Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34266 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/11/2021, (ud. 29/09/2021, dep. 15/11/2021), n.34266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 29087/2015 R.G. proposto da:

G. Macchine s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al

ricorso, dall’Avv. Oreste Cagnasso, e dall’Avv. Gianluca Contaldi,

elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, sito in

Roma, via Pierluigi da Palestrina, n. 63;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

presso i cui Uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale del

Piemonte, n. 487/24/2015, depositata il 13 aprile 2015.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 29 settembre

2021 dal Consigliere Luigi D’Orazio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Pepe Alessandro, che ha concluso chiedendo il rigetto

del ricorso;

udito l’Avv. Stefania Contaldi, per delega orale dell’Avv. Oreste

Cagnasso, per la ricorrente.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale del Piemonte accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Biella (n. 109/2/2013), che aveva accolto il ricorso proposto dalla G. Macchine s.p.a. contro la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti, per l’anno 2008, a seguito di avviso di irregolarità da controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, con cui era stato richiesto il pagamento della somma iscritta a ruolo pari ad Euro 125.268,00, relativa all’utilizzo di un credito d’imposta per spese di ricerca relativo all’anno 2008, portato come credito d’imposta in tale anno, compensato nel 2009, ma non indicato nella dichiarazione relativa all’anno 2008, nel quadro RU, poi successivamente rettificata il 4 aprile 2011. In particolare, il giudice d’appello evidenziava che il credito d’imposta veniva accordato a fronte di precise scelte politiche strategiche, finalizzate all’incentivo di determinati settori, sicché era condivisibile la scelta del legislatore che consentiva di fruire del beneficio entro un termine definito e determinato, essendo definito e determinato anche l’onere finanziario inerente. La decadenza era coerente con la scelta del legislatore di consentire di beneficiare del credito per un determinato esercizio fiscale. Era corretto il comportamento dell’Ufficio che, pur non disconoscendo l’oggettiva validità del credito, ne aveva però richiesto l’indicazione, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi del periodo di imposta di pertinenza.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società, depositando anche memoria scritta.

