Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3425 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 12/02/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 12/02/2020), n.3425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. TINARELLI FUOCHI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. CATALOZZI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 977/2014 R.G. proposto da:

P.M. (C.F. (OMISSIS)), in proprio e in qualità di titolare

dell’impresa omonima, rappresentato e difeso dall’Avv. CANTILLO

ORESTE e dall’Avv. CANTILLO GUGLIELMO, elettivamente domiciliato in

Roma, Via Lungotevere dei Mellini, 17;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania, Sezione Staccata di Salerno, n. 158/5/2013, depositata il

15 maggio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11 dicembre

2019 dal Consigliere D’Aquino Filippo.

Fatto

RILEVATO

Che:

La società contribuente ha impugnato un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2004, per maggior reddito imponibile conseguente all’applicazione, come risulta dagli atti, dello studio di settore SG96U;

che la CTP di Salerno ha rigettato la domanda della società contribuente e la CTR della Campania, Sezione Staccata di Salerno, con sentenza in data 5 maggio 2013, ha rigettato l’appello del contribuente, ritenendo che il contribuente non ha addotto in sede di contraddittorio alcuna giustificazione idonea a giustificare lo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli accertati dall’amministrazione rilevando, ulteriormente, come l’applicazione di un nuovo studio di settore confermi le incongruità dei ricavi del contribuente;

che propone ricorso per cassazione parte contribuente affidato a cinque motivi, resiste con controricorso l’Ufficio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 12 e dell’art. 24 Cost., per non avere il giudice di appello, nel rigettare il gravame, rilevato che il ricorso di primo grado fosse stato sottoscritto personalmente dal contribuente, con conseguente inammissibilità dello stesso, circostanza che avrebbe onerato il giudice di primo grado a concedere un termine al ricorrente per munirsi di un difensore a termini del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 5;

che la questione è inammissibile, posto che – come risulta dallo stesso ricorso – la questione è stata dedotta dall’Ufficio in primo grado e sulla stessa questione la CTP ha omesso qualunque pronuncia; non avendo il ricorrente censurato tale questione in grado di appello, su tale questione si è formato il giudicato;

che non può, invero, il ricorrente, dolersi del fatto che la CTR non ha pronunciato su una specifica doglianza formulata dall’Ufficio in appello, sia in forza della suddetta preclusione processuale, sia in forza del fatto che la deduzione è stata articolata dalla parte odierna controricorrente, rispetto al cui rigetto (ancorchè per omessa pronuncia) il ricorrente non ha interesse a dolersene;

che, pertanto, la questione dedotta dal ricorrente in sede di legittimità (oltre che coperta dal giudicato), si rivela del tutto nuova per la parte che la solleva e, quindi, inammissibile;

che con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 c.c., per non avere il giudice del merito considerato che l’avviso di accertamento era stato notificato a un soggetto giuridicamente inesistente, ovvero l’impresa individuale P.M., cancellata dal Registro delle Imprese in data 30 giugno 2008, con conseguente difetto di legittimazione passiva dell’odierno ricorrente;

che il motivo, il quale potrebbe prestarsi a una declaratoria di inammissibilità – non essendo tale questione tracciata nella sentenza impugnata, per cui la questione si sarebbe dovuta dedurre nelle forme dell’omessa pronuncia e della conseguente nullità della sentenza – è destituito di fondamento, posto che la disciplina di cui all’art. 2495 c.c. non è estensibile alle vicende estintive della qualità di imprenditore individuale (Cass., Sez. III, 23 settembre 2013, n. 21714; Cass., Sez. VI, 7 gennaio 2016, n. 98), posto che l’imprenditore individuale non si distingue dalla persona del proprio titolare (Cass., Sez. I, 4 maggio 2011, n. 9744); nè alla cessazione della attività di impresa è connesso alcun fenomeno di estinzione giuridica (nè, tanto meno successoria) in relazione alla persona del titolare dell’impresa cessata;

con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del gli D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d) e del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, artt. 62-bis e 62-sexies, conv. con L. 29 ottobre 1993, n. 427, nella parte in cui la sentenza impugnata ha confermato la sentenza impugnata in assenza di un effettivo contraddittorio con parte contribuente; evidenzia il ricorrente la centralità del contraddittorio ai fine di ritenere la pregnanza degli elementi indiziari addotti dall’amministrazione finanziaria sulla base degli studi di settore quanto alla riclassificazione dei ricavi dichiarati; deduce, in particolare, come l’Ufficio pur avendo provocato il contraddittorio, non ha preso in esame le ragioni del contribuente, nè ha preso posizione sulle deduzioni di parte contribuente, nè – infine – ha acquisito l’ulteriore documentazione che il ricorrente si era riservato di produrre;

che il motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non ritrascrive l’avviso di accertamento, allo scopo di verificare se e in che termini l’avviso di accertamento non abbia esaminato le censure di parte contribuente, nè allega l’avviso al ricorso;

che con il quarto motivo si deduce violazione di legge in relazione al D.L. n. 331 del 1993, art. 62-bis e 62-sexies, per non avere il giudice di appello adeguatamente valutato la rielaborazione dello studio di settore prodotta dal contribuente sulla base di una versione evoluta dello studio di settore, più adeguata alla realtà aziendale in cui operava il ricorrente;

che il motivo in oggetto, articolato sotto il profilo della violazione di legge, è infondato, avendo la sentenza accertato, con accertamento non specificamente censurato, che “l’appellante fondava la propria difesa su di un nuovo studio di settore, all’uopo elaborato, da applicare all’attività svolta dal medesimo (…) Sul punto deve osservarsi come anche il suddetto studio disveli delle incongruità nella posizione contributiva complessiva del Procida”;

che con il quinto motivo si deduce omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio a termini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla non appropriatezza dello studio di settore applicato, con riferimento al fatto che il contribuente operasse in regime di subappalto, nonchè in relazione al fatto che l’Ufficio avesse ridotto per l’annualità successiva i ricavi accertati, nonchè (infine) alla cessazione dell’attività di impresa;

che il motivo è inammissibile, posto che l’attuale formulazione della disposizione normativa in oggetto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), concerne l’omesso esame di un fatto storico, anche solo secondario, che risulti dal testo della sentenza, che abbia formato oggetto di discussione tra le parti e che abbia carattere decisivo, per cui il ricorrente deve illustrare logicamente come l’esame di tale fato storico avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), indicazioni che vanno esposte sotto pena di inammissibilità del motivo e che nella specie fanno difetto;

che il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dal principio della soccombenza e con raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna P.M. al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE, che liquida in complessivi Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ciascuno dei ricorsi proposti, se dovuti.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA