Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34233 del 20/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2019, (ud. 01/10/2019, dep. 20/12/2019), n.34233

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 1326 del ruolo generale dell’anno

2013, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

D.C., nella qualità di socia della Stacchini s.r.l.,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine al

controricorso, dall’Avv.to Laura Pacenti e dall’Avv.to Nicola Di

Pierro, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’ultimo

difensore, in Roma Via Tagliamento n. 55;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana, n. 119/17/2011, depositata in data 14

novembre 2011, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1

ottobre 2019 dal Relatore Cons. Putaturo Donati Viscido di Nocera

Maria Giulia.

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza n. 119/17/2011, depositata in data 14 novembre 2011, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Toscana respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di D.C., nella qualità di socia della Stacchini s.r.l., avverso la sentenza n. 86/01/2009 della Commissione tributaria provinciale di Grosseto che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta contribuente avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con il quale l’Agenzia delle entrate aveva recuperato nei confronti della suddetta maggiori imposte dirette in conseguenza del recupero, con avviso di accertamento n. (OMISSIS), a carico della società, in base a p.v.c. della G.d.F. di Grosseto, per l’anno 2004, ai fini Irpeg e Irap, di Euro 20.300,00 per costi indebitamente dedotti in quanto relativi a fatture per operazioni ritenute inesistenti nonchè di Euro 4.060,00 quale indebita detrazione ai fini Iva;

– il giudice di appello, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che gli elementi desunti dal p.v.c. della G.d. F. di Grosseto non erano tali da assurgere a “prove certe”;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo cui resiste, con controricorso, la contribuente;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata su fatti controversi e decisivi per il giudizio, per avere la CTR ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento in questione, senza argomentare in ordine ai molteplici elementi indiziari -risultanti dal p.v.c. della G.d.F. di Grosseto del 24 settembre 2007 – della fittizietà, sotto il profilo oggettivo o quantomeno soggettivo, delle fatture emesse dalla Image e dalla Tecno Sistem nei confronti di Stacchini s.r.l.;

– il motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate;

– questa Corte ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di IVA, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia”.(Cass. Sez. 5 – n. 17619 del 05/07/2018; Sez. 5, n. 27554 del 30/10/2018);

– peraltro, in tema di operazioni soggettivamente inesistenti, questa Corte ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (Cass., sez. 5, n. 27566 del 30/10/2018; Sez. 6 – 5, n. 5873 del 28/02/2019);

– quanto al denunciato vizio motivazionale, si osserva che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa l’decisione, oppure quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento (Cass., sez. un., 25 ottobre 2013, n. 24148; Cass. n. 10211 del 2018);

– nella specie, la CTR non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi in quanto, con una motivazione incongrua e affetta da vizi logici-giuridici – a fronte dei molteplici elementi presuntivi della inesistenza oggettiva (in tutto o in parte) e/o quantomeno soggettiva (per fittizia interposizione soggettiva) delle operazioni risultanti dal p.v.c. della G.d.F. di Grosseto del 24 settembre 2007, posti a fondamento dell’avviso di accertamento in questione (quali la mancanza di strutture aziendali delle società fatturanti Immage s.r.l e Tecno Sistem Edilizia nonchè degli altri soggetti “prestanome”, tutti facenti capo, quanto meno di fatto, a S.V., effettivo destinatario dei pagamenti tramite assegni bancari intestati ai prestanomi; il mancato versamento di imposte e la mancata presentazione di dichiarazioni fiscali da parte delle società fatturanti; l’utilizzo saltuario da parte delle stesse di lavoratori “in nero”; la genericità delle fatture in ordine alla descrizione dei lavori eseguiti; la mancata redazione di preventivi o altri documenti per i lavori asseritamente svolti; la mancata contabilizzazione da parte della Stacchini s.r.l. di fatture di costo, etc.) – ha escluso la falsità delle fatture emesse nei confronti di Stacchini s.r.l. limitandosi ad affermare che gli elementi desunti dal p.v.c. della G.d. F. di Grosseto non erano tali da assurgere a “prove certe”, aggravando, in tal modo, l’onere probatorio a carico dell’Amministrazione quanto alla fittizietà delle operazioni;

– in quest’ottica, non resta che concludere nel senso dell’esistenza di un incoerente percorso motivazionale che costituisce sintomo di una possibile decisione ingiusta (per effetto della negligenza dei dati istruttori qualificanti), sintomo a cui la legge allude con il riferimento al “punto decisivo” (in termini Cass. Sez. 3, n. 7635 del 16/05/2003; Cass. Sez. 6 – 5, n. 4143 del 2015). Ed infatti, la parte ricorrente ha evidenziato una pluralità di elementi di fatto non adeguatamente e specificamente considerati dal giudice del merito (risultanti dalle indagini espletate dalla GdF e riepilogati nel PVC) che costituiscono senz’altro idonei indici sintomatici di una possibile decisione ingiusta, siccome la loro negligenza è idonea a generare una difettosa ricostruzione del fatto dedotto in giudizio;

– in conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per le spese del giudizio di legittimità alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, che provvederà altresì a valutare, con riguardo alle imposte sui redditi, l’eventuale applicazione, quanto alle operazioni soggettivamente inesistenti, dello ius superveniens di cui alla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4 bis (nella formulazione introdotta con il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 1, conv. in L. 26 aprile 2012, n. 44), con efficacia retroattiva “in bonam partem” e, quanto alle operazioni oggettivamente inesistenti, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 2, convertito, con modificazioni, nella L. 26 aprile 2012, n. 44, che ha, ugualmente, portata retroattiva (v. Cass. Sez. 5, n. 27040 del 19/12/2014).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per il governo delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2019

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