Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34251 del 20/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 20/12/2019), n.34251

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorsi riuniti iscritti rispettivamente:

– al n. 18688/2012 R.G. proposto da:

M.L., elettivamente domiciliato in Roma, viale Bruno Buozzi

n. 99, presso lo studio dell’avv. Fabrizio Criscuolo che lo

rappresenta e difende con gli avv.ti Luigi Caravita e Cesare Greco,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 15/01/12 della Commissione tributaria

regionale di Catanzaro 1, depositata in data 23 gennaio 2012;

– al n. 18689/2012 R.G. proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in Roma, viale Bruno

Buozzi n. 99, presso lo studio dell’avv. Fabrizio Criscuolo che lo

rappresenta e difende con gli avv.ti Luigi Caravita e Cesare Greco,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 16/01/12 della Commissione tributaria

regionale di Catanzaro 1, depositata in data 23 gennaio 2012;

– al n. 18690/2012 R.G. proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in Roma, viale Bruno

Buozzi n. 99, presso lo studio dell’avv. Fabrizio Criscuolo che lo

rappresenta e difende con gli avv.ti Luigi Caravita e Cesare Greco,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 17/01/12 della Commissione tributaria

regionale di Catanzaro 1, depositata in data 23 gennaio 2012;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 maggio

2019 dal Consigliere Paolo Fraulini.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale per la Calabria in Catanzaro, con le coeve sentenze sopra indicate, ha confermato le sentenze di primo grado che avevano parzialmente accolto il ricorso proposto da M.L., M. e G., in qualità di (ex) soci della Tirrenica Costruzioni di M.L. & C. s.a.s., riducendo l’importo ripreso a tassazione per maggiori ricavi imputato alla predetta società e i conseguenti avvisi di accertamento per maggior reddito da partecipazione rispettivamente imputati agli odierni ricorrenti (avviso n. (OMISSIS) per M.L.; avviso n. (OMISSIS) e cartelle di pagamento n. (OMISSIS), n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) per M.M.; avviso n. (OMISSIS) e cartelle di pagamento n. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per M.G.), tutti relativi all’anno di imposta 2004.

2. Per quanto ancora rileva in questa fase, la CTR ha osservato che le notificazioni alla società dei provvedimenti opposti dovevano ritenersi legittimamente effettuate nonostante l’avvenuta precedente cancellazione della predetta dal registro delle imprese, atteso che l’effetto estintivo previsto dall’art. 2495 c.c., si verifica solo per le società di capitali e non per quelle di persone, per le quali la pubblicità del Registro ha natura dichiarativa e non costitutiva. Nel merito, ha rilevato che la società si era sottratta al contraddittorio amministrativo, omettendo di fornire le informazioni richieste dall’Amministrazione fiscale, nè aveva provato la legittimità del relativo scostamento rispetto allo studio di settore legittimamente applicato, che quindi poteva costituire valida prova del maggior reddito imponibile.

3. Per la cassazione della citata sentenza M.L., M. e G. ricorrono con tre identici motivi, resistiti dall’Agenzia delle Entrate con controricorso.

4. I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi lamentano:

a. Primo motivo: “erronea e falsa applicazione e interpretazione dell’art. 2495 c.c.. Errore di notifica” deducendo l’erroneità della sentenza laddove ha ritenuto che l’effetto estintivo della cancellazione delle società dal Registro delle Imprese sia limitata alle società di capitali e non si estenda alle società di persone, con conseguente mancato rilievo della nullità della notificazione dell’avviso di accertamento alla società e di tutte le comunicazioni effettuate nella fase amministrativa presso la sede sociale, con connessi effetti anche sugli accertamenti di maggior reddito da partecipazione notificati ai singoli soci.

b. Secondo motivo: “falsa interpretazione ed applicazione del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62 sexies. Insufficiente motivazione dello studio di settore come sistema di presunzioni semplici non sufficienti, vizio di motivazione della sentenza della CTR” deducendo l’erroneità della sentenza per aver ritenuto valida prova lo studio di settore, laddove nella fase amministrativa il contraddittorio tra le parti era stato interrotto per il comportamento poco collaborativo dell’Amministrazione finanziaria, non disposta a rivedere i criteri dello studio applicato.

c. Terzo motivo: “mancanza corrispondenza tra chiesto e deciso. Errore di decisione” deducendo l’erroneità della sentenza per aver semplicemente convalidato la rideterminazione del reddito effettuata dal giudice di primo grado, senza fornire alcuna motivazione in proposito, con specifico riguardo alle modalità di ricalcolo.

2. L’Agenzia delle Entrate ha argomentato l’infondatezza dei ricorsi, di cui ha chiesto il rigetto.

3. Deve preliminarmente rilevarsi che in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto da uno dei soci riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento (Cass., Sez. Unite, Sentenza n. 14815 del 04/06/2008). Tuttavia, nella specie è perfettamente applicabile il condivisibile principio affermato da questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 29843 del 13/12/2017) secondo cui, nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: 1) identità oggettiva quanto a “causa petendi” dei ricorsi; 2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; 3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; 4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 2, e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perchè non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio. Tanto legittima la disposta riunione dei giudizi.

4. I ricorsi vanno respinti, sebbene la motivazione della

sentenza impugnata vada corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4. La Tirrenica Costruzioni di M.L. & C. s.a.s. si è sciolta in data 28 dicembre 2005; tale evento è stato iscritto nel registro delle Imprese in data 13 febbraio 2006. Tutti gli atti impositivi oggetto del presente giudizio sono stati notificati alla società e ai soci nel corso del 2008.