3. L’Agenzia delle entrate si è limitata a depositare un “atto di costituzione”, “ai fini della partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”. L’Agenzia resta, dunque, intimata, in quanto tale atto non costituisce una “costituzione” in giudizio, essendo necessaria la notificazione di un controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di impugnazione la società deduce la “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 297 del 1999, art. 3, lett. d)”. Il giudice d’appello, nell’accogliere il gravame della Agenzia delle entrate ha fatto riferimento ad una pronuncia della Corte di cassazione (sentenza n. 19868 del 2012) che, in realtà, si riferirebbe ad altra fattispecie, diversa da quella oggetto di esame. Infatti, la sentenza di legittimità del 2012 è relativa a incentivi per le imprese che provvedono ad assunzioni titolari di dottorato di ricerca o altri soggetti che svolgono attività di ricerca, mentre il credito d’imposta maturato dalla G. Macchine è relativo ad attività di ricerca svolta direttamente dalla società ricorrente. Nella disciplina di cui al D.Lgs. n. 297 del 1999, non è prevista alcuna decadenza, in caso di mancato inserimento del credito nel quadro RU della dichiarazione dei redditi. Ai contrario, la pronuncia di legittimità citata dalla Commissione regionale fa riferimento al D.M. n. 275 del 1998, che dà attuazione alla L. n. 449 del 1997, art. 5. In tal caso, però, si fa riferimento a due ipotesi specifiche di “investimento nella ricerca” da parte delle imprese: per ogni nuova assunzione a tempo pieno di titolari di dottorato di ricerca o di possessori di altro titolo di formazione post-laurea; per ogni nuovo contratto per attività di ricerca commissionata ad università, consorzi e centri interuniversitari. La natura del credito riconosciuto alla G. Macchine s.p.a. e’, invece, relativo alle operazioni industriali di investimento che le società pongono in essere per irrobustire il proprio ruolo produttivo sul mercato. La disciplina di cui al D.Lgs. n. 297 del 1999, si differenzia dalla L. n. 449 del 1997, come pure dalle disposizioni attuative del 1998, in quanto mira ad un duplice obiettivo: rafforzare la competitività tecnologica dei settori produttivi; accrescere la quota di produzione e di occupazione di alta qualificazione. Tali obiettivi non sono contemplati nella L. n. 449 del 1997, sicché è errato estendere all’attività di ricerca in esame, oggetto del presente procedimento, il regime di credito d’imposta scaturente dalla normativa da ultimo richiamata. Del resto, la normativa cronologicamente successiva fa espresso riferimento proprio alle operazioni poste in essere dalla società creditrice, in quanto fra le attività finanziabili di cui al D.Lgs. n. 297 del 1999, art. 3, al comma 1, lett. d), si indicano gli “investimenti di sostegno ad infrastrutture, strutture e servizi per la ricerca industriale, come definite ai sensi dell’art. 1, comma 2, e per la diffusione delle tecnologie: 1. L’affidamento da parte di soggetti industriali e assimilati a laboratori di ricerca esterni pubblici e privati di studi e ricerche sui processi produttivi, di attività applicative dei risultati della ricerca”. Peraltro, il credito d’imposta è stato riconosciuto dal Ministero dell’Università e della ricerca scientifica con decreto in data 19 ottobre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 febbraio 2008, n. 32. Il giudice d’appello ha, invece, erroneamente applicato la L. n. 449 del 1997, e le relative disposizioni attuative, D.M. n. 275 del 1998.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione del termine ultimo per la presentazione della dichiarazione integrativa di cui al combinato disposto del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, nonché violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10”. Invero, premesso che la questione attiene alla sola omessa indicazione del credito d’imposta nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, e non alla effettiva sussistenza del credito, il legislatore non ha indicato alcuna decadenza per il credito d’imposta in questione. Alcuna norma del D.Lgs. n. 297 del 1999, prevede espressamente alcun termine di decadenza entro il quale il contribuente ha l’onere di dichiarare il beneficio di cui intende avvalersi. E’ vero, poi, che la società ha indicato il credito d’imposta in una dichiarazione integrativa successiva all’anno in cui era sorta, e precisamente in data 4 aprile 2011. Tuttavia, da un lato la mancata indicazione nella dichiarazione dei redditi del 2008 del credito d’imposta sorto 2007 non ha arrecato alcun danno all’erario, e dall’altro, la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, pacificamente emendabile. La possibilità di apportare integrazioni alla dichiarazione dei redditi ha come unico limite quello di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, ossia entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione da rettificare.

3. I due motivi, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di stretta connessione sono infondati.

3.1. Invero, la giurisprudenza di legittimità, con varie pronunce, cui si intende dare seguito, ha affermato che, pur essendo possibile, quanto alle mere “dichiarazioni di scienza”, depositare una dichiarazione integrativa, nei limiti di cui al D.M. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8-bis, tuttavia per le manifestazioni di volontà non è in alcun modo consentito modificare la dichiarazione, che è irretrattabile, salvi i limiti di cui all’art. 1428 c.c.. Resta fermo, poi, il principio che, non possono essere superate in alcun modo le decadenze previste dalla normativa speciale.

Pertanto, con specifico riferimento ai crediti di imposta sorti ai sensi della L. 27 dicembre 1997, n. 449, ed alla L. 5 ottobre 1991, n. 117, oltre che del D.M. 22 luglio 1998, n. 275, che dà attuazione alla L. n. 449 del 1997, si è ritenuto che la mancata indicazione nella dichiarazione dei redditi, nel quadro RU, del credito d’imposta sorto nell’esercizio in corso, comportasse la perdita del credito d’imposta, senza che vi fosse alcuna possibilità di sanare la sanzione decadenziale con una successiva dichiarazione in rettifica.

La questione che viene affrontata in questa sede attiene alla pretesa assenza di una sanzione di decadenza, nella diversa ipotesi di credito d’imposta prevista dal D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 287. La ricorrente, quindi, chiede a questa Corte di discostarsi dall’orientamento consolidato, richiamato peraltro anche dalla Commissione regionale, per le pretese differenze ascrivibili al credito d’imposta derivanti dalle peculiari attività finanziate menzionate dal D.Lgs. n. 297 del 1999.

