Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3427 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/02/2010, (ud. 18/01/2010, dep. 12/02/2010), n.3427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Eurocar s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore,

elettivamente domiciliata in Roma, Viale Parioli 43, presso l’avv.

D’AYALA VALVA Francesco, che la rappresenta e difende, unitamente

all’avv. Francesco Moschetti, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, sez. 4, n. 42/2007 del 28/11/07;

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18/1/10 dal Relatore Cons. Dott. Paolo D’Alessandro;

udito l’avv. Moschetti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

e l’accoglimento dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Eurocar s.r.l. in liquidazione propone ricorso per cassazione, in base a quarantuno motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto che ha rigettato l’appello della società contro la pronuncia di primo grado, che aveva solo parzialmente accolto il ricorso della stessa società contro un avviso di accertamento per IVA e sanzioni, riguardante l’applicazione del regime del margine, di cui al D.L. n. 41 del 1995, art. 36.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso, preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso in quanto articolato in modo tale da suddividere ciascun capo di sentenza in sottostatuizioni, oggetto di separate censure, non aventi carattere di autonomia.

L’Agenzia propone altresì un motivo di ricorso incidentale quanto al rigetto dell’appello incidentale dell’Ufficio.

La Eurocar resiste con controricorso al ricorso incidentale dell’Agenzia, eccependone preliminarmente l’inammissibilità, e ha depositato una memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I ricorsi proposti contro la stessa sentenza vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ..

2.- L’eccezione di inammissibilità dell’intero ricorso principale, in ragione del modo di formulazione dei singoli motivi, non può evidentemente essere accolta comportando, in ragione della sua stessa natura, l’esame di ciascun motivo.

E’ altresì infondata l’eccezione di inammissibilità del controricorso per difetto di procura in favore dell’Avvocatura dello Stato, sollevata dalla ricorrente in sede di memoria.

Questa Corte ha infatti affermato che, allorchè l’Agenzia delle entrate si avvalga, nel giudizio di cassazione, del ministero dell’avvocatura dello Stato, non è tenuta a conferire a quest’ultima una procura alle liti, essendo applicabile a tale ipotesi la disposizione del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 1, comma 2, secondo il quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni e non hanno bisogno di mandato (Cass. 11227/07).

Del pari infondata è l’eccezione di inammissibilità del controricorso per mancata esposizione dei fatti di causa, essendo ormai pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il controricorso non deve necessariamente riportare, a pena di inammissibilità, la esposizione sommaria dei fatti di causa (SS.UU. 1049/97, Cass. 5400/06).

E’ infondata pure l’eccezione di inammissibilità del controricorso per mancata esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda.

Il controricorso dell’Agenzia contiene infatti la pur succinta esposizione dei motivi di diritto posti a base della richiesta di rigetto del ricorso, nè d’altro canto può essere sindacabile la scelta di non contraddire partitamente i quarantuno motivi di ricorso, ma di raggrupparli per ritenuta omogeneità.

3.- Con il primo motivo del ricorso principale, sotto il profilo della contraddittorietà di motivazione, la società ricorrente si duole che l’informativa dell’amministrazione finanziaria tedesca, quanto agli acquisti dalle ditte “Carbonaro Roberto” e Spitzner Alexander”, sia stata ritenuta in sentenza ora “un fatto vero e proprio”, ora una “enunciazione di fatti”, ora “la prova diretta del fatto”.

3.1.- Il mezzo è inammissibile.

A parte che la ricorrente non chiarisce adeguatamente quale sia l’efficacia causale della diversa qualificazione dell’atto rispetto alla decisione, è comunque decisivo il rilievo che le tre formule si riferiscono, nel primo caso, all’informativa come documento, nel secondo caso, al suo contenuto, nel terzo caso, al contenuto degli accertamenti dell’amministrazione italiana.

4.- Con il secondo motivo la ricorrente, sotto il profilo della violazione di legge, si duole – sempre in riferimento agli acquisti dalle ditte Carbonaro e Spitzner – che il giudice tributario abbia ritenuto non rilevante la mancata produzione dell’informativa dell’amministrazione tedesca e, nel quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., chiede se possa ritenersi provata, in difetto di tale produzione, la non corretta applicazione del regime del margine.

4.1.- Il mezzo è inammissibile per genericità del quesito di diritto.

Nella sentenza, infatti, la irrilevanza della mancata produzione in giudizio della informativa tedesca non è affermata in via generale ma deriva dalla circostanza – della quale nel quesito non vi è cenno – che la società non abbia contestato (con adeguati mezzi di prova) la veridicità del fatto storico ivi riferito, rappresentato dal disconoscimento, da parte del venditore, della dicitura “auto soggetta al regime Iva del margine in Italia”, apposta sulle fatture (punto 6.4.2.).

5.- Con il terzo motivo la ricorrente, ancora sotto il profilo della violazione di legge, censura la sentenza impugnata in quanto avrebbe ritenuto che dall’informativa estera relativa all’anno di imposta 2001, derivasse l’allegazione, per l’anno di imposta 2003, “di un fatto connotato dei requisiti di precisione e specificità, tale da comportare l’onere di contestazione, da parte del contribuente, del fatto così allegato dall’Amministrazione finanziaria”.

