Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34249 del 20/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2019, (ud. 07/10/2019, dep. 20/12/2019), n.34249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15758-2017 proposto da:

MEDIOCREDITO ITALIANO SPA, UNICREDIT LEASING SPA, SARDALEASING SPA in

persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA VIA PANARO 25, presso studio dell’avvocato

FRANCESCO VISCO, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO DE

MICHELE con studio in FOGGIA VIA RICCIARDI 42 (avviso postale ex

art. 135);

– Ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO PROVINCIALE DI FOGGIA in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2986/2016 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

FOGGIA, depositata il 05/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2019 dal Consigliere Dott. ALDO CRISCUOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE MICHELE che si riporta agli

atti;

udito per i controricorrente l’Avvocato BACHETTI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

MEDIOCREDITO ITALIANO s.p.a., SARDALEASING s.p.a. e UNICREDIT LEASING s.p.a. hanno impugnato per cassazione la sentenza n. 2986/2016 depositata in data 5.12.2016 della CTR della Puglia reiettiva dell’appello proposto avverso la decisione della CTP di Foggia che, in parziale accoglimento del ricorso proposto avverso due avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio finanziario aveva provveduto, in procedura c.d. DOCFA, alla rettifica sia del classamento (da E/3 a D/1) che della rendita catastale (da Euro 28.000,00 a Euro 24.017,10) proposta relativamente a 14 aerogeneratori con annessa corte costituente un parco eolico sito in Biccari.

Va, in proposito, precisato che la CTP, in esito alla impugnazione proposta da ambo le parti, con la sentenza di primo grado aveva confermato il classamento sub D e ulteriormente ridotto il quantum della rendita catastale per ciascun aerogeneratore da Euro 24.017,10 ad Euro 18.185,00.

Il ricorso è affidato a quattro motivi.

L’AGENZIA DELLE ENTRATE ha resistito con controricorso.

La difesa dei ricorrenti ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., con istanza di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con la memoria ex art. 378 c.p.c., la difesa dei ricorrenti ha sollecitato un mutamento dell’indirizzo giurisprudenziale della Corte – consolidato nel ritenere che i parchi eolici, in quanto costituiscono centrali elettriche rispetto alle quali il sistema normativo non offre indicazioni che ne giustifichino un trattamento differenziato, sono da accatastare nella categoria “D/1 – Opificio” – in quanto “in contrasto con il diritto dell’Unione Europea e, in particolare, con la stessa direttiva 2009/28/CE richiamata dalla Suprema Corte nella sentenza n. 4082/2012 a sostegno della classificabilità degli impianti di pale eoliche nell’ambito della categoria D”. Ciò sul rilievo secondo cui “i connotati pubblicistici dell’attività di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile sono riconosciuti pacificamente nella giurisprudenza di legittimità, ma anche nella legislazione Europea”, così come attestato dalla sentenza SS.UU. n. 10020/2019, oltre che nella citata direttiva 2009/28/CE.

A tal fine ha chiesto di sottoporre questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 TFU, sul rilievo che la differenza di trattamento sarebbe contraria ai principi ricavabili dalle direttive comunitarie secondo le quali gli stati nazionali devono incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili.

La Corte non ritiene meritevole di accoglimento detta richiesta.

Va, in via preliminare, rilevato come la decisione della Corte di Giustizia di cui alla sentenza dell’11.7.2009 (cause riunite C/180/18 se C/286/18 e C/287/18), cui è stato fatto riferimento dal ricorrente, attiene alla diversa fattispecie riguardante l’applicazione ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili di tariffe agevolate di favore in caso di vendita dell’energia prodotta all’ENEL per immetterla sulla rete e, pertanto, alcun rilievo può rivestire nella presente fattispecie processuale.

