Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34257 del 21/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 21/12/2019), n.34257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3380/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

S.R., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Bartolomeo

Gastaldi n. 1, presso lo studio dell’avv. Claudio Benucci,

rappresentata e difesa dall’avv. Carmaldo Strada giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 134/43/10, depositata il 16 dicembre 2010.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre

2019 dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con la sentenza n. 134/43/10 del 16/12/2010, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (hinc CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 71/31/04 della Commissione tributaria provinciale di Milano (hinc CTP), che aveva accolto i ricorsi proposti da S.R. nei confronti di due avvisi di accertamento per IVA, IRPEF e ILOR relativi all’anno 1997;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) gli avvisi di accertamento erano stati emessi perchè S. aveva effettuato acquisti comunitari e vendite sul mercato interno per somme ingenti, senza attenersi alla normativa tributaria; b) la CTP accoglieva i ricorsi riuniti del contribuente, ritenendo quest’ultimo estraneo ai fatti contestatigli; c) l’Agenzia delle entrate proponeva appello avverso la sentenza della CTP;

1.2. la CTR motivava il rigetto dell’appello osservando che il giudice per le indagini preliminari aveva archiviato il procedimento penale acceso nei confronti di S.R., sicchè il contribuente doveva ritenersi “estraneo ai fatti addebitati che hanno portato all’accertamento dell’evasione fiscale contestata”;

2. l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

3. S.R. resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce il difetto di giurisdizione del giudice tributario, in violazione dell’art. 9 c.p.c., comma 2, e del D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, evidenziando che la CTR non avrebbe potuto pronunciarsi – nemmeno in via incidentale – sulla querela di falso, materia appartenente alla giurisdizione ordinaria;

2. il motivo è inammissibile;

2.1. la CTR non ha in alcun modo, nemmeno in via incidentale, dichiarato la falsità dei documenti cui fa riferimento parte ricorrente, compiendo un accertamento che non è di sua competenza, ma si è limitata ad escludere la responsabilità del ricorrente per i fatti contestati in ragione delle emergenze conseguenti all’assoluzione nel giudizio penale;

2.2. neppure è mai stata formalmente proposta querela di falso e, specularmente, l’Agenzia delle entrate non ha mai chiesto la verificazione dell’autenticità delle sottoscrizioni apposte da S. in calce ai documenti contestati dal contribuente;

2.3. il motivo proposto non coglie, pertanto, la ratio decidendi della sentenza impugnata;

3. con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che il giudice di appello avrebbe Concluso per la estraneità del contribuente ai fatti contestati traendo argomento unicamente dal provvedimento penale di archiviazione, che non fa stato nel processo tributario;

4. con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, non avendo il giudice di appello indicato le ragioni per le quali il provvedimento penale di archiviazione sarebbe dirimente per escludere la responsabilità del contribuente;

5. i due motivi, che possono essere unitariamente esaminati, sono fondati;

5.1. secondo l’orientamento di questa Corte, “in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorchè i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sè inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; ne consegue che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio” (Cass. n. 28174 del 24/11/2017; conf. Cass. n. 10578 del 22/05/2015);

5.1.1. in buona sostanza, “la sentenza penale irrevocabile intervenuta per reati attinenti ai medesimi fatti su cui si fonda l’accertamento degli uffici finanziari rappresenta un semplice elemento di prova, liberamente valutabile in rapporto alle ulteriori risultanze istruttorie, anche di natura presuntiva” (Cass. n. 2938 del 13/02/2015; si veda anche Cass. n. 4924 del 27/02/2013);

5.2. la CTR non si è attenuta ai superiori principi di diritto: da un lato, ha attributo efficacia probatoria assoluta al provvedimento di archiviazione reso dal giudice delle indagini preliminari, apparentemente nemmeno in materia di reati fiscali (la CTR fa riferimento al delitto di simulazione di reato, peraltro indicando un articolo del codice penale non corrispondente a detto reato); dall’altro ha omesso di spiegare le ragioni per le quali, tenuto conto degli altri elementi istruttori acquisiti, l’accertamento contenuto nel menzionato provvedimento di archiviazione sia idoneo ad escludere qualsiasi responsabilità di S.R. in ordine alle contestazioni di cui agli accertamenti impugnati;

5.3. vale appena la pena di evidenziare che Cass. n. 21974 del 28/10/2015, che ha definito in favore del contribuente il giudizio concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento IRPEF, IRAP e IVA relativo all’anno di imposta 1998, non ha alcuna efficacia di giudicato nel presente procedimento, non solo perchè riguarda una diversa annualità d’imposta senza che vi sia prova della identicità della questione sollevata (si veda, ad es., Cass. n. 4595 del 22/02/2017; Cass. n. 8075 del 03/04/2013), ma soprattutto per la differente motivazione della sentenza impugnata, per come si evince dalla stessa sentenza di questa Corte allegata dal controricorrente;

6. in conclusione, vanno accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso e la sentenza impugnata va cassata in parte qua e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 21 dicembre 2019

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