5.1.- Il mezzo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

La possibilità di utilizzazione, con riferimento all’anno di imposta 2003, di dati riguardanti l’anno 2001 è in sentenza affermata (6.5.2.) alla stregua di un argomento logico – del quale non vi è traccia nel quesito di diritto – che non è in questa sede specificamente censurato e riguardo al quale, quindi, questo giudice non ha ragione, allo stato, di pronunciarsi.

Il fatto allegato – e cioè il disconoscimento della dicitura “auto soggetta al regime iva del margine in Italia” sulle fatture, da parte del venditore – è d’altro canto esattamente assunto in sentenza come fatto storico pienamente provato, in difetto di prova contraria, trattandosi di fatto, rilevante ai fini fiscali, accertato dall’autorità estera in conformità alle leggi vigenti nel paese ove il venditore risiede. Giova ricordare che la cooperazione tra organi amministrativi dei Paesi della Comunità in materia di IVA trova fondamento, ratione temporis, nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 65 e nel D.L. n. 331 del 1993, art. 55, oltre che nella Direttiva n. 77/799/CEE (come modificata dalla Direttiva 79/1070/CEE) e nel Regolamento CEE n. 218/92.

6.- Con il quarto motivo, sotto il profilo del vizio di motivazione, la ricorrente lamenta il mancato esame, in sentenza, di tutte le proprie difese circa il difetto di efficacia probatoria dell’informativa.

6.1.- Il mezzo è infondato, essendo pacifico che il giudice non abbia l’onere di motivare su tutte le prospettazioni di parte, incompatibili con quella accolta (da ultimo, Cass. 22801/09).

7.- Con il quinto motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione contraddittoria in quanto il giudice afferma che i fatti rappresentati nelle informative non sarebbero contestati dalla società contribuente, pur pronunciandosi (per disattenderla) sulla contestazione riguardante l’inefficacia probatoria delle informative in quanto relative a periodo di imposta diverso da quello in contestazione.

7.1.- Il quinto motivo è inammissibile, non essendo chiarito quale sia l’efficacia causale della ritenuta contraddittorietà sul contenuto della decisione.

8.- Con il sesto motivo, sotto il profilo della violazione di legge, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere riconosciuto il valore di “enunciazione di fatti” alle circostanze oggetto di dichiarazioni di terzi, riferite nell’informativa estera, chiedendo, nel quesito di diritto, se ciò “non contrasti con il divieto di considerare come accertati fatti assunti de relato e sia dunque in contrasto con l’art. 54, comma 3, Decreto IVA e art. 2700 c.c.”.

8.1.- Il sesto motivo è infondato.

Proprio il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, prevede che l’accertamento possa essere fondato anche su “altri atti o documenti” in possesso dell’amministrazione, tra i quali ben possono rientrare le informative di amministrazioni estere riguardo ad indagini che, per essere svolte in territorio estero, in materia di imposte armonizzate, non potrebbero certo essere compiute dall’amministrazione italiana.

9.- Con il settimo motivo, sotto il profilo della violazione di legge, la ricorrente in sostanza assume la mancanza di valore probatorio delle informative che riferiscono dichiarazioni di terzi senza indicare chi le abbia assunte ed in quali circostanze.

9.1.- Il settimo motivo è infondato.

La fonte della notizia dell’illecito tributario è l’informativa dell’amministrazione finanziaria tedesca, pervenuta tramite il CLO, che riferisce di dichiarazioni assunte in Germania, in conformità alla legge tedesca. L’efficacia probatoria di tale fonte, derivante dal sistema stesso dell’IVA quale imposta armonizzata, prescinde dalla indicazione delle concrete modalità di assunzione delle dichiarazioni e trova fondamento (come osservato sub 5.1.) nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 65 e nel D.L. n. 331 del 1993, art. 55, oltre che nella Direttiva n. 77/799/CEE (come modificata dalla Direttiva 79/1070/CEE) e nel Regolamento CEE n. 218/92.

10.- Con l’ottavo motivo la ricorrente chiede – nel quesito di diritto – “se sia legittima (…) la sentenza che fa dipendere l’accertamento della mancanza dei presupposti per l’applicazione del regime IVA del margine esclusivamente (senza alcun ulteriore elemento probatorio desunto allunale) da asserite dichiarazioni che avrebbe rilasciato il fornitore”.

10.1.- L’ottavo motivo è inammissibile, per inidoneità del quesito di diritto, fondato su una non veritiera rappresentazione della ratio decidendi.

La sentenza impugnata – diversamente da quanto affermato dalla ricorrente – ha infatti ritenuto legittimo l’accertamento fondato su informativa estera, nella quale sono tra l’altro riferite dichiarazioni di terzi riguardo a fatti non smentiti, in giudizio, dal contribuente italiano.

11.- Con il nono motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione “per la mancanza di un’adeguata motivazione in ordine alle difese dedotte da Eurocar per contestare la efficacia probatoria della informativa tedesca concernente gli acquisti dalla ditta Spitzner”, assumendo che il giudice tributario, al punto 6.5.9., sì sarebbe limitato ad un “ermetico” rinvio al p.v.c..

