Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3421 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3421 Anno 2014
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: ARMANO ULIANA

SENTENZA

sul ricorso 7808-2008 proposto da:

\I

ACAMPA ANTONIO, ACAMPA ROSARIA, in proprio e quali
unici

eredi

di

CIMMELLO

IRMA,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI FAGGELLA 4, presso lo
studio dell’avvocato PELLEGRINO ROCCO COCCHI,
rappresentati e difesi dagli avvocati ESPOSITO
2013
2228

ANTONELLA, ESPOSITO MARIO IVAN, ESPOSITO WALTER giusta
delega in atti;
– ricorrenti contro

MARANO FRANCESCO, MARANO ANTONIO, MARANO GENNARO,

1

Data pubblicazione: 14/02/2014

EREDITA’ GIACENTE CHIARIELLO MARIA ;
– intimati –

avverso la sentenza n. 555/2007 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 28/02/2007 R.G.N. 5376/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ARMANO;

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P.M.

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l’inammissibilita’ del ricorso.

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2

Per

udienza del 27/11/2013 dal Consigliere Dott. ULIANA

Svolgimento del processo

Acampa Rosaria, Vittorio, Antonio e Cimmello Irma, proprietari di un
appartamento sito in un edificio in S. Giorgio a Cremano, convenivano in
giudizio i coniugi Marano Vincenzo ed Alfano Carmela, il loro figlio Marano

medesimo stabile per ottenere il risarcimento del danno costituito da una
serie di molestie minacce e vessazioni dei convenuti nei loro confronti
nell’intento di costringerli a trasferirsi.
Resistevano i coniugi Vincenzo Marano e Alfano Carmela ,nonchè il loro figlio
Gennaro Alfano e spiegavano anche domanda riconvenzionale per far
dichiarare gli attori responsabili di aver arrecato loro molestie e nocumento.
Il Goa dichiarava interrotto il procedimento per la morte dei convenuti
coniugi Vincenzo Marano e Carmela Alfano.
II processo veniva riassunto nei confronti di Marano Gennaro e Chiariello
Maria, già citati nella precedente fase processuale, nonchè dei germani
Francesco ed Antonio Marano, quali eredi dei genitori deceduti.
All’esito il Tribunale adito dichiarava estinto il processo e compensava tra
le parti le spese di giudizio, sul rilievo che non vi era prova in atti circa la
titolarità del diritto ereditario per i convenuti Francesco ed Antonio Marano
e neppure risultava provata l’assenza di altri eredi.
Avverso tale sentenza proponevano appello Acampa Antonio e Rosaria e
Cimmello Irma sostenendo che dalla documentazione versata in atti
(certificati di stato di famiglia rilasciati dal Comune di S. Giorgio a Cremano
e relativi al nucleo familiare di Marano Vincenzo e Alfano Carmela), poteva
agevolmente rilevarsi, per Marano Francesco e Antonio, la qualità di eredi
dei coniugi defunti e, quindi, la corretta e tempestiva riassunzione del
processo. Pertanto, chiedevano la riforma della sentenza impugnata e
l’accoglimento della domanda.
Instauratosi il contraddittorio, si costituivano Gennaro, Francesco ed
Antonio Marano che chiedevano it rigetto del gravame, con conferma
dell’impugnata sentenza e vittoria di spese.
Con sentenza depositata il 28-2-2007,non notificata , la Corte di appello di
3

Gennaro, nonchè Chiariello Maria, tutti abitanti in altri appartamenti del

Napoli ha dichiarato la nullità della sentenza appellata per violazione delle
norme sull’estinzione del processo ed ha rimesso la causa davanti al
Tribunale di Napoli assegnando mesi sei per la relativa riassunzione a far
tempo dalla comunicazione della pronuncia con compensazione delle spese
del doppio grado di giudizio.
Propongono ricorso Acampa Rosaria e Antonio in proprio e quali eredi della

Non presentano difese gli intimati.