3.2. La L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5, all’epoca vigente (dal 1 settembre 1998 al 31 dicembre 2013) prevede (incentivi per la ricerca scientifica), al comma 1, che “alle piccole e medie imprese, come definite ai sensi della disciplina comunitaria vigente per gli aiuti di Stato alle medesime destinati, alle imprese artigiane e ai soggetti di cui alla L. 5 ottobre 1991, n. 317, art. 17, al fine di potenziarne l’attività di ricerca anche avviando nuovi progetti, è concesso, a partire dal periodo di imposta in corso al 1 gennaio 1998, un credito di imposta pari: a) a 15.000.000 di lire per ogni nuova assunzione a tempo pieno, anche con contratto a tempo determinato…di titolari di dottorato di ricerca o di possessori di altro titolo di formazione post-laurea, conseguito anche all’estero, nonché di laureati con esperienza nel settore della ricerca; b) al 60% degli importi per ogni nuovo contratto per attività di ricerca commissionata ad università, consorzi e centri interuniversitari, enti pubblici e istituzioni di ricerca di cui al D.P.C.M. 30 dicembre 1993, n. 593, art. 8…”. L’ambito di applicazione del credito di imposta, quindi, attiene alle nuove assunzioni di personale particolarmente specializzato ed alla stipulazione di nuovi contratti per attività di ricerca commissionati a peculiari enti pubblici e privati.

La L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 11 (incentivi fiscali per il commercio) effettua poi un preciso rimando alla L. n. 317 del 1991, art. 11 (” il credito di imposta di cui al comma 1, è concesso, nei limiti dello stanziamento disponibile, con le modalità ed i criteri di cui alla L. 5 ottobre 1991, n. 317, art. 10, e alle rispettive disposizioni attuative… Al credito d’imposta si applicano altresì, fatto salvo quanto disposto dal presente art., le disposizioni di cui alla citata L. n. 317 del 1991, artt. 11 e 13″).

3.3. La L. 5 ottobre 1991, n. 317, art. 1 (finalità della legge e definizione di piccola impresa) prevede che “La presente legge ha la finalità di promuovere lo sviluppo, l’innovazione e la competitività delle piccole imprese, costituite anche in forma cooperativa, con particolare riguardo: a) alla diffusione e allo sviluppo delle nuove tecnologie; b) allo sviluppo e all’attività di consorzi e di società consortili tra piccole imprese nonché dei consorzi, delle società consortili e delle cooperative di garanzia collettiva fidi, costituiti da piccole imprese industriali, artigiane, commerciali, turistiche e di servizi”.

La L. n. 317 del 1991, art. 11 (disposizioni tributarie), richiamato espressamente dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 11, al comma 3, prevede, poi, che “il credito d’imposta di cui agli artt. 6, 7, 8 e 9, deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale è concesso il beneficio ai sensi della comunicazione di cui all’art. 10, comma 3, che deve essere allegata alla medesima dichiarazione dei redditi oppure nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta successivo”.

3.4. Il D.M. 22 luglio 1998, n. 275, ha dato attuazione alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5 (cfr. L. n. 449 del 1997, art. 5, comma 7, “con uno o più decreti del ministro delle finanze, emanati di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono determinati le modalità di attuazione del presente articolo, nonché di controllo e regolazione contabile dei crediti di imposta e gli importi massimi per soggetto beneficiario delle agevolazioni”).

Il D.M. 22 luglio 1998, n. 275, art. 6 (modalità di fruizione del credito di imposta”) stabilisce, al comma 1, che “il credito di imposta è indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è concesso”.