11.1.- Il nono motivo è inammissibile, essendo fondato su una non veritiera rappresentazione della sentenza. Diversamente da quanto la ricorrente assume, infatti, la problematica relativa ai rapporti con la ditta Spitzner è affrontata, in sentenza, nel successivo paragrafo 6.5.10., nel quale si da atto della produzione, da parte dell’Ufficio, della nota del Ministero delle Finanze del 31/12/03 con allegate le fatture emesse in favore della ditta Eurocar.

12.- Con il decimo motivo, sempre in relazione agli acquisti dalla ditta Spitzner, la ricorrente deduce il vizio di motivazione contraddittoria in quanto il giudice afferma che i fatti rappresentati nella informativa non sarebbero contestati dalla società contribuente, pur dando atto che la società aveva contestato che le fatture in possesso di Eurocar recassero – come ipotizzato in detta informativa – il riferimento sia al paragrafo 6 che al paragrafo 25 del VAT ACT. 12.1.- Premesso che la contestazione cui la ricorrente fa riferimento è stata motivatamente disattesa dal giudicante, il mezzo è inammissibile per le ragioni già esposte in relazione al quinto motivo sub 7.1.). Va comunque chiarito che quando, in sentenza, si afferma che i fatti storici non risultano efficacemente contestati, il giudice tributario intende evidentemente fare riferimento non alla mancanza di difese ma al fatto che non sono state offerte prove adeguate che contrastino il contenuto delle informative.

13.- Con l’undicesimo motivo la ricorrente, sotto il profilo della violazione di legge, chiede se “violi le norme in tema di onere della prova la sentenza che dichiari provata l’erronea applicazione del regime IVA del margine nell’anno 2003, sulla base dell’asserita dimostrazione dell’errata applicazione del regime del margine nell’anno 2001”.

13.1.- Il mezzo è inammissibile per inidoneità del quesito, fondato su una non veritiera o comunque incompleta rappresentazione della ratio decidendi.

La sentenza impugnata giunge a ritenere provato l’illecito tributario anche per l’anno 2003, sulla base dell’argomento logico – del quale non vi è traccia nel quesito – fondato sull’accertamento di fatto che il comportamento della società contribuente, nei rapporti con i medesimi venditori, sia rimasto immutato nel tempo.

14.- Con il dodicesimo motivo la ricorrente chiede se violi il divieto di doppia presunzione la sentenza che ritenga provata l’applicazione indebita del regime IVA del margine nell’anno 2003 in base ad un ragionamento presuntivo fondato sull’indebita applicazione del margine nell’anno 2001, “a sua volta desunta da elementi soltanto indiziari”.

14.1.- Il mezzo è inammissibile per inidoneità del quesito.

Che l’indebita applicazione del margine nell’anno 2001 sia desunta da elementi solo indiziari è infatti una mera illazione della ricorrente, derivando al contrario il relativo accertamento da fatti certi, rappresentati nella informativa tedesca, rispetto ai quali la contribuente non ha offerto prova contraria.

15.- Con il tredicesimo motivo la ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione, lamenta la mancanza di un’adeguata motivazione in ordine all’estensione, all’anno di imposta 2003, dell’efficacia probatoria di fatti relativi all’anno di imposta 2001.

15.1.- Il mezzo è inammissibile.

Al punto 6.5.2. il giudice tributario giustifica la suddetta estensione qualora “i presupposti di fatto siano rimasti invariati”, assumendo che “le condizioni di acquisto dei veicoli da parte della società Eurocar dal sig. C. erano rimaste le stesse per tutti gli anni in contestazione”.

La ricorrente osserva che il giudice non precisa quali sarebbero tali condizioni, ma è agevole osservare che essa comunque non deduce, come era viceversa suo onere, che le modalità di rapporto con il venditore fossero nel tempo mutate nè comunque prospetta ragioni ulteriori per le quali fosse utilizzabile nella specie il regime di maggior favore del margine.

16.- Con il quattordicesimo motivo la ricorrente chiede, sotto il profilo della violazione di legge, se il suddetto argomento non sia in contrasto con il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, secondo cui la presunzione semplice deve essere “grave, precisa e concordante”.

16.1.- Il quattordicesimo motivo è infondato. L’accertamento di fatto sul quale la presunzione è basata – e cioè che le condizioni di acquisto dei veicoli erano rimaste le stesse per tutti gli anni in contestazione – rende la presunzione stessa grave e precisa, mentre evidentemente non ha senso parlare di concordanza riguardo ad un’unica presunzione.

17.- Con il quindicesimo motivo la ricorrente lamenta il vizio di motivazione nel ragionamento del giudice tributario, assumendo in sostanza che la mancanza delle condizioni per l’applicazione del regime IVA del margine, in un anno di imposta, non comporta necessariamente che tali condizioni manchino anche in un anno di imposta successivo, pur rimanendo uguali tutti gli elementi del rapporto.

