Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3428 del 13/02/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 3428 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: PORRECA PAOLO

CC

ORDINANZA

sul ricorso 21919-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, quale successore
ex lege dell’AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del
Direttore p.t. , domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, da cui è rappresentata e difesa per legge;
– ricorrente contro

2017
2584

GALANTUOMO DAVIDE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA PORTUENSE N.104, presso lo studio dell’avvocato
ANTONIA DE ANGELIS, rappresentato e difeso dagli
avvocati LUISA GIUA MARASSI, ANTONELLO ROSSI giusta
procura speciale a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 13/02/2018

- controricorrente nonchè contro

SANTONA

GIANCARLO,

MINISTERO

ECONOMIA

FINANZE

80415740580;
– intimati –

di CAGLIARI, depositata il 10/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 18/12/2017 dal Consigliere Dott. PAOLO
PORRECA;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
ALESSANDRO PEPE che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso per cassazione dell’AGENZIA DELLE ENTRATE,
con conseguente annullamento della gravata sentenza
della Corte d’Appello di Cagliari;

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avverso la sentenza n. 759/2013 della CORTE D’APPELLO

FATTI DI CAUSA
Davide Galantuomo conveniva in giudizio il Conservatore dei Registri
Immobiliari di Cagliari, l’Agenzia del Territorio, il Ministero dell’economia e
delle finanze, e l’avvocato Giancarlo Santona, esponendo che, nel chiedere al
Banco di Sardegna, sede comunale di Quartu Sant’Elena, presso cui era
correntista, la stipula di un contratto di apertura di credito, su segnalazione

pignoramento immobiliare a suo carico nel medesimo comune. Poiché
successivamente la stessa Conservatoria aveva precisato che si trattava di
trascrizione nulla in quanto basata su decreto ingiuntivo non provvisoriamente
esecutivo ottenuto dal Santona, chiedeva la completa eliminazione ovvero
idonea annotazione, incisive con efficacia retroattiva sulla formalità, che
superassero la cancellazione provvisoriamente ottenuta con provvedimento
giurisdizionale d’urgenza. Faceva altresì domanda di risarcimento dei danni
patrimoniali e non patrimoniali, tenuto conto della sua attività di imprenditore
commerciale, consigliere della provincia di Cagliari e sindaco del comune di
Quartu Sant’Elena.
Si costituivano il Conservatore e l’Agenzia rilevando che, registrato l’errore
cui aveva concorso il richiedente la formalità utilizzando al riguardo un codice
generico, era stata adottata ogni iniziativa utile alla cancellazione, mentre non
vi era prova che si fosse concretato alcun danno, atteso, in particolare, che nel
tempo interessato il Galantuomo non aveva esercitato attività d’impresa
avendo precedentemente ceduto una sua partecipazione a s.n.c. omonima.
Domandavano, comunque, la manleva a carico del Santona, il quale ultimo
resisteva adducendo di aver immediatamente prestato il consenso alla
cancellazione.
Il tribunale di Cagliari, per quanto qui ancora rileva, rigettava la domanda
di danni. La corte di appello della stessa città, pronunciando sull’appello di
Galantuomo, riformava la decisione accogliendo la domanda risarcitoria
inerente al danno all’immagine e alla reputazione, e affermandone la
responsabilità solidale a carico dell’Agenzia del Territorio e del Santona. La
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dell’istituto bancario aveva verificato l’esistenza di una trascrizione di

corte osservava che il danno doveva ritenersi provato in via presuntiva, atteso
che lo stato di incertezza e dubbio derivante dall’erronea trascrizione non
poteva che aver determinato un pregiudizio all’immagine a carico di un
soggetto apparso insolvente, con ovvi riflessi in ordine all’accesso al credito. Se
ne doveva avere conferma dalla prodotta lettera del 29 maggio 2002 con cui il
Banco di Sardegna, in risposta alla richiesta di stipula dell’apertura di credito,