4. La giurisprudenza di legittimità, trattando della questione dei crediti di imposta e della emendabilità o meno della dichiarazione dei redditi, all’interno della quale non era stato inserito il credito d’imposta nel quadro RU, con riferimento al D.M. n. 275 del 1998 (Cass., sez. 5, 15 dicembre 2017, n. 30172) oltre che alla L. n. 317 del 1991, art. 11, richiamato dalla L. n. 449 del 1997, art. 11, comma 3 (Cass., sez. 5, 31 gennaio 2017, n. 2395; Cass., sez. 5, 12 gennaio 2018, n. 610; Cass., sez. 5, 17 luglio 2019, n. 19185), ha ritenuto che la sanzione decadenziale comminata espressamente dalle varie disposizioni normative, combinate tra loro, non era in alcun modo superabile con la successiva dichiarazione integrativa, trattandosi di manifestazione di volontà e non di mera dichiarazione di scienza.

5. La precisa indicazione del credito di imposta, di cui si intende beneficiare nella dichiarazione dei redditi (quadro RU), che si richiede alla contribuente, dunque, ai fini della concessione del credito di imposta, come affermato da copiosa giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. 5, 15 dicembre 2017, n. 30172; Cass., sez. 5, 12 gennaio 2018, n. 610; Cass., 30 novembre 2018, n. 31052), cui si intende aderire, non costituisce una mera dichiarazione di scienza, attraverso cui far valere un credito scaturente dal fisiologico susseguirsi delle ordinarie poste fiscali riportate nelle dichiarazioni, ma integra un atto negoziale, in quanto diretto a manifestare la volontà di avvalersi del beneficio fiscale in ragione dell’affermazione (che in sé sottende anche un impegno) della rispondenza dell’attività svolta alle finalità perseguite dal legislatore.

Tale espressa dichiarazione è strumentale anche all’espletamento delle successive congruenti verifiche da parte dell’Amministrazione finanziaria, sicché la decadenza prevista dal D.M. 22 luglio 1998, n. 275, art. 6, comma 1, appare logicamente coerente con la scelta di accordare il beneficio in rapporto all’esercizio fiscale interessato.

Del resto, si è affermato che, in un contesto di tal genere, il legislatore è libero di orientare la propria scelta stabilendo altresì le condizioni per la fruizione del beneficio medesimo, in rapporto alla correlata ratio di definire entro un tempo egualmente determinato l’onere finanziario inerente, altrimenti suscettibile di rimanere sospeso a tempo indefinito (Cass., 14 novembre 2012, n. 19868; Cass., 24 ottobre 2014, n. 22673).

Deve escludersi, quindi, in radice, che possa trovare applicazione, con riferimento al beneficio in oggetto, il principio della generale emendabilità delle dichiarazioni e ciò sia che a tale emenda si voglia procedere attraverso dichiarazione integrativa D.P.R. n. 322 del 1998, ex art. 2, sia che si voglia procedere per mezzo di istanza di rimborso D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 (Cass., sez. 5, 13 agosto 2020, n. 17042).

4.1. Pertanto, deve confermarsi l’orientamento di legittimità per cui, sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza, e possono quindi essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, nondimeno, quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’Erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile, anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’Amministrazione (Cass., 22 gennaio 2013, n. 1427; Cass., 11 maggio 2012, n. 7294; Cass., sez. 5, 12 ottobre 2018, n. 25596, in applicazione del principio, ha ritenuto non emendabile, nell’anno di imposta 2011, mediante dichiarazione integrativa, la dichiarazione relativa all’anno 2008, mediante la quale il contribuente aveva esercitato l’opzione relativa al trattamento fiscale dei costi deducibili ai fini della determinazione dell’acconto IRAP per l’anno precedente).

4.2. Del resto, per questa Corte, a sezioni unite, il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze, come nell’ipotesi prevista nel D.M. 22 luglio 1998, n. 275, il quale, all’art. 6, stabilisce che il credito d’imposta è indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale il beneficio è concesso (Cass., sez.un., 30 giugno 2016, n. 13378, paragrafo 23; Cass., 26 aprile 2017, n. 10239; Cass., 19 gennaio 2016, n. 883).

4.3. Pertanto, sulla base della citata pronuncia delle sezioni unite di questa Corte, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (Cass., sez. un., n. 13378/2016).