17.1.- Il quindicesimo motivo è inammissibile, in quanto la ricorrente non indica, come pure era suo onere, le ragioni per le quali il regime del margine sugli acquisti dai medesimi venditori sarebbe applicabile nell’anno di imposta 2003, diversamente da quanto accertato per l’anno di imposta 2001.

18.- Con il sedicesimo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza, per la parte concernente la declaratoria di falsità ideologica delle fatture, per mancanza della esposizione dei motivi per i quali il giudice tributario ha ritenuto prive di rilevanza probatoria le fatture di acquisto in possesso di Eurocar.

18.1.- Il sedicesimo motivo è inammissibile, atteso che la sentenza impugnata non contiene alcuna declaratoria di falsità ideologica delle fatture, ma giudica sul merito del rapporto tributario.

Inoltre, come già rilevato sub 11.1., la motivazione riguardo ai rapporti con la ditta Spitzner è contenuta nel paragrafo 6.5,10. e non solo in quello n. 6.5.9., trascritto dalla ricorrente a dimostrazione del vizio di omessa motivazione.

19.- Con il diciassettesimo motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione quanto ai rapporti con la ditta Spitzner, assumendo che la motivazione contenuta al citato paragrafo 6.5.10. si fonderebbe su una non veritiera affermazione quanto al contenuto della nota del Ministero delle Finanze del 31/12/03.

19.1.- Il mezzo è improcedibile, ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., n. 4, non avendo la ricorrente depositato la suddetta nota, acquisita agli atti e perciò nella sua disponibilità.

20.- Con il diciottesimo motivo la ricorrente deduce contraddittorietà di motivazione assumendo l’insanabile contrasto tra l’affermazione in motivazione secondo cui i rapporti con la ditta Spitzner si erano svolti “con la formula della fornitura intracomunitaria senza imposte e cioè con il regime del margine” (punto 6.5.10) ed il dispositivo di inapplicabilità del regime del margine, basato sull’assunto che le fatture estere contenevano “la formula della fornitura intracomunitaria senza imposte in Italia e cioè con il regime del margine”.

20.1. Il mezzo è incomprensibile e perciò inammissibile.

Non solo, infatti, non sì rinviene nella sentenza impugnata un “dispositivo di inapplicabilità del regime del margine”, ma in ogni caso non si riscontra alcuna contraddittorietà tra le due identiche proposizioni.

21.- Con il diciannovesimo motivo la ricorrente lamenta vizio di motivazione, quanto agli acquisti dalla ditta Colombella degli autoveicoli provenienti dalla società inglese Media Cars Ltd., assumendo che il giudice tributario avrebbe ritenuto provato l’illecito tributario sulla base di una informativa estera relativa ad un anno diverso (2001) rispetto a quello oggetto di accertamento (2003).

21.1.- Il diciannovesimo motivo è parzialmente fondato.

L’informativa estera reca la data del 15/12/2001 (punto 7.1.) ed il giudicante – a differenza che per gli acquisti da Carbonaro e Spitzner – non motiva riguardo alle ragioni che lo inducono a trarre dall’informativa, relativa a cessioni operate dalla società inglese Media Cars nel 2001, prove utilizzabili per l’anno di imposta 2003 a carico di Eurocar, acquirente non immediato da Media Cars.

Il mezzo è invece improcedibile, ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., n. 4, nella parte in cui si assume che il giudicante avrebbe stravolto “il contenuto della nota del Comando Generale della Guardia di Finanza in (OMISSIS), che richiama la informativà dell’Amministrazione finanziaria britannica in ordine alle vendite di Media Cars ltd nell’anno 2001”, non essendo stata depositata la suddetta nota.

22.- Con il ventesimo motivo la ricorrente denuncia il vizio di motivazione quanto agli acquisti dalla ditta Coldebella di autoveicoli provenienti dalla società francese “A.T. Car Sarl”, assumendo che dalla sentenza non risulterebbe se la doppia fatturazione posta in essere da A.T. Car sari riguardasse proprio le autovetture vendute a Coldebella e da questi rivendute a Eurocar.

22.1.- Il ventesimo motivo è in parte improcedibile ex art. 369 cod. proc. civ., n. 4, ove si fonda sul tenore del p.v.c. 13/10/04 del Comando regionale di polizia tributaria del Veneto, non depositato, ed in parte infondato.

La motivazione di cui ai punti 7.2.1., 7.2.2. e 7.2.3. della sentenza consente di desumere che la doppia fatturazione riguardava le autovetture vendute dalla società francese a tutti i clienti italiani (compreso, dunque, Coldebella). L’evasione risulta d’altro canto provata – secondo la sentenza – in base alle fatture elencate in dettaglio nel verbale 10/12/04, come si afferma al punto 7.2.3., cosicchè appare ininfluente la mancata individuazione delle autovetture attraverso i numeri di telaio.

23.- Con il ventunesimo motivo la ricorrente deduce ancora vizi di motivazione quanto agli acquisti da Coldebella, “per la mancanza di un’adeguata motivazione in ordine all’estensione all’anno in esame dell’efficacia probatoria di fatti concernenti un altro periodo di imposta” e cioè il 2001.

