Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3425 del 13/02/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 3425 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA

sul ricorso 7752-2015 proposto da:
CAPRARO MICHELA,

ZOCCA LUISA, CAPRARO FEDERICA,

CAPRARO CARLO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
GERMANICO 107, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO
GELERA, che li rappresenta e difende unitamente agli
avvocati UGO DAL LAGO, CARLO SPILLARE giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrenti contro

LOEWE ITALIANA SRL , in persona del suo legale
rappresentante Presidente del C.d.A.
HUSGES,

elettivamente

domiciliata

Dott.

in ROMA,

MARK
VIA

ARCHIMEDE 143, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO

Data pubblicazione: 13/02/2018

COLUMBA, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MARIA CRISTINA ALEMANNO giusta procura a
margine del controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 126/2014 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 18/12/2017 dal Consigliere Dott. MARCO
DELL’UTRI;

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SEZ.DIST. DI BOLZANO, depositata il 13/09/2014;

Rilevato che, con sentenza resa in data 13/9/2014, la Corte
d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, ha confermato la
decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da Carlo Capraro, Luisa Zocca, Michela Capraro e
Federica Capraro, per la condanna della Loewe Italiana s.r.l. al risarcimento dei danni subiti dagli attori a seguito di un incendio sviluppa-

un televisore prodotto dalla società convenuta;
che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come gli attori non avessero fornito alcuna adeguata dimostrazione, tanto della presenza di un televisore di produzione della
Loewe all’interno del proprio appartamento al momento del fatto
dannoso, quanto del carattere eventualmente difettoso di tale prodotto, nonché del nesso di causalità tra tale asserito difetto e il danno
denunciato;
che, avverso la sentenza d’appello, Carlo Capraro, Luisa Zocca,
Michela Capraro e Federica Capraro, ricorrono per cassazione sulla
base di tre motivi d’impugnazione;
che la Loewe Italiana s.r.l. resiste con controricorso;
che entrambe le parti hanno depositato memoria;
considerato che, con il primo motivo, i ricorrenti censurano la
sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi,
violazione di legge e nullità della sentenza, con riferimento agli artt.
103, 117, 118, 120 e 122 d.lgs. n. 206/2005, 2050, 2735 e 2697 c.c.
e 115, 116, 167, 161, 132 e 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 nn. 3,
4 e 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente escluso la
circostanza della presenza di un televisore di marca Loewe (rientrante
nel novero di quelli riconosciuti dalla stessa produttrice come effettivamente pericolosi in relazione al rischio di incendio connesso ai relativi difetti accertati) all’interno dell’appartamento degli odierni ricorrenti al momento del fatto dannoso, in contrasto con il chiaro conte-

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tosi nella propria abitazione ed asseritamente causato dallo scoppio di

nuto delle evidenze probatorie e del comportamento processuale della
controparte, così come analiticamente indicati in ricorso;
che, con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi, violazione di
legge e nullità della sentenza, con riferimento agli artt. 117, 118, 120
e 122 d.lgs. n. 206/2005, 2050, 2700, 2227-2229, 2735 e 2697 c.c.,

nn. 3, 4 e 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente governato la valutazione del complesso degli elementi di prova e del
comportamento processuale della controparte, così come analiticamente richiamati in ricorso, al fine di ritenere pienamente comprovata la riconducibilità dei danni denunciati dagli originari attori
all’incendio provocato dai difetti del televisore prodotto dalla società
convenuta;
che, con il terzo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione degli artt. 2697 e 2727-2729 c.c., 115 e 116
c.p.c., 40 e 41 c.p., 345 c.p.c., 161, 132 e 112 c.p.c. (in relazione
all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale del tutto illogicamente ed erroneamente proceduto alla valutazione delle evidenze di natura presuntiva pacificamente acquisite agli atti del giudizio in relazione all’accertamento della piena responsabilità della società convenuta per il fatto dannoso dedotto in giudizio;
che tutti e tre i motivi – congiuntamente esaminabili in ragione
dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono inammissibili;
che, al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, attraverso
le censure indicate (sotto tutti i parametri normativi di cui all’art.
360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.), i ricorrenti si siano sostanzialmente spinti a
sollecitare la corte di legittimità a procedere a una rilettura nel merito degli elementi di prova acquisiti nel corso del processo, in contrasto con i limiti del giudizio di cassazione e con gli stessi limiti previsti

