Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34283 del 23/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2019, (ud. 05/11/2019, dep. 23/12/2019), n.34283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

ricorso 22803-2014 proposto da:

SOCIETA’ LATINA AMBIENTE SPA, in persona dei Direttore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

GERMANICO 109, presso lo studio dell’avvocato ENRICO VOLPETTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE IBELLO, giusta procura

a margine;

– ricorrente –

contro

D.L., difensore di se stesso elettivamente domiciliato in

ROMA VIA A. RIBOTY 23, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

ANTONIO NAPOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza 315/2001 della COMM.TRIB. PROV. di LATINA,

depositata il 22/06/2011;

udita la relazione sulla causa svolta nella pubblica udienza del

05/11/2019 dal Consigliere Dott. LIBERATO. PAOLITTO;

udito il P.M. in persona dei Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente D.L. che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 3487/40/14, depositata il 26 maggio 2014, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello proposto da D.L. avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento emesso da Latina Ambiente S.p.a. per il pagamento della TIA dovuta (in acconto) relativamente all’anno 2009.

Ha rilevato, in sintesi, il giudice del gravame, – in adesione a pronuncia resa dal G.A. (Cons. di Stato, sez. V, 26 settembre 2013, n. 4756), – che la “Delibera comunale n. 44/06, istitutiva della TIA nel Comune di Latina”, doveva ritenersi illegittima in quanto “adottata in data 30/05/06, ossia dopo il 29/04/06, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’Ambiente)” e, così, “fondata su una normativa soppressa”.

2. – Per la cassazione della sentenza ricorre Latina Ambiente S.p.a. sulla base di due motivi.

Diritto

D.L. resiste con controricorso, illustrato da memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con un primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, deducendo, in sintesi, che il decisum del giudice del gravame si era risolto in una motivazione apparente, in una mera (e passiva) “presa d’atto” della pronuncia del giudice amministrativo.

Col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 158 del 27 aprile 1999, e del D.Lgs. n. 152 del 2006, deducendo, in sintesi, che l’entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, – ed avuto riguardo alla disciplina intertemporale posta dal relativo articolato normativo (art. 238, commi 1 e 11; art. 264, comma 1, lett. i)), – non aveva comportato l’immediata abrogazione dei “provvedimenti attuativi del… D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22” (art. 264 cit., comma 1, lett. i)) e, tra questi, del regime transitorio posto dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 11, che, a sua volta, consentiva ai Comuni l’istituzione della Tia (qual prevista dal D.Lgs. n. 22 del 1997 cit., art. 49) almeno a tutto l’anno 2006.

2. – Prima di esaminare i suesposti motivi la Corte deve farsi carico dell’eccezione di inammissibilità del ricorso che parte controricorrente correla alla cessazione del rapporto concessorio (medio tempore conseguente alla delibera n. 658/2013, del 3 dicembre 2013, con la quale il Comune di Latina ha riassunto in proprio la gestione delle attività inerenti la Tia, e con riferimento alle annualità 2006-2009) qual posto a fondamento dell’esercizio dei poteri di accertamento e dello stesso potere di azione in giudizio (e di impugnazione).

L’eccezione è manifestamente destituita di fondamento considerato che, – conseguendo dal provvedimento concessorio di un pubblico servizio (che, in quanto tale, reca una delega, ed attribuzione, di funzioni pubbliche; v. Cass., 22 febbraio 2016, n. 3449; Cass., 19 luglio 1999, n. 7662) la legitimatio ad processum per le controversie che involgano l’esercizio di dette funzioni pubbliche (v. Cass., 8 ottobre 2010, n. 20852; Cass., 19 marzo 2010, n. 6772; Cass., 21 gennaio 2008, n. 1138), – non si è mai dubitato che detta legittimazione debba essere ascritta (per le relative vicende modificative) alla fattispecie della successione a titolo particolare nel diritto controverso (art. 111 c.p.c.), con conseguente (e perdurante) legittimazione processuale della parte originaria del processo (se non estromessa, così come nella fattispecie, a seguito di intervento del successore a titolo particolare; v., altresì, Cass., 28 marzo 2019, n. 8650).

3. – Tanto premesso, rileva la Corte che entrambi i motivi, – il primo da riqualificare (v. Cass. Sez. U., 24 luglio 2013, n. 17931), avuto riguardo al suo effettivo contenuto deduttivo, in termini di violazione di legge (sostanziale), – e da trattare congiuntamente, perchè incentrati su di un medesimo profilo della disciplina di fattispecie, – sono destituiti di fondamento; per quanto poi, come meglio si dirà in immediato seguito, la soluzione interpretativa fatta propria dal giudice del gravame è conforme alla giurisprudenza della Corte e, per vero, reca anche un’inequivoca esposizione delle relative ragioni fondative.

4. – La ricognizione normativa della fattispecie evidenzia, sul punto, innanzitutto che il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, istituiva (art. 49) la tariffa di igiene ambientale (cd. TIA 1) che, nel disegno del legislatore, avrebbe dovuto sostituire la TARSU.

Per quel che qui interessa, il D.Lgs. n. 22 del 1997 cit., art. 49, disponeva la soppressione della TARSU (istituita dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 58 e ss.) “a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5” (art. 49, comma 1); e prevedeva, al comma 5 cit., che il Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato (sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano) avrebbe dovuto elaborare “un metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento, prevedendo disposizioni transitorie per garantire la graduale applicazione del metodo normalizzato e della tariffa ed il graduale raggiungimento dell’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani da parte dei comuni.”.