23.1.- Il mezzo è inammissibile per quanto già osservato in relazione al tredicesimo motivo.

Afferma la sentenza (punto 14.1.) che “la ditta Coldebella è stata fornitore dell’appellante per tutto l’arco di tempo preso in considerazione ed ha ceduto i veicoli ad Eurocar sempre alle stese condizioni” cosicchè “è legittima la presunzione (…) che il contenuto estrinseco delle fatture del cedente sia stato utilizzato dal cessionario per sottrarsi agli oneri di fatturazione e di versamento”.

Alla stregua di tale congrua motivazione, la ricorrente avrebbe avuto l’onere di dedurre l’intervenuto cambiamento delle condizioni del rapporto.

24- Con il ventiduesimo motivo il medesimo capo di sentenza è censurato sotto il profilo della violazione di legge, assumendo la ricorrente che la presunzione utilizzata non sia “grave, precisa e concordante”.

24.1.- Il mezzo è infondato per quanto già osservato in relazione al quattordicesimo motivo (sub 16.1.). L’accertamento di fatto sul quale la presunzione è basata – e cioè che le condizioni di acquisto dei veicoli erano rimaste le stesse per tutti gli anni in contestazione – rende la presunzione stessa grave e precisa, mentre evidentemente non ha senso parlare di concordanza riguardo ad un’unica presunzione.

25.- Con il ventitreesimo motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione quanto al profilo riguardante la responsabilità del cessionario per il comportamento giuridico degli operatori a monte.

Il giudice tributario, pur riconoscendo l’esattezza del principio per cui non può sorgere responsabilità del cessionario per omesso controllo e omesso sindacato sulle valutazioni giuridiche degli operatori a monte, avrebbe poi ritenuto il cessionario stesso responsabile di un illecito tributario per non aver pagato l’imposta evasa.

25.1.- Il mezzo è inammissibile.

La ricorrente mostra di ritenere, erroneamente, che il vizio di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, riguardi anche la motivazione in diritto, e non solo quella in fatto. Le censure di cui si tratta, riguardanti l’erronea applicazione di un principio di diritto, avrebbero dovuto essere formulate con riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.

26.- Con il ventiquattresimo motivo la ricorrente lamenta, sotto il profilo della violazione di legge, l’illegittima innovazione della materia del contendere, formulando il seguente quesito di diritto:

“se sia violato l’art. 112 c.p.c. (…) nell’ipotesi in cui, vertendo la lite sull’applicazione del regime IVA del margine, un avviso di accertamento, motivato con il dovere del cessionario di controllare e sindacare le valutazioni giuridiche espresse in fattura dal cedente, sia considerato legittimo dal giudice di secondo grado sul presupposto (innovativo rispetto alla motivazione dell’accertamento) che il cessionario ha il dovere di controllare una volta provata la frode”.

26.1.- Il ventiquattresimo motivo è improcedibile, ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., n. 4, in quanto la ricorrente non ha depositato l’accertamento, rispetto alla cui motivazione la sentenza di appello sarebbe innovativa.

27.- Con il venticinquesimo motivo la ricorrente prospetta il vizio di motivazione insufficiente quanto agli acquisti (interni) da Coldebella. Il giudice tributario avrebbe ritenuto legittimo l’avviso di accertamento per la mancata verifica, da parte del contribuente cessionario, del comportamento del cedente estero riguardo all’applicabilità del regime del margine, senza considerare che la Eurocar non acquistava da un soggetto estero bensì dalla ditta italiana Coldebella.

27.1.- Il venticinquesimo motivo è infondato. Al punto 13.3. della sentenza impugnata la responsabilità del cessionario è fatta discendere “dagli ordinari canoni di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1377 e 1375 c.c.”, in virtù dei quali il cessionario è tenuto al controllo (anche) dei libretti di circolazione dei veicoli, al fine di osservare gli ordinar criteri di prudenza “nel non svolgere transazioni commerciali con soggetti che non hanno assoggettato ad imposta i loro acquisti”. Alla stregua di tale motivazione, resta irrilevante che gli acquisti di autovetture provenienti dall’estero siano avvenuti per il tramite di un soggetto italiano, tenuto conto che – come si legge al punto 9.5.1. della sentenza – “tutti i libretti di circolazione evidenziano che i soggetti precedenti intestatari degli autoveicoli acquistati sono imprese che li hanno utilizzati come bene proprio o strumentale della loro attività”.

28.- Con il ventiseiesimo motivo, sotto il profilo della violazione di legge, la ricorrente censura la sentenza impugnata in quanto riterrebbe raggiunta la prova della doppia fatturazione, e quindi della frode, da parte dei venditori esteri sulla sola base della informativa proveniente dall’amministrazione finanziaria di un altro Stato.

28.1.- Il mezzo è infondato.

Come ricordato sub 8.1., il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, prevede che l’accertamento possa essere fondato anche su “altri atti o documenti” in possesso dell’amministrazione, tra i quali ben possono rientrare le informative di amministrazioni estere riguardo ad indagini che, per essere svolte in territorio estero, in materia di imposte armonizzate, non potrebbero certo essere compiute dall’amministrazione italiana.