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115, 116, 167, 183, 161, 132 e 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360

dall’art. 360 n. 5 c.p.c. (nuovo testo) sul piano dei vizi rilevanti della
motivazione;
che, in particolare, sotto il profilo della violazione di legge (tanto
sostanziale, quanto processuale), con il motivo in esame, i ricorrenti
– lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedi-

di legge richiamate – allegano un’erronea ricognizione, da parte del
giudice a quo, delle fattispecie concrete a mezzo delle risultanze di
causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della
norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di
merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente
sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n.
26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica dei ricorrenti, l’eventuale falsa applicazione delle
norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di
un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente gli stessi nella
prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto
a quanto operato dal giudice a quo;
che, nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto
nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dagli odierni ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto
rappresentativo di tutti gli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti;
che si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione
della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica

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mento impugnato, delle fattispecie astratte recate dalle norme

censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
che ciò posto, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo consentito alla parte censurare come
violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un er-

zione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv.
581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892);
che, con specifico riferimento alla dedotta ricorrente violazione,
da parte del giudice a quo, del principio di non contestazione di cui
all’art. 115 c.p.c., osserva il Collegio come del tutto correttamente la
corte territoriale abbia escluso la riconducibilità, allo spettro applicativo della norma processuale richiamata, della mancata contestazione,
da parte della società convenuta/appellata, dei fatti riguardanti
l’esistenza di un televisore di marca Loewe all’interno
dell’appartamento degli odierni ricorrenti (e, a fortiori, del relativo carattere difettoso e del nesso di causalità tra detto asserito difetto e
l’incendio dedotto in giudizio), trattandosi di fatti da detta convenuta
legittimamente ignorati (siccome riferibili alla sfera di esclusiva pertinenza degli attori), con la conseguente decisiva incidenza, al riguardo, del consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte, ai
sensi del quale l’onere di contestazione – la cui inosservanza rende il
fatto pacifico e non bisognoso di prova – sussiste soltanto per i fatti
noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti (cfr., da ultimo,
Sez. 3, Sentenza n. 14652 del 18/07/2016, Rv. 640518 – 01);
che, quanto al preteso vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., osserva
sul punto il Collegio come al caso di specie (relativo all’impugnazione
di una sentenza pubblicata dopo la data del 11/9/12) trovi applicazione il nuovo testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c. (quale risultante dalla formulazione dell’art. 54, co. 1, lett. b), del d.I n. 83/2012, conv., con

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rore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostru-

modif., con la legge n. 134/2012), ai sensi del quale la sentenza è
impugnabile con ricorso per cassazione “per omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti”;
che, secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza
di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il

tivazione in sé (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto
materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la Corte di cassazione a
verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un
fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo
della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali
(rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto
di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo
escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice,
ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie
astrattamente rilevanti (cfr. Cass. Sez. Un., 22/9/2014, n. 19881;
Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830);
che, dovendo dunque ritenersi definitivamente confermato il principio, già del tutto consolidato, secondo cui non è consentito richiamare la corte di legittimità al riesame del merito della causa, le odierne doglianze dei ricorrente devono ritenersi inammissibili, siccome dirette a censurare, non già l’eventuale ricorso di omissioni rilevanti ai fini dell’art. 360 n. 5 cit., bensì la congruità del complessivo
risultato della valutazione operata nella sentenza impugnata con riguardo all’intero materiale probatorio, che, viceversa, il giudice a quo

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sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della mo-

risulta aver elaborato in modo completo ed esauriente, sulla scorta di
un discorso giustificativo dotato di adeguata coerenza logica e linearità argomentativa, senza incorrere in alcuno dei gravi vizi d’indole logico-giuridica unicamente rilevanti in questa sede;
che, pertanto, sulla base delle considerazioni sin qui illustrate,
dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente

corrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, secondo la
liquidazione di cui al dispositivo, oltre alla condanna al pagamento del
doppio contributo ai sensi dell’art.13 comma 1-quater del d.P.R. n.
115 del 2002;

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 7.800,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori
come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione
Civile della Corte Suprema di Cassazione del 18/12/2017.

condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore della società controri-

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