della nota di trascrizione, così come dalla missiva del 25 luglio 2002 della
Bipielle Ducato con cui, sempre in risposta a una richiesta di finanziamento, si
chiedevano chiarimenti sull’esistenza della formalità. La corte escludeva che
potesse considerarsi ostativa alla delibazione positiva della domanda
risarcitoria la successiva lettera del 10 giugno, con cui il Banco di Sardegna
precisava di non aver voluto subordinare l’apertura di credito a una garanzia
ipotecaria, e di non ritenere inciso il rapporto fiduciario esistente con l’odierno
resistente dalla ricognizione della trascrizione. Ciò in quanto non poteva
negarsi che le richieste del Galantuomo avessero registrato in prima battuta un
rigetto.
Avverso questa decisione ricorre per cassazione l’Agenzia del Territorio
affidando le sue ragioni a un unico motivo.
Resiste con controricorso Davide Galantuomo.
Non hanno svolto difese il Ministero dell’economia e delle finanze, e
Giancarlo Santona.
Parte resistente ha depositato memoria, e il pubblico ministero ha
formulato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729, 10, 2059, 1362 e seguenti, cod.
civ., poiché la corte avrebbe in specie fatto malgoverno dei canoni ermeneutici
legali nell’individuare il significato delle missive di cui in parte narrativa, senza
tener conto del fatto che gli enti interpellati avevano letteralmente manifestato
l’intenzione di accordare i finanziamenti sia pure a seguito di chiarimenti,
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aveva subordinato un nuovo esame della stessa all’esito della cancellazione

escludendo espressamente, nel caso del Banco di Sardegna, ogni incisione del
rapporto fiduciario con il Galantuomo a seguito del rilievo della trascrizione.
Valutando, quindi, anche la condotta successiva dell’ente in parola, il collegio di
merito avrebbe dovuto escludere il danno all’immagine invece liquidato. Ciò
era confermato dal fatto che l’apertura di credito non si era perfezionata per
rinuncia del richiedente. Analogamente, i chiarimenti richiesti dalla Bipielle non

diniego della richiesta. Gli elementi presuntivi individuati erano dunque
ambivalenti, e pertanto né gravi né concordanti, rivelando una motivazione in
realtà apodittica.
2. Il motivo di ricorso è in parte infondato in parte inammissibile.
La corte di appello non ha evinto dal materiale presuntivo, considerato e
sintetizzato, un danno consistente nel mancato accesso ai finanziamenti
richiesti, bensì la prova che il Galantuomo era «apparso come un debitore
insolvente» in specifiche relazioni

commerciali, e che le richieste di

finanziamento avevano registrato «in prima battuta» un arresto, e dunque un
discredito creditizio.
ha da ciò desunto il pregiudizio

La corte territoriale, dunque,

all’immagine senza né travisare il contenuto letterale delle missive, né
omettere di considerare la complessiva condotta iniziale e successiva degli enti
coinvolti. Sicché deve escludersi vi siano state violazioni del regime legale
dell’onere probatorio o dei canoni ermeneutici negoziali, o della disciplina
legale delle presunzioni in relazione al danno non patrimoniale.
Parte ricorrente, quindi, chiede a questa Corte una rilettura del materiale
probatorio, mirando a dare a quest’ultimo un’interpretazione differente da
quella, peraltro del tutto plausibile, offerta dal giudicante di merito.
Questo Collegio non condivide sul punto le conclusioni del pubblico
ministero, intendendo in primo luogo dare seguito alla nomofilachia in materia
di violazioni dei canoni ermeneutici negoziali secondi cui le censure di
legittimità non possono risolversi nella mera contrapposizione tra
l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata,
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potevano in alcun modo essere considerati ciò che non erano stati, ossia un

poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo
una delle plausibili interpretazioni (Cass., 28/11/2017, n. 28319, che afferma
tale principio in materia d’interpretazione delle clausole contrattuali; Cass.,
06/05/2015, n. 9127, sull’applicabilità, nei limiti della compatibilità, anche ai
negozi unilaterali, delle norme in tema d’interpretazione dei contratti di cui agli
artt. 1362 e seguenti, cod. civ., in ragione del rinvio ad esse operato dall’art.