29.- Con il ventisettesimo motivo la ricorrente lamenta la violazione dei principi generali in materia di responsabilità tributaria, assumendo che la sentenza, prospettando un dovere di controllo del cessionario a prescindere dall’esistenza di un accordo fraudolento tra cessionario e cedente, creerebbe un’ipotesi di responsabilità oggettiva priva di fondamento normativo.

29.1.- Il ventisettesimo motivo è infondato.

Come rilevato sub 27.1., al punto 13.3. della sentenza impugnata la responsabilità del cessionario è fatta discendere “dagli ordinari canoni di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1377 e 1375 c.c.”, in virtù dei quali il cessionario è tenuto al controllo (anche) dei libretti di circolazione dei veicoli, al fine di osservare gli ordinari criteri di prudenza “nel non svolgere transazioni commerciali con soggetti che non hanno assoggettato ad imposta i loro acquisti”. Tale motivazione – non censurata – esclude dunque che la responsabilità del cessionario possa configurarsi come responsabilità oggettiva.

30.- Con il ventottesimo motivo la ricorrente, sotto il profilo della violazione di legge, censura la sentenza impugnata in quanto avrebbe ancorato la responsabilità del contribuente alla violazione degli obblighi di fatturazione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, comma 3 (nel testo pro tempore vigente). Vi sarebbe error in iudicando sia perchè il giudice di merito avrebbe affermato che la posizione del cessionario responsabile dell’illecito ex art. 17 cit.

“è da rapportare all’art. 41, comma 4, di obbligato al pagamento dell’imposta evasa dal cedente”, così facendo applicazione di una norma, l’art. 41, abrogata a decorrere dal 1 aprile 1998; sia perchè, comunque, l’art. 17, comma 3, del decreto IVA si riferisce agli obblighi di fatturazione non adempiuti dai venditori esteri, mentre la contribuente in parte ha acquistato da un venditore italiano, la ditta Codebella, in parte ha acquistato da venditori esteri (le ditte Carbonaro Renato e Spitzner Alexander) i quali avevano peraltro emesso fattura.

30.1.- Il ventottesimo motivo è infondato.

A) L’art. 41 del decreto è citato in sentenza non come fonte della responsabilità del contribuente ma come mero mezzo di raffronto del responsabile dell’illecito del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 17, comma 3, al cessionario obbligato al pagamento dell’imposta evasa (di cui all’abrogato art. 41).

Non vi è stata dunque, sotto tale profilo, alcuna applicazione dell’abrogato art. 41.

B) La circostanza che i venditori esteri Carbonaro e Spitzner avessero emesso fattura è evidentemente irrilevante, nel momento in cui si contesta la regolarità delle loro fatture quanto alla liquidazione dell’imposta dovuta.

C) La motivazione censurata va coordinata con la parte in cui (punto 13.3.) la responsabilità del cessionario è fatta discendere “dagli ordinar canoni di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1377 e 1375 c.c.”, in virtù dei quali il cessionario è tenuto al controllo (anche) dei libretti di circolazione dei veicoli, al fine di osservare gli ordinar criteri di prudenza “nel non svolgere transazioni commerciali con soggetti che non hanno assoggettato ad imposta i loro acquisti”. Va aggiunto che l’applicazione del regime del margine in una transazione fra operatori nazionali avente ad oggetto autovetture usate provenienti da altri Paesi della Comunità europea rende evidentemente sindacabile la corretta applicazione del detto regime nella cessione intracomunitaria.

31.- Con il ventinovesimo motivo la ricorrente, sotto il profilo della violazione di legge, censura la sentenza impugnata nella parte in cui (9.5.4.) afferma che la responsabilità del cessionario per l’omessa verifica della regolarità sostanziale della fattura, per quanto riguarda la qualifica del cedente, discende dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 41, comma 5, abrogato a decorrere da 1 aprile 1998.

31.1.- Il mezzo è infondato. A prescindere dall’erroneo richiamo al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 41, comma 5, la sentenza si fonda nella sostanza su un esatto principio di diritto. L’applicazione del regime del margine presuppone, infatti, oltre a requisiti oggettivi (attinenti alla natura del bene compravenduto) anche taluni requisiti soggettivi riguardanti l’originario cedente. Nel caso di autoveicoli, l’eventuale insussistenza di tali requisiti può talvolta essere agevolmente desunta dai libretti di circolazione, cosicchè va senz’altro affermata l’esistenza di un particolare onere di diligenza in capo all’acquirente, anche mediato, riguardo a dati risultanti dai libretti di circolazione.

32.- Con il trentesimo motivo, sempre sotto il profilo della violazione di legge, la ricorrente censura la sentenza impugnata quanto all’affermazione secondo cui il regime IVA del margine non sarebbe applicabile alle vendite di autoveicoli usati effettuati da società di leasing o di autonoleggio, assumendo doversi avere invece riguardo non al tipo di attività esercitata dal cedente ma alla circostanza che egli abbia detratto o meno l’IVA sull’acquisto del bene.

32.1.- Il mezzo è infondato.