4.4. Va, quindi, specificato che sia il principio di generale emendabilità delle dichiarazioni dei redditi (Cass., sez.un., n. 15063 del 2002), sia la specificazione che ne fa questa Corte, a sezioni unite (Cass., sez.un., n. 13378/16), muovono dalla considerazione della dichiarazione dei redditi come atto non negoziale e non dispositivo, recante una mera esternazione di scienza e di giudizio, ma non sono invocabili nel diverso campo delle dichiarazioni aventi contenuto e valore negoziale, in relazione alle quali eventuali errori della volontà espressa dal contribuente assumono rilevanza soltanto ove sussistano i requisiti di essenzialità e riconoscibilità ex art. 1428 c.c..

In tali ipotesi, la possibilità di rimediare all’errore attraverso istanza di rimborso e’, dunque, da escludere, non già per una impropria confusione dei piani dell’accertamento e della riscossione (e dunque per una non corretta estensione all’istanza di rimborso di decadenze previste per l’emenda o integrazione della dichiarazione dei redditi), ma ben diversamente, e in radice, per l’impossibilità di procedere ad emenda di una dichiarazione negoziale, se non nei ristretti limiti della rilevanza dell’errore negli atti negoziali.

Come affermato dalle sezioni unite di questa Corte (Cass., sez. un., n. 13378/2016, paragrafo 23) il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire decadenze, come proprio nell’ipotesi prevista dal D.M. n. 275 del 1998, art. 6. Tale precisazione, in quanto espressamente riferita all’ipotesi del credito d’imposta per l’incentivo alla ricerca scientifica, non può intendersi limitata al campo dell’accertamento, con esclusione pertanto della rilevanza della decadenza rispetto alle forme di emenda che da tale ambito prescindano (istanza di rimborso, contenzioso), una tale lettura apparendo impedita se non altro dalla citazione, quale precedente conforme, di Cass. n. 19868 del 2012, che esclude espressamente l’invocabilità del principio di generale emendabilità per la dichiarazione fiscale, anche in sede contenziosa. Pertanto, una volta che la contribuente ha omesso l’indicazione del credito per l’incentivo alla ricerca scientifica nella dichiarazione relativa all’anno di imposta cui lo stesso si riferisce, i giudici di merito correttamente ne hanno escluso l’emendabilità, a favore della contribuente, attraverso la dichiarazione integrativa.

5. Ne’ può trovare applicazione e il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, dopo l’innovazione di cui al D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito in L. 1 dicembre 2016, n. 225, il quale prevede che “resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, determinando l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minore credito”.

Infatti, da un lato, si rileva che tale disposizione consente la possibilità per il contribuente di far valere in sede di giudizio tributario eventuali errori commessi nella dichiarazione, ma non supera il principio affermato dalle sezioni unite di questa Corte, che limita tale facoltà solo in caso di emenda di dichiarazioni di scienza e non di volontà, e dall’altro, che tale norma ha efficacia innovativa, ma non di interpretazione autentica (cfr. Cass., 30 novembre 2018, n. 31052).

6. I medesimi principi, però, contrariamente all’assunto di parte ricorrente, devono regolare anche la disciplina del credito d’imposta di cui al D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297 (riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori).

Invero, la L. n. 297 del 1999, art. 1, nella versione all’epoca vigente (articolo abrogato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 63, comma 1, lett. b)), prevede (campo di applicazione) che “al fine di rafforzare la competitività tecnologica dei settori produttivi e di accrescere la quota di produzione e di occupazione di alta qualificazione…il presente titolo, nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di aiuti di Stato per la ricerca e lo sviluppo e per quanto di competenza del Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica (MURST), disciplina gli interventi di sostegno alla ricerca industriale, alla connessa formazione e alla diffusione delle tecnologie derivanti dalle medesime attività”.

Il D.Lgs. n. 297 del 1999, art. 3, comma 1, (attività finanziabili), prevede che “sono ammissibili per: a) gli interventi di sostegno su progetti o programmi di ricerca industriale…; b) altri interventi di sostegno su progetto o programma: 1) Le attività di ricerca industriale, sviluppo pre-competitivo, diffusione di tecnologie, fino all’avvio e comunque finalizzate a nuove iniziative economiche ad alto contenuto tecnologico, per l’utilizzazione industriale dei risultati della ricerca da parte di soggetti assimilati in fase di avvio… c) interventi di sostegno all’occupazione della ricerca industriale, come definite ai sensi dell’art. 1, comma 2, alla mobilità temporanea dei ricercatori e alla connessa diffusione delle tecnologie: 1) le assunzioni di titolari di diploma universitario, di diploma di laurea, di specializzazione e di dottorato di ricerca per avviamento ad attività di ricerca, da parte di soggetti industriali e assimilati…; d) interventi di sostegno ad infrastrutture, strutture e servizi per la ricerca industriale”.