Quanto, poi, alle richieste di cui alla memoria ex art. 378 c.p.c., ritiene la Corte di ribadire le ragioni per cui i parchi eolici non sono classificabili nella categoria “E” già affermate con sentenza 24820/2014 e precisamente:

a)irrilevanza del richiamo alla L. n. 387 del 2003, art. 12, il cui comma 1, dichiara di pubblica utilità ed indifferibili e urgenti le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonchè le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti: si tratta di norma che non ha alcuna influenza sulla classificazione catastale dei predetti impianti, essendo essa dettata al fine – come dice la stessa rubrica dell’articolo (razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative) – di rendere più agili ed agevoli le procedure necessarie per al concreta realizzazione degli impianti medesimi;

b)il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40 (convertito con L. n. 286 del 2006) dispone espressamente che “nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale”: la norma stabilisce una sorta di intrinseca incompatibilità tra la destinazione ad uso commerciale o industriale di un immobile e la possibile classificabilità in categoria “E” fino al punto di prevedere che se un immobile a tale uso destinato sia ricompreso in una più ampia unità immobiliare in detta categoria classificata, l’immobile de quo, che abbia una propria autonomia funzionale e reddituale debba essere necessariamente classificato in un diverso gruppo.

Quanto, infine, alla richiesta di rinvio ex art. 267 del TFUE, si può riaffermare il principio secondo cui il D.Lgs. 3 marzo 2001, n. 28, attuativo della Direttiva Comunitaria 2009/28/CE, pur delineando un quadro normativo di sostegno alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, non prevede regole specifiche per l’accatastamento degli impianti, nè esenzioni o riduzioni in materia ICI, senza che l’assenza di una simile previsione possa ritenersi in contrasto con i principi comunitari, in quanto la determinazione della rendita catastale non costituisce un’imposta, nè un presupposto d’imposta.

Con il primo e secondo motivo di ricorso viene censurata la decisione impugnata per avere la CTR ritenuto gli accertamenti notificati dall’Ufficio sufficientemente motivati, anche in relazione al fatto che il contribuente sarebbe stato messo in condizione di difendersi avendo compiutam3.3.2001, n. 28, attuativo della Direttivente individuato i termini dell’accertamento stesso.

Entrambi i motivi, suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche poste, sono infondati.

In via preliminare, va preso atto che, nel caso di specie, si è trattato di una attribuzione della rendita catastale ad immobile avvenuto a seguito di procedura DOCFA e, quindi, su sollecitazione e proposta avanzata dalla stessa contribuente.

Soccorre, quindi, in proposito il costante orientamento di legittimità secondo cui (da ultimo, Cass. ord. 31809/2018) in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso.

Nel caso in esame, come rilevato dal Giudice di merito, la rettifica della rendita deve ritenersi sufficientemente motivata in quanto l’Ufficio è per la determinazione ha fatto riferimento al valore ricavato da altri parchi eolici, rinvenienti dai dati catastali da considerare idonei allo scopo in quanto ricavati dai bilanci depositati dalle società presso la Camera di Commercio. E’ indubbio, quindi, che con tale motivazione il contribuente sia stato messo in condizione di approntare una adeguata difesa per essere individuati o, comunque, individuabili, i termini dell’accertamento. Conseguenza logica è quella per cui non può negarsi validità all’avviso di accertamento per avere l’atto impositivo operato riferimento ad elementi extratestuali conosciuti o, quanto meno, agevolmente conoscibili dalla contribuente. Nella fattispecie in esame, come evidenziato dalla CTR, la contribuente ha impugnato l’atto di rettifica anche nel merito così attestando di aver avuto piena conoscenza delle ragioni del diverso classamento espresse nella motivazione dell’atto.

Con il terzo motivo di ricorso viene dedotto violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, e della direttiva 2001/77/CE.