L’atto regolamentare in questione è stato, quindi, adottato col D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, il cui art. 11, ha previsto un regime transitorio (anche per effetto di successive modifiche normative) così articolato: “Gli enti locali sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa entro la fine della fase di transizione della durata massima cosi articolata: a) sette anni per i comuni che abbiano raggiunto nell’anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all’85%; b) sette anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l’85%; c) otto anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi inferiore al 55%; d) otto anni per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, qualunque sia il grado di copertura dei costi raggiunto nel 1999.”.

La soppressione della TARSU, quindi, non ha comportato l’immediata abrogazione della relativa disciplina istitutiva ma, secondo il cennato regime transitorio, – detta imposta rimaneva in vigore (con la conseguente disciplina regolamentare adottata dai Comuni; D.Lgs. n. 507 del 1993 cit., art. 68) almeno sino al 19 giugno 2006 (il D.P.R. n. 27 aprile 1999, n. 158, è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 129 del 4 giugno 1999 e, come appena sopra ricordato, il termine più breve istituito dal regime transitorio prevedeva una durata di almeno 7 anni).

Detto regime transitorio, peraltro, non verrà a compimento in quanto col D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (pubblicato in Gaz. Uff. il 14 aprile 2006) il legislatore interveniva nuovamente sulla materia disponendo la soppressione della TIA 1 istituita col D.Lgs. n. 22 del 1997.

Ha previsto, in particolare, il D.Lgs. n. 152 del 2006, che:

– “La tariffa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.” (art. 238, c. 1);

– “Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6, e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti” (art. 238, comma 11);

– è abrogato “il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 cit., continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto” (art. 264, comma 1, lett. i)).

4.1 – In relazione ad analoghe controversie, la Corte ha avuto modo di rilevare che, – alla stregua della sopra ripercorsa sequenza normativa, – “il Regolamento adottato con la delibera COD. CIV. del 30/5/2006, istitutiva della TIA 1 “in via sperimentale” nel Comune di Latina, si colloca temporalmente in una fase della trasformazione della disciplina fiscale in cui, stante la mancata adozione del regolamento attuativo di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, comma 6, i Comuni che già erano passati dalla TARSU alla TIA 1 potevano continuare ad applicarla, essendo tale sistema tariffario destinato ad operare sino alla adozione della disciplina attuativa prevista dal Codice dell’Ambiente, così come i Comuni che tale opzione non avevano effettuato, potevano continuare ad applicare la TARSU – i cui criteri di determinazione sono stati peraltro estesi alla TIA – ma era loro precluso di passare alla “tariffa” prevista dal Decreto Ronchi, ormai destinata ad essere sostituita dalla “tariffa” del Codice dell’Ambiente, intesa come “corrispettivo” del servizio prestato e, pertanto, necessitante di un’apposta regolamentazione (mai intervenuta)”; e che, pertanto, detta delibera (adottata in data 30 maggio 2006) “con cui è stata istituita la tariffa di igiene ambientale prevista dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, così determinandosi il passaggio dalla Tarsu alla Tia, è illegittima in quanto sin dal 29 aprile 2006 non era più in vigore la tariffa ambientale e sino alla emanazione delle norme attuative del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, istitutivo della Tia 2, era consentito ai Comuni di continuare ad applicare le discipline regolamentari vigenti, da intendersi quali fonti secondarie di determinazione della tariffa stessa, tra le quali le delibere che gli enti locali avessero già adottato ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, comma 6” (v. Cass., 28 marzo 2019, n. 8650; Cass., 4 dicembre 2018, n. 31286; Cass., 1 ottobre 2018, n. 23820; Cass., 13 luglio 2017, n. 17271).

Ritiene, quindi, il collegio di dare continuità alla soluzione interpretativa in discorso che, – contrariamente alla diversa opzione interpretativa (pur) emersa (minoritariamente) nella giurisprudenza della Corte (v. Cass., 24 gennaio 2019, n. 1999; Cass., 27 dicembre 2018, n. 33424), – condivisibilmente correla, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006 (29 aprile 2006), la cessazione dello stesso regime transitorio delineato dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 11, posto che, con la soppressione della tariffa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, le clausole di salvaguardia avevano ad oggetto (solo) le discipline regolamentari “vigenti” (art. 238 cit., comma 11), ed i “provvedimenti attuativi del D.Lgs. n. 5 febbraio 1997, n. 22” (art. 264 cit., comma 1, lett. i)); laddove, allora, – ed in difetto di una chiara voluntas legis di segno contrario (id est nel segno della ultrattività), – alcun regime transitorio (qual correlato all’istituzione della TIA 1; D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49) poteva residuare (oltre, dunque i regolamenti già “vigenti” ed i “provvedimenti attuativi” già adottati) all’indomani della soppressione di quella stessa tassa (la TIA 1).

5. – Le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti, avuto riguardo alle obiettive incertezze indotte dal quadro normativo di riferimento, alle antinomie, ed oscillazioni, emerse negli orientamenti giurisprudenziali di merito ed allo stesso consolidarsi della giurisprudenza di legittimità in momento successivo alla proposizione del ricorso in trattazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

compensa integralmente, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2019

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