Pertanto, non è vero quanto affermato dalla società, per cui alla normativa di cui al D.Lgs. n. 297 del 1999, sarebbe estraneo l’incentivo all’occupazione, soprattutto di alta qualificazione, in quanto, l’art. 3, comma 1, alla lett. c), fa proprio riferimento agli “interventi di sostegno all’occupazione della ricerca industriale”, con particolare riguardo alle “assunzioni di titolari di diploma universitario”, oltre alle altre categorie sopraindicate.

Inoltre, il D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297, all’art. 4, comma 1, si fa riferimento espressamente anche ai crediti di imposta di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5 (“sono strumenti di intervento: a) i contributi a fondo perduto; b) il credito agevolato; c) i contributi in conto interessi; d) i crediti di imposta ai sensi della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5, con le integrazioni di cui al comma 2; e) le prestazioni di garanzie…”).

Il D.Lgs. n. 297 del 1999, art. 4, comma 2, fa ancora riferimento ai crediti di imposta di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5, i quali “possono essere erogati anche per le attività di cui all’art. 3, comma 1, lett. b), n. 1), anche con riferimento agli utili e alle plusvalenze derivanti dalle partecipazioni ivi previste… in conformità ad apposite modifiche e integrazioni del D.I. 22 luglio 1998, n. 275, nonché nei limiti delle disponibilità finanziarie di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5, comma 7”. Pertanto, vi è anche il richiamo al D.M. n. 275 del 1998.

6.1. Il D.Lgs. n. 297 del 1999, art. 6 (modalità di attuazione), poi, al comma 3, richiama in modo espresso la disciplina del credito d’imposta di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449 (“per la concessione dei crediti di imposta per ricerca e sviluppo pre competitivo si applicano le disposizioni di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5, e successive modificazioni e integrazioni, nonché del D.I. 22 luglio 1998, n. 275, fatta salva la facoltà di modificare con i decreti di cui al comma 2, nel limite delle risorse finanziarie disponibili, gli importi delle agevolazioni e la loro cumulabilità”).

7. Pertanto, a seguito dei continui rimandi da parte del D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297, alla disciplina generale di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, oltre che alla L. 5 ottobre 1991, n. 117, ed al D.M. n. 275 del 1998, che dà attuazione alla L. n. 449 del 1997, non può che essere stato richiamato anche il D.M. n. 275 del 1998, art. 6, oltre che la L. n. 317 del 1991, art. 11, entrambi con la previsione, a pena di decadenza, di esporre il credito d’imposta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale è concesso il beneficio (in tal senso vedi anche Cass., sez. 5, 16 giugno 2021, n. 16998).

8. Trattandosi di questione di particolare importanza deve essere enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di imposte sui redditi, la indicazione del credito di imposta, di cui si intende beneficiare nella dichiarazione dei redditi, all’interno del quadro RU, è richiesta a pena di decadenza con riferimento ai crediti sorti ai sensi della L. 27 dicembre 1997, n. 449, ed alla L. 5 ottobre 1991, n. 1997, oltre che al D.M. 22 luglio 1998, n. 275; la medesima sanzione della decadenza opera anche per il credito di imposta di cui al D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 287, che, da un lato, attiene oltre che agli investimenti diretti delle società nella ricerca industriale, anche agli interventi di sostegno all’occupazione, e, dall’altro, con gli artt. 4 e 6, rimanda in modo espresso alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5, ed al D.M. 22 luglio 1998, n. 275, con conseguente applicazione anche della prevista sanzione della decadenza”.

9. In assenza di attività processuale da parte dell’Agenzia delle entrate non si provvede sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

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