Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34252 del 21/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 21/12/2019), n.34252

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15549/15 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici domicilia in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12.

– ricorrente –

Contro

C.M.L., in proprio, in qualità di già socia, ed

altresì in qualità di già liquidatore della ERREPI S.R.L. in

liquidazione, rappresentata e difesa in forza di procura speciale

rilasciata a margine del controricorso dall’Avv. Giovanni Porzio ed

elettivamente domiciliata in Roma alla Via Dei Banchi Nuovi n. 39

presso lo Studio dell’Avv. Renato Mariani.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1446/38/14, della Commissione Tributaria

Regionale del Piemonte, depositata il 15 dicembre 2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10 settembre 2019 dal Consigliere Grasso Gianluca.

Fatto

RITENUTO

che:

– la società Errepi S.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore, ha impugnato il diniego di rimborso Iva relativo all’anno d’imposta 2007 per l’importo di Euro 19.831,00, a seguito di cessazione dell’attività;

– la Commissione tributaria provinciale di Novara ha accolto il ricorso, annullando l’atto impugnato e riconoscendo alla contribuente il diritto al rimborso;

– la Commissione tributaria regionale del Piemonte ha respinto l’appello, ritenendo che il combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38 bis e del D.M. 26 febbraio 1992, art. 5, poteva ritenersi rispettato nella fattispecie poichè il giroconto del credito a patrimonio, anche se non ne consentiva la separata evidenziazione, ne attestava comunque la presenza in bilancio, con la conseguenza che il rimborso doveva considerarsi dovuto;

– l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi;

– C.M.L. in proprio, in qualità di già socia, e in qualità di già liquidatore della Errepi S.r.l. in liquidazione resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– nessun rilievo assume l’eccezione formulata nell’ambito del controricorso in relazione alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, che sarebbe stato notificato soltanto presso la residenza C.M.L. e non nel domicilio processuale eletto poichè l’art. 330 c.p.c., comma 1, va interpretato nel senso che l’impugnazione, quando non sia stata preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata (ovvero se non contenga l’elezione di domicilio o la dichiarazione di residenza), può essere notificata alla parte in uno qualsiasi dei luoghi indicati nella citata disposizione, presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio, a scelta della parte impugnante, dovendosi escludere che la norma prescriva un tassativo ordine di successione dei luoghi suddetti, anzichè un concorso alternativo degli stessi (Cass. 31 luglio 2007, n. 16925);

con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione degli art. 75,83 e 110 c.p.c., nonchè dell’art. 2495 c.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 Parte ricorrente deduce che la Errepi s.r.l., già in liquidazione dal 20 giugno 2007 (atto iscritto nel registro delle imprese in data 1 agosto 2007), dopo aver cessato di fatto l’attività in data 31 dicembre 2007, è stata cancellata dal registro delle imprese il 10 settembre 2008, in epoca anteriore alla proposizione del ricorso di primo grado. Vi sarebbe stato pertanto un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre a una pronuncia declinatoria del merito, mentre, erroneamente, il giudice d’appello ha ritenuto di non poter dichiarare inammissibile il ricorso di primo grado in quanto il corrispondente motivo di impugnazione articolato dall’Ufficio avrebbe introdotto nel processo una questione nuova e, dunque, come tale inammissibile;

– il motivo è fondato;

– non sussistono i profili di inammissibilità denunciati nel controricorso, essendo stata la doglianza compiutamente formulata nell’atto introduttivo;

– ai sensi dell’art. 2495 c.c. (nel testo risultante dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la cui entrata in vigore è stata fissata al 1 gennaio 2004), l’iscrizione della cancellazione di società di capitali nel registro delle imprese comporta l’estinzione della società, restando irrilevante l’eventuale esistenza di rapporti giuridici ancora pendenti (Cass. 21 dicembre 2018, n. 33278). Come noto, le Sezioni Unite hanno riconosciuto alla norma “effetto espansivo” anche alle società di persone, di modo che anche per esse si produce l’effetto estintivo conseguente alla cancellazione, sebbene per queste ultime la relativa pubblicità conservi natura dichiarativa. E ciò anche per le cancellazioni che abbiano avuto luogo anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova formulazione della norma, con effetto però in tal caso da quest’ultima data: 1 gennaio 2004 (Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2010, n. 4062). Tale effetto, nel caso di specie, deve riconoscersi prodotto in conseguenza dell’intervenuta cancellazione dal registro delle imprese della società di capitali di che trattasi prima della proposizione del giudizio di primo grado;

– va subito chiarito, con riguardo all’effetto estintivo delle società (di persone e di capitali) conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese in base alla riforma del diritto societario attuata dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, che il successivo D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) nè efficacia retroattiva, sicchè il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.c., comma 2 – operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi – si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente” (Cass. n. 6743/15, n. 15648/15, n. 7923/16, n. 8140/16, n. 11100/17);

– ciò premesso, deve darsi seguito al consolidato orientamento per cui in tema di contenzioso tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicchè eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito (Cass. n. 21125/2018) trattandosi di impugnazione improponibile, poichè l’inesistenza del ricorrente è rilevabile anche d’ufficio (Cass. n. 21188/14, n. 5736/16, n. 20252/15), non essendovi spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato, proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto (Cass. n. 19142/16; v. anche Cass. n. 2444/17, per l’inesistenza del ricorso proposto da una società estinta);

– nel caso di specie, il ricorso originario avverso il diniego di rimborso Iva, per l’anno 2007, è stato proposto da parte di C.M.L. nella qualità di liquidatore della cessata società Errepi s.r.l. in liquidazione e non come socia, con conseguente difetto della sua capacità processuale e legittimazione a rappresentare la società ormai estinta, mentre alcun rilievo riveste la circostanza che la stessa si sia personalmente costituita nel corso del giudizio di secondo grado;

– l’accoglimento del primo motivo, rende inutile la trattazione del secondo (violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38bis e del D.M. 26 febbraio 1992, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sul rilievo del documento denominato “bilancio finale di liquidazione”), con assorbimento di quest’ultimo;

– in conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, con cassazione, senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., comma 3, della sentenza impugnata, non potendo l’azione essere promossa;

– le spese processuali dell’intero giudizio vanno compensate, per il consolidarsi soltanto in corso di causa dell’orientamento di legittimità in materia.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso; assorbito il secondo; cassa senza rinvio la sentenza impugnata; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2019

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