5. In tale contesto deve rilevarsi che:

5.1) L’art. 2495 c.c. (nel testo risultante dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 17 gennaio 2003, n. 6) prevede un effetto estintivo della società di capitali per effetto dell’iscrizione della cancellazione nel registro delle imprese. Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza 22/02/2010, n. 4062) hanno riconosciuto alla norma un “effetto espansivo” anche alle società di persone, di modo che anche per esse si produce l’effetto estintivo conseguente alla cancellazione, sebbene per queste ultime la relativa pubblicità conservi natura dichiarativa. In tal senso va corretta la motivazione della sentenza impugnata, che ha invece erroneamente ritenuto che l’art. 2495 c.c., si applichi alle sole società di capitali.

5.2) Gli effetti di tale espansione nella disciplina tributaria sono però diversi da quelli del diritto comune, tenuto conto delle specificità della materia, sicchè il dispositivo di rigetto del ricorso è conforme a diritto, per le considerazioni che seguono.

5.3) Nel diritto tributario vige la regola, mutuata dalla previsione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 3, per cui il ruolo può formarsi anche nei confronti di una persona fisica defunta, comportando tale circostanza la legittimazione automatica degli eredi a contraddire sul punto, sia in fase amministrativa che giurisdizionale. Questa Sezione (Sentenza n. 31037 del 28/12/2017) ha affermato il condivisibile principio, che va qui ribadito, secondo cui non v’è motivo per non affermare identica regola anche nell’ipotesi in cui il soggetto estinto sia una società, ancorchè di persone, valendo anche per essa il medesimo rilievo per cui la medesima norma non richiede l’esistenza del contribuente al momento della formazione del ruolo a suo carico. Del tutto correttamente, poi, il debito tributario validamente iscritto a ruolo nei confronti della contribuente (società estinta) è stato ritenuto azionabile dai e nei confronti dei soci, sia perchè coobbligati solidali, sia perchè, comunque, successori ex lege della società (Cass. Sez. U. 12/03/2013, n. 6070 e n. 6072).

5.4) Nel caso di specie, dunque, i soci hanno assunto la legittimazione attiva e passiva alla lite sin dal suo inizio posto che, al momento della sua instaurazione in fase amministrativa, la società era già estinta. Tanto determina l’infondatezza del primo motivo dei ricorsi: le comunicazioni e le notificazioni effettuate a una società di persone estinta e contestualmente ai suoi ex soci, legittimano certamente questi ultimi a contraddire sul punto in nome e per conto della società, come è puntualmente avvenuto nel caso di specie, diversamente da quanto accade nelle società di capitali – ove l’autonomia patrimoniale perfetta e la personalità giuridica di quegli enti determina l’inesistenza della notificazione degli atti impositivi al soggetto già ormai estinto (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5736 del 23/03/2016; Sez. 5, Sentenza n. 21188 del 08/10/2014). Dunque l’allegazione contenuta nei ricorsi tendente a dimostrare che le comunicazioni e le notificazioni alla società estinta sono inesistenti non assumono rilevanza per due ragioni: primo perchè ad agire sono stati gli ex soci; secondo perchè essi non hanno allegato alcun vizio delle comunicazioni e delle notificazioni personalmente ricevute, sicchè – non essendo la società estinta mai stata parte del giudizio – non possono utilizzare a proprio favore alcuna questione che sollevi problemi riferibili alla società estinta.

6. Il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato. La CTR ha argomentato che – stante il rifiuto della società ma, più correttamente in base dalle considerazioni svolte, occorre dire degli ex soci – di fornire le informazioni richieste dall’Ufficio impositore e di collaborare nella fase amministrativa controdeducendo alle contestazioni, l’Ufficio non era tenuto a offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa, esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri. Tale affermazione è coerente con l’insegnamento che questa Corte ha fornito in fattispecie analoghe (Sez. 5, Ordinanza n. 27617 del 30/10/2018; id. Sentenza n. 21754 del 20/09/2017; id. Sentenza n. 9484 del 12/04/2017) e determina pertanto l’infondatezza del motivo in esame. La censura è invece inammissibile nella parte in cui asserisce che la mancata collaborazione sia imputabile all’Ufficio impositore nella fase di discussione dell’attendibilità dello studio di settore. Invero di tale questione non vi è traccia nella sentenza impugnata. In tale situazione, il motivo di ricorso, in ossequio ai canoni di completezza del motivo di ricorso previsti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n., 4, avrebbe dovuto contenere la precisa indicazione di quando e dove la relativa questione sia stata introdotta nella fase di merito e, semmai, dolersi quindi di un’omessa pronuncia; circostanze estranee al caso di specie, di talchè l’argomentazione va giudicata come nuova in questa sede e pertanto vieppiù inammissibile.

7. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile posto che la questione della correttezza della determinazione dell’importo dell’accertamento reddituale è da considerarsi nuova in quanto introdotta per la prima volta in questa fase. Invero il controllo diretto degli atti, cui questa Corte è legittimata dall’allegazione nel motivo di un error in procedendo (art. 112 c.p.c.), consente di constatare che la questione in esame non è stata oggetto di specifica censura in appello, posto che gli (identici) atti di appello contengono censure che riguardano altri e diversi aspetti, ma non quello della quantificazione del reddito. Tanto è vero che la sentenza impugnata non ne fa cenno alcuno, nè nella parte descrittiva che in quella motiva. Pertanto, la questione, non essendo stata devoluta in grado di appello, non può essere introdotta per la prima volta in questa sede.

8. La soccombenza regola le spese.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi n. r.g. 18688/2012, 18689/2012 e 18690/2012, li rigetta e condanna M.L., M.M. e M.G. a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese di lite che liquida, per ciascuno di essi, in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2019

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