E’ vero che l’applicabilità del regime del margine discende dal fatto che il cedente non abbia detratto l’IVA sull’acquisto; è tuttavia lecito presumere, in base a normali criteri di economicità, che l’imprenditore detragga l’IVA sui beni utilizzati per l’esercizio dell’impresa, cosicchè la circostanza che l’autoveicolo provenga da una società di autonoleggio o di leasing, che lo abbia acquistato nuovo, è senz’altro idonea ad integrare la responsabilità del cessionario mediato per l’applicazione non consentita del regime del margine.

La sentenza della Corte di Giustizia dell’8 dicembre 2005, nella causa C-280/04, si riferisce esclusivamente alla cessione, da parte di una società di leasing, di un veicolo d’occasione e la società ricorrente non deduce che, nella specie, le cessioni da società di autonoleggio o di leasing riguardassero veicoli da queste acquistati d’occasione.

33.- Con il trentunesimo motivo la ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata quanto alla mancata individuazione delle autovetture provenienti da società di autonoleggio o di leasing, assumendo che lo stesso atto di accertamento darebbe la prova del non corretto modus operandi dei verificatori.

33.1.- Il trentunesimo motivo è improcedibile, ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., n. 4, nella parte in cui fa riferimento all’atto di accertamento, non depositato.

Per il resto è inammissibile per genericità, in quanto la contribuente, in possesso dei libretti delle autovetture, non può limitarsi a lamentare la genericità della motivazione circa l’individuazione delle autovetture provenienti da società di autonoleggio o di leasing, ma dovrebbe eventualmente dedurre l’esistenza di specifiche cessioni, soggette ad accertamento, riguardanti autovetture non provenienti da siffatte imprese.

34.- Con il trentaduesimo motivo la ricorrente deduce violazione di legge assumendo l’insussistenza di un obbligo di controllo, da parte del cessionario, eccedente il contenuto formale delle fatture emesse dal venditore.

34.1.- Il trentaduesimo motivo è infondato, per i motivi già esposti sub 31.1., attinenti alla natura stessa del regime del margine.

35.- Con il trentatreesimo motivo la ricorrente deduce che l’affermazione degli oneri di controllo di cui al mezzo precedente sì risolverebbe in una violazione del principio di riserva di legge, del principio di certezza del diritto e del principio di proporzionalità.

35.1.- Il mezzo è infondato, non essendovi la prospettata lesione di principi fondamentali dell’ordinamento ove, come nella specie, gli oneri di attenzione siano connaturati ad un particolare regime (di favore) di applicazione dell’imposta.

36.- Con il trentaquattresimo motivo la ricorrente, sotto il profilo della violazione di legge, censura la sentenza impugnata nella parte in cui affermerebbe che “le norme che disciplinano la motivazione dell’avviso di accertamento, nel prevedere che qualora la motivazione faccia riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, possono essere derogate dall’Amministrazione finanziaria per ragioni di economia procedimentale”.

36.1.- Il mezzo è inammissibile.

La sentenza impugnata non contiene l’affermazione riportata nel quesito di diritto, ma quella, diversa, secondo cui “non appare conforme al principio dell’economia procedimentale onerare l’amministrazione di acquisire tutti i provvedimenti sottostanti all’attività degli organi accertatori”.

Che, in altre parole, si tratti di provvedimenti richiamati nella motivazione dell’avviso costituisce una mera illazione del ricorrente, la cui verifica non è possibile a questo giudice, in difetto di deposito dell’avviso stesso.

37.- Con il trentacinquesimo motivo la ricorrente deduce vizio di motivazione quanto al rigetto del capo di appello con il quale si lamentava il vizio di motivazione dell’avviso di accertamento relativamente alla “depurazione”, da parte dell’Ufficio, delle possibili duplicazioni.

37.1.- Il mezzo è inammissibile per la sua genericità. La ricorrente avrebbe avuto infatti l’onere di indicare le lamentate duplicazioni, e non limitarsi a dedurre il vizio di motivazione della sentenza che ha disatteso la relativa censura.

38.- Con il trentaseiesimo motivo la ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione, lamenta che il giudice tributario abbia ritenuto legittimo l’avviso di accertamento indipendentemente dall’esistenza di un accordo fraudatorio.

38.1.- Il mezzo è inammissibile, per le medesime considerazioni svolte in ordine al ventitreesimo motivo.

La ricorrente mostra di ritenere, erroneamente, che il vizio di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, riguardi anche la motivazione in diritto, e non solo quella in fatto. Le censure di cui si tratta avrebbero dovuto essere formulate con riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.

39.- Con il trentasettesimo motivo la ricorrente lamenta la violazione “del divieto generale di responsabilità oggettiva per fatto altrui”.

39.1.- Il mezzo è infondato. Come rilevato sub 27.1. (e 29.1.), al punto 13.3. della sentenza impugnata la responsabilità del cessionario è fatta discendere “dagli ordinari canoni di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1377 e 1375 c.c.”, in virtù dei quali il cessionario è tenuto al controllo (anche) dei libretti di circolazione dei veicoli, al fine di osservare gli ordinari criteri di prudenza “nel non svolgere transazioni commerciali con soggetti che non hanno assoggettato ad imposta i loro acquisti”. Tale motivazione – non utilmente censurata – esclude dunque che la responsabilità del cessionario possa configurarsi come responsabilità oggettiva.

