Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34212 del 20/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2019, (ud. 22/10/2019, dep. 20/12/2019), n.34212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 424/2015 R.G. proposto da:

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L., rappresentato e difesi, per

procura speciale in atti, dagli Avv.ti Claudio Bediri e Mauro

Bussani, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma,

via Alessandro Farnese, n. 7;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della

Lombardia, n. 2392/49/14, depositata in data 08 maggio 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre

2019 dal Consigliere Dott. Cataldi Michele.

Fatto

RILEVATO

che:

1.Il Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza Commissione Tributaria regionale della Lombardia, n. 2392/49/14, depositata in data 08 maggio 2014, che ha parzialmente respinto il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lecco, che aveva respinto il ricorso del medesimo contribuente contro l’avviso con il quale l’Ufficio, relativamente all’anno d’imposta 2005, in materia di Ires, Irap ed Iva, rilevata l’omessa presentazione della dichiarazione modello unico, aveva accertato in maniera induttiva le imposte dovute, con interessi e sanzioni.

2. L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente, va dato atto che i difensori del ricorrente, con istanza depositata in data 22 luglio 2019, premesso che la medesima parte “ha deciso di prestare acquiescenza alla sentenza impugnata e rinunciare al ricorso proposto a spese compensate”, che “l’Agenzia delle Entrate di Lecco ha aderito alla proposta” e che “pertanto è cessata la materia del contendere”, hanno dichiarato, “muniti dei necessari poteri”, la rinuncia del Fallimento al ricorso, con compensazione delle spese di giudizio.

Deve tuttavia rilevarsi che – per quanto la procura rilasciata dal curatore fallimentare attribuisca ai difensori del Fallimento anche il potere “di transigere, rinunciare agli atti ed accettare la rinuncia” l’atto di rinuncia depositato non menziona l’intervenuta autorizzazione del comitato dei creditori, necessaria ai sensi dell’art. 35 L. Fall., per integrare il potere del curatore di rinunziare alle liti; nè tale autorizzazione è comunque allegata alla medesima istanza.

Pertanto, anche a voler ritenere che, nel caso di specie, i difensori del fallimento, in virtù del predetto contenuto della procura, si siano limitati ad esprimere, in questa sede processuale, la volontà di rinuncia proveniente dalla curatela, quest’ultima comunque, in difetto dell’autorizzazione del comitato dei creditori, non è sufficiente a produrre gli effetti estintivi propri dell’atto di cui agli artt. 390 e 391 c.p.c. (cfr. Cass. 21/06/1974, n. 1838 e Cass. 24/03/1975, n. 1100, a proposito dell’inefficacia della rinuncia, al ricorso privo dell’autorizzazione del giudice delegato, necessaria ai sensi dell’art. 35 L. Fall. vigente ratione temporis).

Tanto meno, poi, risulta altrimenti l’assunta acquiescenza della ricorrente curatela alla sentenza qui impugnata, o la dedotta adesione dell’Agenzia delle Entrate, rimasta intimata in questa sede, alla declaratoria della cessazione della materia del contendere.

Pertanto, il ricorso va deciso nel merito dei motivi d’impugnazione con esso proposti.

2.Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente Fallimento assume la violazione o falsa applicazione dell’art. 2727 c.c., in relazione al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 2, lett. a) e art. 41.

Assume infatti il ricorrente che, indiscussa la legittimità dell’accertamento induttivo conseguente all’omessa presentazione della dichiarazione modello unico dei redditi per l’anno d’imposta 2005, il ragionamento inferenziale con il quale l’Ufficio ha determinato presuntivamente la redditività dell’attività della società fallita sarebbe erroneo perchè il giudice a quo avrebbe “omesso di considerare una serie di fatti noti”.

Il motivo è inammissibile.

Infatti, va premesso che, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. a), (pacificamente applicabile al caso di specie), in conseguenza dell’omessa dichiarazione del reddito d’impresa, l’ufficio delle imposte determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma dello stesso articolo, quindi anche di presunzioni che non siano gravi, precise e concordanti.

