Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3426 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3426 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: SPIRITO ANGELO

Data pubblicazione: 14/02/2014

SENTENZA

sul ricorso 9196-2008 proposto da:
DE CRISTOFARO ENNIO DCRNNE50H19L591J, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA VALADIER 43, presso lo studio
dell’avvocato LIZZA EGIDIO, rappresentato e difeso
dall’avvocato PORTOGHESE ANTONIO giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI
INFORTUNI SUL LAVORO (INAIL) 01165400589, in persona
del Dirigente con incarico di livello generale Dr.
/(
1

MAURO FANTI,

Direttore reggente della Direzione

Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio
dell’avvocato TARANTINO CRISTOFARO, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato ROSSI ANDREA giusta

– controricorrente nonchè contro

PRISCO COSIMO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1050/2007 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 06/04/2007, R.G.N. 3864/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2013 dal Consigliere Dott. ANGELO
SPIRITO;
udito l’Avvocato ANDREA ROSSI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

2

delega in atti;

R.G. 9196/08

Svolgimento del processo

Il De Cristofaro, capo operaio della ditta edile Prisco, ordinò al lavoratore Giannini di scendere in una trincea, la quale
franò, con conseguente morte del lavoratore. Il De Cristofaro

nini.
L’INPS citò, allora, in giudizio il De Cristofaro per ottenerne al condanna al rimborso della somma versata agli eredi del
Giannini. Il primo giudice respinse la domanda, con sentenza
poi riformata dalla Corte d’appello di Napoli.
Propone ricorso per cassazione il De Cristofaro attraverso tre
motivi. Risponde con controricorso l’INAIL, il quale deposita
memoria per l’udienza.
Motivi

della decisione

La sentenza impugnata è stata depositata in data 6 aprile
2007, sicché il ricorso soggiace al regime dell’art. 366 bis
c.p.c.
Il primo motivo denunzia l’omessa motivazione (art. 360, n. 5
c.p.c.) per il mancato esame della censura relativa alla mancata affermazione della responsabilità del Prisco, ex art.
2049 c.c., quale datore di lavoro della vittima. Il motivo è
inammissibile, siccome la questione avrebbe dovuto essere prospettata come violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione
all’art. 360, n. 4 c.p.c. (cfr. Cass. n. 17931/2013).

Cons. p ito est.

3

fu condannato in sede penale per l’omicidio colposo del Gian-

R.G. 9196/08

Con il secondo motivo il ricorrente, nel censurare la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 1228, 2043, 2049
c.c. e 185 c.p.c., chiede di sapere “se la responsabilità penale di un lavoratore e/o operaio (accertata con sentenza pe-

l’operatività (in sede civile) della responsabilità oggettiva
ex art. 2049 c.c. del datore di lavoro”.
Il motivo è inammissibile per carenza d’interesse, posto che
nei confronti del terzo danneggiato la responsabilità del datore di lavoro per fatto altrui (ossia del lavoratore) concorre con quella del lavoratore. Sicché, quest’ultimo, nei confronti del terzo, è un debitore solidale, tenuto a corrispondere l’intera somma risarcitoria se così richiesto dal danneggiato. Solo nel rapporto interno l’azione di regresso va rapportata al grado di colpa (cfr. a riguardo Cass. n. 15431/05).
Il terzo motivo, nel lamentare la violazione degli artt. 2697
c.c., 652, 115 e 116 c.p.c., chiede di sapere “se passata in
giudicato una sentenza penale di condanna questa possa da sola
fondare il convincimento del giudice civile in un giudizio di
risarcimento del danno o piuttosto debba costituire solo una
fonte di prova implicando un accertamento che richiede un accurato esame ed apprezzamento che concorre con altri elementi
a formare il convincimento del giudice e se una sentenza penale di condanna divenuta cosa giudicata possa da sola fondare
la responsabilità civile dell’imputato condannato se la rico-

Cons. Si oest.

4

nale di condanna divenuta cosa giudicata) escluda

R. G. 9196/08

struzione del fatto costituente reato come risulta dalla sentenza penale stessa risulta esser contrastante con tutte le
risultanze istruttorie raccolte nel corso dello stesso procedimento penale”.

danna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di
giudicato (quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che
l’imputato lo ha commesso) nel giudizio civile per il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato (art.
651 c.p.p.). Ne consegue che non sono apprezzabili dal giudice
civile le prove raccolte in sede penale (cfr. Cass. n.
14770/04).
In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna
del ricorrente a rivalere la controparte delle spese sostenute
nel giudizio di cassazione.
Per questi motivi

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in
complessivi C 7200,00, di cui C 7000,00 per compensi, oltre
spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, 1’11 dicembre 2013

Il Pre

ente

Il motivo è infondato. La sentenza penale irrevocabile di con-

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