40.- Con il trentottesimo motivo la ricorrente principale, sotto il profilo del vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata, sul punto relativo all’irrogazione delle sanzioni, per avere ritenuto “semplice ed effettuabile con immediatezza” l’accertamento riguardo alla corretta applicazione del regime del margine, avuto riguardo al tipo di attività svolto dal cedente, ove invece l’applicazione del regime del margine dipende dal fatto che il cedente abbia o meno detratto l’IVA sull’acquisto del bene. Invoca comunque il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, secondo cui non sono irrogate sanzioni nè richiesti interessi moratori al contribuente che si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, assumendo di essersi attenuta a quanto indicato dalla DRE del Veneto, in risposta ad uno specifico quesito ad essa rivolto riguardo agli accertamenti da effettuare nei confronti dei fornitori i quali dichiarino di applicare il regime del margine.

40.1.- Il mezzo è improcedibile, ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., n. 4, nella parte in cui si fonda su un atto della DRE del Veneto non depositato.

Per il resto è infondato, per quanto esposto sub 32.1.

41.- Con il trentanovesimo motivo la ricorrente, ancora per quanto riguarda le sanzioni, invoca, sotto il profilo della violazione di legge, l’affidamento derivante dall’essersi attenuta a circolari delle DRE del Veneto e della Lombardia.

41.1.- Il mezzo è inammissibile per genericità, non essendo nemmeno indicati gli estremi delle circolari in questione.

42.- Con il quarantesimo motivo la ricorrente si duole, sotto il profilo del vizio di motivazione, del rigetto del motivo subordinato di appello con il quale era stato chiesto l’annullamento del provvedimento di irrogazione delle sanzioni, assumendo che il giudice tributario avrebbe erroneamente ritenuto insussistenti le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme tributarie.

42.1.- Il quarantesimo motivo è inammissibile. Il giudice tributario ha rigettato il motivo di appello con congrua motivazione, affermando che, tenuto conto della operata (e sostanzialmente corretta) ricostruzione del quadro normativo, “le disposizioni violate non erano suscettibili di dare luogo, per un medio imprenditore, ad alcuna incertezza”.

Tale valutazione di fatto non può evidentemente essere superata da questo giudice di legittimità, sulla base degli stessi elementi posti all’esame del giudice di merito.

43.- Con il quarantunesimo motivo la medesima questione è posta sotto il profilo della violazione di legge, evidenziando l’incertezza dello stesso giudice tributario riguardo alla norma sanzionatoria applicabile.

43.1.- Il quarantunesimo motivo è infondato. Il giudice tributario ha fatto corretta applicazione delle norme riguardanti l’esclusione delle sanzioni in caso di obiettiva incertezza sulla disciplina tributaria sostanziale, tenuto conto che questa è a suo avviso parametrata sulla diligenza dell’imprenditore medio.

L’esclusione delle sanzioni sarebbe contraddittoria rispetto a tale ricostruzione, nè l’esistenza di un solo precedente di merito favorevole alla tesi del contribuente può rappresentare obiettivo sintomo delle postulate condizioni di incertezza.

44.- Con l’unico motivo di ricorso incidentale l’Agenzia lamenta vizio di motivazione quanto al rigetto del proprio appello incidentale, relativo all’annullamento della ripresa di Euro 42.407,20 per illegittima detrazione di IVA su fatture passive per spese di riparazione, assumendo che la decisione della Commissione tributaria regionale si fonderebbe sull’erroneo assunto che le spese in questione si riferiscano ad autovetture per le quali era stata contestata l’illegittima applicazione del regime del margine.

44.1.- Il mezzo è improcedibile ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., n. 4, non avendo l’Agenzia depositato l’atto di accertamento, su cui il mezzo in definitiva si fonda.

45.- Va dunque accolto parzialmente il solo diciannovesimo motivo del ricorso principale e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della CTR del Veneto.

46.- Le spese del giudizio di cassazione vengono liquidate, ai sensi dell’art. 385 cod. proc. civ., comma 3, in Euro 12.300,00, di cui Euro 12.000,00 per onorari, disponendosene la compensazione per un terzo, in ragione della parziale soccombenza reciproca, con la condanna della ricorrente principale al pagamento dei rimanenti due terzi.

PQM

la Corte riunisce i ricorsi; accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il diciannovesimo motivo del ricorso principale;

dichiara improcedibili i motivi diciassettesimo, diciannovesimo (nella parte non accolta), ventesimo (in parte), ventiquattresimo, trentunesimo (in parte), trentottesimo (in parte) del ricorso principale ed il ricorso incidentale; rigetta per il resto il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo parzialmente accolto e rinvia ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto; compensa per un terzo le spese di giudizio, liquidate complessivamente in Euro 12.300,00, di cui Euro 12.000,00 per onorari, ponendo i rimanenti due terzi a carico della ricorrente principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 18 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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