Tanto premesso, il motivo è inammissibile, atteso che, così come articolato, non censura la correttezza del ragionamento presuntivo rispetto alle risultanze istruttorie, ed alle relative circostanze note, sulle quali il giudice d’appello lo ha fondato, e non si risolve quindi nella denuncia che il giudice di merito abbia sussunto erroneamente – sotto i tre caratteri individuatori della presunzione semplice (gravità, precisione, concordanza), dai quali lo stesso D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. a), consente di prescindere – fatti concreti che non siano invece rispondenti a quei requisiti, cosicchè il relativo ragionamento non è censurabile in base all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (cfr. Cass., 16/11/2018, n. 29635).

Piuttosto, il ricorrente censura che la CTR abbia totalmente omesso di considerare, al fine di costruire a presunzione sulla quale si basa i ragionamento inferenziale praticato, fatti che sarebbero comunque emersi nel giudizio di merito.

Pertanto, la censura avrebbe potuto eventualmente essere proposta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che infatti lo stesso ricorrente ha elaborato come secondo motivo di ricorso.

3.Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente Fallimento assume l’omesso esame di più fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione: il deposito del bilancio del 2005; il margine operativo lordo desunto dai bilanci depositati; la situazione finanziaria risultante dall’analisi dei bilanci precedenti; i registri Iva.

Il motivo è infondato.

Infatti, va premesso che, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. a (pacificamente applicabile al caso di specie), in conseguenza dell’omessa dichiarazione del reddito d’impresa, l’Ufficio determina il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti.

Premesso pertanto che l’accertamento non è di per sè illegittimo solo perchè prescinde dal bilancio della società relativo al medesimo anno d’imposta, la lettura del complesso del motivo evidenzia come il ricorrente contesti non tanto l’omessa considerazione, da parte della CTR, dello stesso bilancio, quale dato documentale, quanto l’omessa condivisione, ai fini della ricostruzione del reddito non dichiarato, delle elaborazioni, fondate prevalentemente sui medesimi dati contabili, offerte daiia curatela.

Si tratta, quindi, di una censura, nell’apprezzamento delle risultanze documentali, che pretende di sostituire le conclusioni in merito del ricorrente a quelle del giudice d’appello, ciò che non è consentito in questa sede di legittimità.

Inoltre, la lettura del compleSso della motivazione della sentenza evidenzia come il giudizio di mancato assolvimento dell’onere della prova da parte del ricorrente sia stata effettuato dalla CTR nella consapevolezza che già in primo grado la curatela aveva proposto una diversa lettura degli indicatori economico-finanziari rilevati dalla contabilità della fallita (cfr. pag. 2 della sentenza), cui l’Ufficio aveva contrapposto, nei due gradi di merito, l’inadeguatezza ed incompletezza della produzione documentale di controparte (pag. 3).

Pertanto, laddove la sentenza impugnata (pag. 4) ha escluso che il Fallimento abbia assolto all’onere della prova “mediante una documentazione adeguata e sufficiente”, rilevando che la stessa parte “non ha prodotto tutte le scritture contabili…”, non ha omesso la considerazione della produzione documentale del ricorrente, ma l’ha considerata non idonea all’assolvimento dell’onere della prova, con giudizio in fatto non sindacabile in questa sede.

4.Con il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente Fallimento assume la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, in relazione all’art. 53 Cost. ed alla direttiva CEE 17/5/1997, n. 388, in quanto dovrebbe consentirsi la detrazione dell’Iva formalmente indicata in fattura, e quindi scaturente dalle fatture di acquisto, anche se non indicata nella dichiarazione annuale, omessa.

Infatti, assume il ricorrente, “Nel caso concreto, vi è prova documentale che l’Iva sugli acquisti è stata pagata e che le fatture di acquisto sono state regolarmente registrate nei registri Iva”.

Ii motivo è inammissibile, atteso che si risolve non in una pretesa violazione o falsa applicazione di norme di legge, ma nella rinnovata contestazione, già formulata con il respinto secondo motivo, dell’omesso esame di fatti, ed in particolare delle registrazioni contabili della società fallita in materia di Iva, dato la cui concludenza (contestata dall’ufficio per il mancato riscontro con le fatture), ai fini di una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società, è stata esclusa dalla CTR con la già richiamata complessiva valutazione d’inadeguatezza ed insufficienza della documentazione prodotta.

5. Nulla sulle spese, essendo rimasta intimata la controricorrente.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2019

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