Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3422 del 13/02/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 3422 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: FANTICINI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso 10489-2015 proposto da:
FALZONE MARIA CONCETTA, considerata domiciliata ex
lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
GIUSEPPE GALLENCA giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

RADIUM NICOLETTA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CARRIDONI,15, presso lo studio dell’avvocato
FRANCESCO BURIGANA, rappresentata e difesa
dall’avvocato MARCO CAPELLO giusta procura a margine
del controricorso;
– controricorrente –

1

Data pubblicazione: 13/02/2018

avverso

la

sentenza

n.

1696/2014

della

CORTE

D’APPELLO di TORINO, depositata il 23/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del

14/12/2017

dal

Consigliere

Dott.

GIOVANNI FANTICINI;

2

RILEVATO CHE:

Maria Concetta Falzone otteneva dal Tribunale di Torino un

decreto ingiuntivo nei confronti di Nicoletta Radium per il pagamento
della somma di Euro 106.864,33, oltre a interessi legali e spese del
procedimento, dovuta dall’intimata quale garante delle obbligazioni

Albergo Romagnola;

proponeva opposizione all’ingiunzione Nicoletta Radium;

con sentenza n. 755 del 4 febbraio 2013 il giudice di primo

grado accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo;

Maria Concetta Falzone impugnava la decisione con appello, il

quale era rigettato dalla Corte d’appello di Torino con sentenza n.
1696 del 23 settembre 2014;

avverso tale pronuncia Maria Concetta Falzone ha proposto

ricorso per cassazione, affidando le proprie difese a due motivi;
ha resistito con controricorso Nicoletta Radium;
successivamente, la ricorrente ha depositato rinuncia al
ricorso per cassazione, con atto sottoscritto dalla parte stessa e dal
suo avvocato ma non notificato alla controparte, nonché copia della
transazione stipulata con la Radium in data 18 dicembre 2015.
CONSIDERATO CHE:

1. secondo l’orientamento di questa Corte «l’atto di rinuncia al
ricorso per cassazione, in assenza dei requisiti di cui all’art. 390,
ultimo comma, cod. proc. civ. (notifica alle parti costituite o
comunicazione agli avvocati delle stesse per l’apposizione del visto),
sebbene non idoneo a determinare l’estinzione del processo, denota il
venire meno definitivo di ogni interesse alla decisione e, comporta,
pertanto, l’inammissibilità del ricorso, salvo che la controparte
manifesti la volontà di ottenere, comunque, la pronuncia sull’oggetto
del contendere» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 2259 del 31/01/2013,

3

contratte da Giuseppina Fois per l’affitto dell’azienda alberghiera

Rv. 625136-01; Cass., Sez. U., Sentenza n. 3876 del 18/02/2010,
Rv. 611473-01);
2.

pertanto, non avendo la controricorrente manifestato alcun

interesse alla pronuncia, per effetto della rinuncia della ricorrente, pur
in mancanza di rituale notificazione a norma dell’art. 390 cod. proc.

3.

conformemente all’accordo transattivo delle parti sulla

compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio, si dispone
che le spese del grado di cassazione siano compensate;
4.

non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso: infatti, «la ratio dell’art. 13, comma 1
quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto
dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, che pone a
carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella
finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicché
tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità
originaria del gravame … ma non per quella sopravvenuta (nella
specie, per sopravvenuto difetto di interesse)» (Cass., Sez. 6-2,
Ordinanza n. 13636 del 02/07/2015, Rv. 635682-01).
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione

civ., deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

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