In estrema sintesi viene contestato il classamento degli impianti eolici nella categoria D anzichè in quella sul rilievo che “in materia catastale, gli immobili appartenenti alla categoria E sono caratterizzati da una loro speciale destinazione e, pertanto, la strumentalità rispetto all’attività di impresa non è rilevante ai fini della classificazione catastale di un fabbricato perchè il discrimine tra le categorie D ed E è la particolare destinazione del cespite e non già la sua redditività”. Da ciò conseguirebbe, a parere della ricorrente, che gli impianti eolici svolgono una notevole funzione di utilità sociale e sono considerati dalla legge (D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, e direttiva 2001/77/CE) come aventi le caratteristiche di pubblico interesse e utilità, concorrendo alla creazione di energia pulita e rinnovabile. Tale sua natura consentirebbe un inquadramento nella categoria catastale E anzichè nella categoria D.

Con il quarto motivo, infine, viene lamentata violazione e falsa ed erronea applicazione del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 10 e del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, artt. 28 e 29, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in materia di determinazione del valore della rendita attribuita, per avere l’Ufficio proceduto alla sua quantificazione con le stime dirette e con il metodo comparativo senza considerare che per la particolare natura del bene non poteva essere applicata la metodologia classica prevista per un fabbricato vero e proprio.

Anche tali motivi, suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche poste, sono infondati.

Orbene, va precisato come, in proposito, l’orientamento della Corte sia ormai consolidato nel ritenere che i parchi eolici, in quanto costituiscono centrali elettriche rispetto alle quali il sistema normativo non offre indicazioni che ne giustifichino un trattamento differenziato, sono accatastabili nella categoria “D/1- Opificio” precisando, altresì, che le pale eoliche debbono essere computate ai fini della determinazione della rendita come lo sono le turbine di una centrale idroelettrca poichè anch’esse costituiscono una componente strutturale ed essenziale della centrale stessa, sicchè questa senza quella non potrebbe più essere qualificata tale, restando diminuita della sua funzione complessiva e unitaria e incompleta nella sua struttura.

La ragione giustificatrice è d rinvenire nel fatto che I parchi eolici, assolvendo una funzione analoga a quella delle centrali idroelettriche, sono del tutto assimilabili a queste e, di conseguenza soggetti alla medesima disciplina. Poichè, dunque, le centrali idroelettriche sono pacificamente accatastate nella categoria D/1 non vi è alcuna ragione per adottare a una centrale elettrica costituita da un parco eolico una diversa classificazione catastale, quale la categoria E3. In tale contesto, secondo la Cassazione, il richiamo al D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12 – il cui comma 1, dispone che le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili sono considerati di “pubblica utilità e indifferibili e urgenti” non esplica alcuna influenza sulla classificazione catastale di detti impianti, data la piena autonomia dell’ordinamento catastale rispetto a quelli di altri settori.

Infondata, infine, è da ritenere la censura riguardante la determinazione della rendita alla luce dell’orientamento della Corte che si basa su una lettura coordinata del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 632, artt. 4, 5 e 10, convertito nella L. 11 agosto 1939, n. 1249, e dell’art. 812 c.c..

Secondo tale orientamento (cfr. Cass. n. 24924 del 6.12.2016), ai fini della determinazione della rendita l’unità immobiliare destinata ad opificio deve comprendere tutti gli impianti fissi in qualsiasi modo uniti al suolo perchè gli stessi concorrono alla complessiva utilità dell’immobile e, quindi, al suo valore (Cass. n. 7372/2011; n. 26441/2008). Tale interpretazione è stata anche direttamente convalidata dal legislatore laddove quest’ultimo soltanto dal l’gennaio 2016 ha con la L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 21, escluso dal calcolo della rendita i macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo” e nelle more ha con la L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 244, fatto altresì salva l’interpretazione dell’Ufficio di cui al punto 3 della circolare 6/2012 dell’Agenzia del Territorio che era appunto nel senso che con riguardo agli immobili accatastati in categoria D o E dovessero essere computati anche gli impianti fissi uniti al suolo, c.d. “imbullonati”.

La reiezione del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, per la cui liquidazione si rimanda al dispositivo.

PQM

La Corte, respinge il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.600,00 oltre aggeasol=c1~94 rimborso, spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per i versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA