Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34248 del 20/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2019, (ud. 07/10/2019, dep. 20/12/2019), n.34248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9159-2017 proposto da:

B.F., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato CARLO CARANDENTE GIARRUSSO giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO PROVINCIALE DI NAPOLI in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8367/2016 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 03/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2019 dal Consigliere Dott. ALDO CRISCUOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato TULINO per delega dell’Avvocato

CARANDENTE GIARRUSSO che chiede l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato BACHETTI che si riporta e

chiede il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

In data 5.10.2011 B.F. presentava dichiarazione DOCFA relativa a unità immobiliari di sua proprietà site in Marano di Napoli proponendo rettifiche riguardanti sia la categoria che la rendita. A tale dichiarazione conseguiva la notifica di avviso di accertamento n. (OMISSIS) con il quale, in sede di verifica della dichiarazione presentata, l’Ufficio finanziario confermava le categorie proposte provvedendo a modificare solo le rendite

B.F. impugnava detto accertamento proponendo ricorso alla CTP di Napoli per ottenerne l’annullamento.

Tale richiesta veniva accolta dalla CTP che emetteva la sentenza n. 29880/5/14 depositata in data 5.12.2014, divenuta definitiva per mancata impugnazione.

In data 14.2.2013 l’Ufficio Finanziario provvedeva a notificare una seconda volta avviso di accertamento recante lo stesso numero (OMISSIS), riguardante gli stessi beni e contenente anche la stessa motivazione, con l’unica modifica riguardante un allegato.

B.F. impugnava anche tale nuovo avviso eccependone la nullità.

Costituitosi il contraddittorio, la causa veniva decisa dalla CTP di Napoli con sentenza n. 5855 depositata in data 10.3.2015 con cui accoglieva il ricorso, ritenendo illegittima la reiterazione da parte dell’Ufficio del medesimo atto, stante la formazione dei giudicato intervenuto con la prima sentenza non impugnata.

L’Ufficio finanziario interponeva appello e la CTR della Campania, con sentenza n. 8367/2016 depositata in data 3.10.2016 accoglieva l’appello affermando che nella specie non si era trattato di mera reiterazione della notifica dello stesso avviso di accertamento, bensì di una rinnovazione di un avviso di accertamento nullo.

Da ciò il ricorso per cassazione avverso tale ultima sentenza, affidato a quattro motivi coni guaii B.F. ne ha chiesto l’annullamento.

Con il primo motivo viene dedotta inammissibilità dell’appello in quanto carente degli elementi richiesti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.

Con il secondo motivo viene eccepito l’esistenza del “giudicato” costituito dalla sentenza n. (OMISSIS) depositata in data 5.12.2014 divenuta definitiva per mancata impugnazione.

Gli altri due motivi concernono, rispettivamente, la ritenuta illegittimità del procedimento di accertamento seguito dall’Ufficio (terzo motivo) e l’illegittimità dell’avviso per carenza di motivazione e mancanza di sopralluogo (quarto motivo)

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo viene dedotta violazione del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 53, in quanto l’atto di appello “non riporta neanche una minima descrizione dell’accaduto, ma l’Ufficio si limita a ribadire la legittimità del proprio operato, non in base a norme e a principi di diritto, ma sostanzialmente in ragione di una teorica precedente pronunzia della Commissione”.

Il motivo è infondato.

Come è stato più volte affermato (da ultimo, Cass. n. 707 del 2019) una lettura costituzionalmente adeguata delle disposizioni del codice civile individua come eccezionali ie disposizioni che, mediante decadenze o preclusioni, limitano l’accesso alla giustizia. Si impone, allora, un’interpretazione restrittiva di tali disposizioni, conforme all’art. 14 preleggi, che, pur nel rispetto della parità delle parti, consente l’effettività del sindacato nel merito della vicenda.

Nel caso in esame, come è dato di rilevare dall’esame della stessa sentenza oggetto dell’impugnazione, non vi è dubbio che il giudice dell’appello abbia più che adeguatamente esercitato il suo sindacato, avendo ritenuto “…. le doglianze pur conglobate in una esposizione sintetica – sufficientemente specifiche e tutte direttamente a contestare il nucleo decisorio della sentenza impugnata… “.

Con il secondo motivo si censura l’operato della CTR laddove ha ritenuto la fattispecie sottoposta al suo esame “non coperta con giudicato” costituito dalla sentenza n. 29880/14 depositata in data 5.12.2014, così violando la disposizione dell’art. 2909 c.c..

Anche tale motivo è infondato.

Il problema è quello di individuare la “portata” del giudicato.

Orbene, costituisce circostanza pacifica quella per cui al BAIANO sia stato notificato per due volte lo stesso avviso di accertamento (contrassegnato dal n. (OMISSIS)) riguardante la stessa fattispecie relativa alla modifica delle rendite proposte a mezzo DOCFA con il primo ricorso e che entrambe le impugnative abbiano trovato accoglimento da parte della CTP di Napoli.

Costituisce, altresì, circostanza pacifica quella per cui, il secondo avviso, pur nella identità del numero e della fattispecie oggetto dell’accertamento, contenesse un quid pluris costituito dall’allegato alla relazione di stima tanto è vero che nella sentenza della CTR è stato correttamente che “mentre il precedente avviso era privo di stima, quello in questione la conteneva”.

Dunque, sulla base delle indicate premesse deve concludersi nel senso che, avendo fa prima sentenza della CTP di Napoli (n. (OMISSIS)) disposto l’annullamento dell’avviso per un per difetto di motivazione, deve ritenersi che il secondo avviso pur nell’identità di numero e di fattispecie, non possa essere considerato una mera reiterazione del precedente, così come ritenuto dalla CTR, bensì un avviso nuovo e diverso proprio per la presenza dell’allegato (perii di stima) che lo integrava.

In siffatto contesto, quindi, va esclusa ogni capacità espansiva del giudicato costituito dalla prima sentenza proprio in considerazione del fatto che il relativo giudizio ebbe a risolversi nell’annullamento dell’avviso di accertamento per vizio di motivazione. (In tal senso: Cass. sent. n. 13916 del 16.6.2006).

I motivi terzo e quarto concernono, rispettivamente, la ritenuta illegittimità del procedimento di accertamento seguito dall’Ufficio e l’illegittimità dell’avviso per carenza di motivazione.

Entrambi i motivi sono infondati e vanno, conseguentemente respinti.

La Corte, in svariate occasioni (da ultimo, cfr. sentenza n. 6633 del 2019) ha avuto modo di ribadire come il complesso delle normativa, con riferimento ai fabbricati, quale quello in esame, a destinazione speciale, deponga per la necessità di “stima diretta”, senza tuttavia che ciò debba necessariamente presupporre l’esecuzione del “sopralluogo”, il quale non costituisce un diritto del contribuente e nemmeno una condizione di legittimità dell’avviso attributivo della rendita, quanto soltanto un ulteriore strumento conoscitivo di verifica e accertamento di cui l’Ufficio può valersi per operare la valutazione. Di conseguenza, la mancanza di esso non preclude, di per sè, la valutazione mediante ‘stima diretta” allorquando l’Ufficio sia comunque già in possesso di tutti gli elementi valutativi idonei allo scopo. Elementi valutativi che, intanto possono integrare “stima diretta”, in quanto appunto permettano di individuare le caratterisiche di ciascuna unità immobiliare oggetto di classamento, così da dare conto della peculiarità del caso di specie quale criterio alternativo all’applicazione standardizzata di rendite presunte con metodo tariffario o statistico. L’indirizzo di legittimità, quindi, è nel senso della necessità di stima diretta per l’attribuzione di rendita ai fabbricati a destinazione speciale, ma non nel senso che stima diretta debba presupporre indefettibilmente l’accesso in loco per a disamina, potendo le caratteristiche del bene essere, allo scopo, desunte anche dalle risultanze documentali a disposizione dell’Ufficio, senza necessità del sopralluogo (Cass. 3103/2015).

Nella fattispecie in esame, la relazione di stima allegata dal ricorrente originario conteneva tutti gli elementi fattuali necessari per la determinazione della rendita. La divergenza nella misura della rendita operata dall’Ufficio è, pertanto, da ascrivere ad una diversa valutazione degli elementi di fatto.

Analogamente, quanto alle censure riguardanti la carenza di motivazione, una volta precisato che la variazione di valore ha riguardato esclusivamente la rendita e non la categoria determinata sulla scorta degli elementi fattuali desunti dalla documentazione prodotta, deve affermarsi come, secondo il costante orientamento della Corte, in materia in materia di classamento degli immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga nell’ambito di una procedura DOCFA, l’obbligo della motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni., cosa che è avvenuta nella fattispecie in esame. Diverso è, invece, il caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto: in tale caso la motivazione deve essere più approfondita e deve specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio di difesa del contribuente, sia anche per delimitare l’oggetto dell’eventuale futuro contenzioso.

Il ricorso va, pertanto, respinto con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.600,00 oltre rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2019

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