In secondo luogo, deve parimenti ribadirsi il principio secondo cui,
quando la prova addotta sia costituita da presunzioni, le quali anche da sole
possono formare il convincimento del giudice del merito, rientra nei compiti di
quest’ultimo il giudizio circa l’idoneità degli elementi presuntivi a consentire
inferenze che ne discendano secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit,
essendo il relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimità,
se sorretto da motivazione immune (come nella specie) da vizi logici o giuridici
(Cass., 16/05/2017, n. 12002).
Vero che la giurisprudenza appena citata ricorda che l’apprezzamento del
giudice deve ispirarsi al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della
precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in
relazione al complesso degli indizi, soggetti ad una valutazione globale, e non
con riferimento singolare a ciascuno di questi. Ma è anche vero che nel caso
tale valutazione complessiva è stata correttamente compiuta, e non potrebbe
escludersi l’integrazione dei canoni di gravità, precisione e concordanza se non
attingendo a quel giudizio sul fatto qui precluso, al netto dell’eventuale ma
differente vizio di motivazione.
Il danno all’immagine, sebbene non in re ipsa, può essere provato
allegando fatti da cui potersi evincere, anche mediante presunzioni semplici, la
sua concreta sussistenza e non futilità (cfr. Cass., 11/10/2013, n. 23194,
secondo cui, in un’ipotesi tipica, la semplice illegittimità del protesto, pur
costituendo un indizio in ordine all’esistenza di un danno alla reputazione, non
è di per sé sufficiente al risarcimento, essendo necessarie la gravità della
lesione e la non futilità del danno, da provarsi anche mediante presunzioni
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1324 cod. civ.).

semplici, oltre alla mancanza di un’efficace rettifica, fermo restando l’onere del
danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi
l’esistenza e l’entità del pregiudizio, come la lesione di un diritto della persona,
sotto il profilo dell’onore e della reputazione, o la lesione della vita di relazione
o della salute). E si è visto come la corte di appello abbia evinto la gravità
dell’apprezzabile lesione alla reputazione, e il significativo pregiudizio alla vita

in forza della natura pubblica dei registri, bensì specifici contatti con operatori
commerciali dell’ambiente territoriale del danneggiato. Con ciò rispettando i
principi nomofilattici sopra esposti.
Nell’ultimo segmento del motivo la parte sovrappone inammissibilmente
la deduzione di un vizio di motivazione, per un verso, tale in quanto non
partitamente articolato; per altro verso, comunque estraneo al nuovo
perimetro dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
Nella fattispecie, infatti, si applica la riformulazione della norma da ultimo
citata, disposta dall’art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito
dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che dev’essere interpretata come riduzione
al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché
in cassazione è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in
violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente
all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della
sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto
materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”; nel “contrasto irriducibile
tra affermazioni inconciliabili”, ossia in manifeste e irresolubili contraddizioni,
nonché nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”;
esclusa qualunque rilevanza di semplici insufficienze o contraddittorietà, al di
fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso
esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che
appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia. (Cass.,
Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass., 12/10/2017, n. 23940).
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di relazione, valorizzando non solamente una generica diffusione della notizia

È evidente che, nel caso, la motivazione è stata articolata e non si allega
un fatto decisivo di cui l’esame sarebbe stato omesso, invece che esperito con
apprezzamento non condiviso.
3. Spese secondo soccombenza.
Non si dispone quanto necessario all’insorgenza dell’obbligo di versare, ai
sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo

importo a titolo di contributo unificato, poiché la previsione non può trovare
applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, qual è l’Agenzia
del Territorio, che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono
esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle
spese processuali del resistente costituito liquidate in complessivi euro
3.000,00 oltre a euro 200,000 per esborsi, oltre al 15% di spese forfettarie,
oltre accessori legali.
Così deciso in Roma il giorno 18 dicembre 2017.

Il Presidente
Dott. Giacomo Travaglino

introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, un ulteriore

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