Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34259 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. II, 15/11/2021, (ud. 01/04/2021, dep. 15/11/2021), n.34259

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20445-2019 proposto da:

H.M., rappresentato e difeso dall’avv. ANDREA MAESTRI, e

domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il

12/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/04/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 12.06.2019 la Corte di Appello di Bologna ha respinto il reclamo proposto avverso il provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Bologna, con il quale era stata rigettato la richiesta, avanzata da H.M., nella qualità di genitore dei minori H.A. (nato a (OMISSIS)) e Hj.Ar. (nata a (OMISSIS)), ad essere autorizzato a permanere in Italia ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3, nell’interesse dei minori.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione di rigetto H.M., affidandosi ad un unico motivo.

Il Ministero dell’Interno, intimato, ha depositato atto di costituzione ai fini della partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 8 della Convenzione E.D.U. e art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, nonché degli artt. 2,3,29,30,31 e 32 Cost., D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 2,38 e 31, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la Corte di Appello non avrebbe operato un corretto bilanciamento tra le esigenze di ordine pubblico e il superiore interesse dei minori a vivere con entrambe le figure genitoriali.

La censura, alla luce della modalità con cui essa è stata in concreto formulata, è inammissibile.

Il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3, subordina espressamente la possibilità di autorizzare “l’ingresso o la permanenza del familiare…. anche in deroga alle altre disposizioni” del medesimo decreto, all’accertamento di un grave e preminente interesse del minore in tal senso. Ai fini del rilascio di tale autorizzazione e’, dunque, necessario porre al centro la vulnerabilità del minore, gravando conseguentemente sul ricorrente l’onere di allegare il concreto pregiudizio che deriverebbe al minore stesso ove il familiare fosse impossibilitato ad entrare in Italia ovvero non vi potesse rimanere in assenza di un valido titolo di soggiorno. Nel motivo proposto dal ricorrente, costui non evidenzia alcun profilo di vulnerabilità riferito direttamente alla prole minore: si limita, infatti, ad allegare – peraltro in termini assai generici – una condizione di difficoltà del nucleo familiare, dipendente dal fatto che la madre, regolarmente presente in Italia, è l’unica percettrice di reddito, e dunque ha esigenza del supporto del marito – che, invece, non riesce a reperire un’occupazione stabile in ragione della sua presenza irregolare sul territorio nazionale – per l’accudimento dei bambini. Tale prospettiva, tuttavia, pone al centro le esigenze dei genitori, piuttosto che quelle dei minori, e dunque è apertamente in conflitto con i principi ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “I gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, che consentono la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del suo familiare, secondo la disciplina prevista dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, devono consistere in situazioni oggettivamente gravi, comportanti una seria compromissione dell’equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso il rilascio della misura autorizzativa; la normativa in esame non può quindi essere intesa come volta ad assicurare una generica tutela del diritto alla coesione familiare del minore e dei suoi genitori. Sul richiedente l’autorizzazione incombe, pertanto, l’onere di allegazione della specifica situazione di grave pregiudizio che potrebbe derivare al minore dall’allontanamento del genitore” (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 773 del 16/01/2020, Rv. 656450; conf. Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 9391 del 16/04/2018, Rv. 649062).

Ne’ viene dedotta, in termini specifici, alcuna vulnerabilità del nucleo familiare in quanto tale, che pure avrebbe potuto rilevare, alla luce di alcune tra le più recenti pronunce di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22832 del 20/10/2020, Rv. 659373).

Nel caso di specie, la Corte di Appello, considerando non “… evidenziata la situazione di concreto pregiudizio che deriverebbe ai minori dal rimpatrio del genitore…” (cfr. pag. 4 del decreto impugnato) e valorizzando quanto osservato dal Tribunale per i Minorenni, secondo cui “… i periodi di lontananza del padre a causa dei periodi di carcerazione subita non hanno di fatto influito sulla integrazione dei minori anche a causa della presenza della supportante figura materna…” (cfr. pagg. 1 e 2 del decreto impugnato), ha ritenuto non sussistenti i “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico” dei minori che, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 31, comma 3, sono richiesti ai fini dell’autorizzazione del genitore a rimanere sul territorio nazionale, in deroga alla disciplina generale in materia di ingresso e permanenza in Italia. Tale valutazione, che costituisce un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non è utilmente sindacabile in sede di legittimità (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 277 del 09/01/2020, Rv. 656502).

Da quanto precede deriva l’inammissibilità del ricorso.

Nulla per le spese, in difetto di notificazione di controricorso da parte del Ministero dell’Interno nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 1 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

 

 

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