tariffario destinato ad operare sino alla adozione della disciplina attuativa prevista dal Codice dell’Ambiente, così come i Comuni che tale opzione non avevano effettuato, potevano continuare ad applicare la TARSU – i cui criteri di determinazione sono stati peraltro estesi alla TIA – ma era loro precluso di passare alla “tariffa” prevista dal Decreto Ronchi, ormai destinata ad essere sostituita dalla “tariffa” del Codice dell’Ambiente, intesa come “corrispettivo” del servizio prestato e, pertanto, necessitante di un’apposta regolamentazione (mai intervenuta)”; e che, pertanto, detta delibera (adottata in data 30 maggio 2006) “con cui è stata istituita la tariffa di igiene ambientale prevista dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, così determinandosi il passaggio dalla Tarsu alla Tia, è illegittima in quanto sin dal 29 aprile 2006 non era più in vigore la tariffa ambientale e sino alla emanazione delle norme attuative del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, istitutivo della Tia 2, era consentito ai Comuni di continuare ad applicare le discipline regolamentari vigenti, da intendersi quali fonti secondarie di determinazione della tariffa stessa, tra le quali le delibere che gli enti locali avessero già adottato ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, comma 6” (v. Cass., 28 marzo 2019, n. 8650; Cass., 4 dicembre 2018, n. 31286; Cass., 1 ottobre 2018, n. 23820; Cass., 13 luglio 2017, n. 17271).

E si è, in particolare, rimarcato che alcun riflesso potevano produrre, su di un siffatto quadro regolativo, le disposizioni di proroga del termine per la deliberazione del bilancio di previsione da parte degli enti locali, posto che dette disposizioni non conferivano (anche) il potere “di deliberare il passaggio dalla Tarsu” ad una tassa (la Tia 1) già soppressa (Cass., 4 dicembre 2018, n. 31286; Cass., 1 ottobre 2018, n. 23820; Cass., 13 luglio 2017, n. 17271).

Ritiene, quindi, il collegio di dare continuità alla soluzione interpretativa in discorso che, – contrariamente alla diversa opzione interpretativa (pur) emersa (minoritariamente) nella giurisprudenza della Corte (v. Cass., 24 gennaio 2019, n. 1999; Cass., 27 dicembre 2018, n. 33424), – condivisibilmente correla, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006 (29 aprile 2006), la cessazione dello stesso regime transitorio delineato dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 11, posto che, con la soppressione della tariffa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, le clausole di salvaguardia avevano ad oggetto (solo) le discipline regolamentari “vigenti” (art. 238 cit., comma 11), ed i “provvedimenti attuativi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22” (art. 264 cit., comma 1, lett. i)); laddove, allora, – ed in difetto di una chiara voluntas legis di segno contrario (id est nel segno della ultrattività), – alcun regime transitorio (qual correlato all’istituzione della TIA 1; D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49) poteva residuare (oltre, dunque i regolamenti già “vigenti” ed i “provvedimenti attuativi” già adottati) all’indomani della soppressione di quella stessa tassa (la TIA 1).

5. – La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.

Di vero, ed in ragione della sua rilevata illegittimità, la delibera adottata dal Comune di Latina, in quanto priva di fondamento normativo, andava (e va) disapplicata, – in accoglimento dell’impugnazione proposta dal contribuente qual fondata (causa petendi) esattamente sulla ricostruzione giuridica sopra ripercorsa, posto, poi, che il potere di disapplicazione (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3, e art. 7, comma 5) non resta escluso per effetto della inoppugnabilità dell’atto amministrativo generale dinanzi al giudice amministrativo (per decorso dei termini di impugnazione) in quanto l’istituto processuale dell’inoppugnabilità concerne la tutela degli interessi legittimi e non quella dei diritti soggettivi (v. Cass., 23 maggio 2019, n. 14039; Cass., 15 febbraio 2007, n. 3390; Cass. Sez. U., 22 marzo 2006, n. 6265; Cass., 18 agosto 2004, n. 16175; Cass., 11 maggio 2002, n. 6801).

6. – Le spese del giudizio vanno integralmente compensate tra le parti, avuto riguardo alle obiettive incertezze indotte dal quadro normativo di riferimento, alle antinomie, ed oscillazioni, emerse negli orientamenti giurisprudenziali di merito ed allo stesso consolidarsi della giurisprudenza di legittimità in momento successivo alla proposizione del ricorso in trattazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente;

compensa integralmente, tra le parti, le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2019

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