Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3422 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3422 Anno 2014
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 9383-2010 proposto da:
CANI S.R.L. 00950960765, in persona del legale rappresentante pro
tempore sig. MICHELINO POTENZA, elettivamente domiciliata

in

ROMA, VIA S. TOMMASO D’AQUINO 75, presso lo studio

aiD-t3

dell’avvocato LACAGNIN1 MARIO, rappresentata e difesa dagli
avvocati LIOI ELISABETTA, DI CIONIMO GERARD()
GIUSEPPE SAVINO giusta procura in atti;
– ricorrente contro
REGIONE BASILICATA 80002950766, in persona del Presidente
della Giunta Regionale, dott. VITO DE FILIPPO elettivamente

Data pubblicazione: 14/02/2014

domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 56 C/0 UFFICIO
RAPPRESENTANZA ENTE, rappresentata e difesa dall’avvocato
BRUNO MADDALENA giusta procura in atti;

– controricorrente –

POTI’,NZA, depositata il 04/11/2009 R.G.N. 123/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
27/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIITTA SCRIMA;
udito l’Avvocato GERARDO GIUSEPPE DI (301\11\10;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
AURELIO GOLIA che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto
del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La GAM S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un
unico motivo, avverso la sentenza depositata il 4 novembre 2010 con
cui la Corte di appello di Potenza — in riforma della sentenza del 29
novembre 2007 emessa dal Tribunale di Potenza che, per quanto
ancora rileva in questa sede, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione
relativamente alla domanda risarcitoria e aveva condannato la Regione
Basilicata a pagare alla predetta società attrice, a titolo di indennizzo ex
art. 2 comma 1 della legge 218 del 1988, la somma di curo 46.392,48,
oltre interessi legali — ha rigettato “la domanda di concessione di tale
indennizzo” e ha compensato integralmente le spese del doppio grado.
Ha resistito con controricorso la Regione Basilicata.
MOTIVI DELLA DECISIONI’,
1. Al ricorso in esame non si applica il disposto di cui all’art. 366 bis
c.p.c. – inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n.
40 ed abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno
2009, n. 69 – in considerazione della data di pubblicazione della
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avverso la sentenza n. 344/2009 della CORTE D’APPELLO di

sentenza impugnata (4 novembre 2009), pur se la parte ricorrente ha,
comunque, formulato, per l’unico motivo di ricorso, il relativo quesito.
2. Con il detto motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa
applicazione dell’art. 2, comma 8 della legge 2 giugno 1988 n. 218,
sostiene che, a differenza di quanto affermato nella sentenza

dell’indennità” previsti dalla indicata legge, prevedrebbe un criterio di
valutazione fondato su colpa specifica e non anche generica.
2.1. In relazione al motivo di ricorso in esame il ricorrente pone il
seguente quesito di diritto: “Dica codesta Suprema Corte se solo una condotta
che violi la normativa di cui all’art. 2, comma 8 L 218/88 e che sia in ‘apporto
di causa ed effetto con la malattia e con l’epidemia che l’autorità intende contrastare
sarebbe ostativa al riconoscimento del diritto o se appaia corretto ritenere interi la
perdita del diritto anche una condotta che abbia attinenza con il processo di
accertamento e di profilassi della malattia. Quindi non un semplice rapporto di
causa ed effetto, come ritenuto dal primo Giudice, ma anche una condotta che, senza
essere in rapporto diretto causa-effetto, sia idonea ad intralciare ovvero ostacolare la
lotta alla diffusione della malattia”.
2.3. Il motivo è infondato.
Ed invero la Corte di merito, senza in alcun modo incorrere nei
lamentati vizi, sulla base di un’interpretazione costituzionalmente
orientata dell’ottavo comma dell’art. 2 della legge 2 giugno 1988, n.
218, nel testo ratione temporis applicabile, ha correttamente ritenuto, che
l’indennità non è concessa a coloro che contravvengono alle
disposizioni di cui alla normativa richiamata dal predetto comma, con
la precisazione che é rilevante non una violazione comunque avvenuta
di tale normativa ma solo quella che abbia attinenza con il processo di
accertamento e di profilassi della malattia.

3

impugnata, la norma richiamata, nello stabilire “i criteri di esclusione

In particolare la predetta Corte ha evidenziato che, nella fattispecie
all’esame, la violazione – sanzionata in via amministrativa dal
regolamento veterinario – del dovere che impone di annotare nei
registri di carico c scarico gli animali destinati alla stalla – accertata
definitivamente dalla Cassazione con sentenza n.5524 del 2000 e posta

in un periodo sospetto, specificando a tale riguardo che “il periodo di
incubazione della malattia comprendeva proprio il periodo in cui si
erano verificati quei traffici illeciti, di cui si era resa protagonista la
GAM, come si evince dalle relazioni del servizio veterinario versate in
atti dalla Regione”.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo,
seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida in complessivi curo 3.700,00, di cui euro 200,00
per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Supre a di Cassazione, il 27 novembre 2013.

in essere dall’amministratore di fatto della società ricorrente – si colloca

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