Motivi della decisione

1.Con il primo motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione
dell’art. 353 II comma e 326 Cpc.
La norma recita: “Le parti devono riassumere il processo nel termini
perentorio di sei mesi dalla notificazione della sentenza ” e la Corte, invece,
ha stabilito il termine per la riassunzione dalla comunicazione della
sentenza, adempimento, questo, tipico del cancelliere e realizzato a mezzo
del “biglietto di cancelleria” che dando notizia dell’emissione del
provvedimento del giudice e inidoneo di per sè a far decorrere il termine
breve di cui agli artt. 325 e 326 cpc.
2. Viene formulato il seguente quesito di diritto :nell’applicazione dell’art.
353 II comma cpc il termine perentorio per la riassunzione del processo è di
sei mesi dalla notificazione della sentenza e non è consentito al giudice di
ordinare il decorso dalla comunicazione della sentenza”.
3.11 motivo è inammissibile per inadeguatezza della formulazione del
quesito di diritto.
Questa Corte ha affermato che il quesito di diritto deve essere formulato, ai
sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.,applicabile ratione temporis alla
sentenza impugnata, in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica
della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una
“regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori
rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è
inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione,
ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366-bis, si risolve
4

madre, Cimmello Irma, con quattro motivi

sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la
sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata
in riferimento alla concreta fattispecie.Cass. Sez. U, Sentenza n. 26020 del
30/10/2008.
4.11 quesito di diritto formulato non riproduce la fattispecie concreta oggetto
della cetura in quanto fa riferimento all’ipotesi di termine di riassunzione in

non è stata notificata;chiede pertanto l’affermazione di una

regula iuris non

applicabile al caso concreto di modo che anche la condivisione del quesito
di diritto formulato non consentirebbe la decisione del ricorso.
5.Si ricorda che in ipotesi di sentenza non notificata la giurisprudenza
consolidata di questa corte ha ritenuto fermo il principio che, in mancanza
della notifica della sentenza di appello che dispone la remissione al giudice di
primo grado per l’integrazione del contraddittorio nei confronti di un
litisconsorte necessario, la riassunzione deve essere effettuata entro il
termine generale di un anno dalla pubblicazione della sentenza, previsto
dall’art. 327 c.p.c., non essendo ipotizzabile che la riassunzione possa
avvenire senza prefissati limiti temporali (cfr.: Cass. Sent. 3 settembre
1997, n. 8437; Cass. „ Sent. 29 agosto 1997, n. 8191; Cass. Sent. 26
luglio 1993, n. 8370). Cass. Sent. n. 13160 del 2007,Cass sent. N.12298
del 2011).
6.Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt.
\V 91 e 353 cpc; omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo
per il giudizio individuato nel regolamento tra le parti delle spese del doppio
grado del giudizio, che la Corte ha ritenuto di dover compensare
7.Viene formulato il seguente quesito di diritto : il Giudice di Appello quando
dichiara la nullità della sentenza di primo grado deve rimettere al causa al
primo Giudice ai sensi dell’art. 354 II comma cpc anche per la pronuncia
sulle spese della prima fase processuale restando in suo potere di
regolamentare solo le spese del giudizio di appello.
8.Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’art.91 c.p.c ed insufficiente
e contraddittoria motivazione.

5

relazione ad una sentenza notificata, mentre quella in oggetto pacificamente

S

Viene formulato il seguente quesito di diritto:i/ giudice nel compensare, in
tutto o in parte, le spese di lite, deve attenersi al principio secondo cui le
spese non possono essere poste a carico delle parti totalmente vittoriose.
9.Con il quarto motivo si denunzia erroneità dell’indicazione nella sentenza
del nome del procuratore costituito per Marano Gennaro.
Viene formulato il seguente quesito di diritto :Nella sentenza devono essere

quanto un errore in tal senso costituisce violazione dei criteri sussidiari
disciplinati dall’art. 330 cpc (—altrimenti si notifica presso il procuratore
costituito o nel domicilio eletto pe ril giudizio)” .
10.Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che secondo l’art. 366 bis
c.p.c. introdotto dalla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006,applicabile alla
presente fattispecie poiché la sentenza impugnata è stata pubblicata il 28-22007, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità,un quesito di diritto e la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 3441/2008,
2697/2008). Pertanto, la relativa censura (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n.
5) “deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto),
costituente una parte del motivo che si presenti, a ciò specificamente e
riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in
maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione dei ricorso e
di valutazione della sua ammissibilità.
11.1 tre motivi sono inammissibili per inadeguatezza della formulazione del
quesito di diritto e le censure di vizio di motivazione per assenza del momento di
sintesi.
Il ricorrente nei quesiti di diritto non indica le norme asseritamente violate nè
quelle inveve applicabili , formula quesiti del tutto astratti che si risolvono nella
sostanza in una non formulazione del quesito.
Nulla per le spese del presente giudizio stante l’assenza di difese degli
intimati.

P.Q.M.
6

indicati correttamente i difensori delle parti coi relativi domicili eletti, in

4

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.Nulla per le spese.

Roma 27-11-2013

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