Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3420 del 08/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2017, (ud. 12/01/2017, dep.08/02/2017),  n. 3420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24904/2014 proposto da:

Z.F., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO DI

RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PELLEGRINO,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIOVANNI RAVENNA, BARTOLO

RAVENNA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BOLOGNA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio

dell’avvocato LUIGI MANZI, rappresentato e difeso dagli avvocati

KURT ASCHBACHER, GEORG ROMEN, giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20451/2013 del TRIBUNALE di BOLOGNA del

26/03/2013, depositata il 02/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

FRASCA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Z.F. ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi del terzo comma, dell’art. 348-ter c.p.c., contro il Comune di Bologna avverso la sentenza del 26 marzo 2013, a seguito della declaratoria di inammissibilità ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., pronunciata dalla Cote di Appello di Bologna con ordinanza del 16 aprile 2014.

2. Al ricorso ha resistito con controricorso il Comune di Bologna.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nei testi modificati dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità ed è stata fissata con decreto adunanza della Corte. Il Decreto è stato notificato agli avvocati delle parti.

4. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Il Collegio condivide la valutazione di inammissibilità del ricorso, formulata nella proposta del relatore, sotto il profilo della inidoneità del requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, atteso che, non solo l’esposizione contenuta nel ricorso non rispetta i requisiti minimi che deve avere l’esposizione sommaria del fatto in qualsiasi ricorso per cassazione, ma, in ogni caso, e come eccepito dal resistente, non li rispetta con riferimento ai necessari contenuti che deve assumere, allorquando si tratti di ricorso proposto contro la sentenza di primo grado, a seguito di declaratoria di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c..

2. Sotto il primo aspetto si rileva che dall’esposizione del fatto non si evince innanzitutto il tenore della motivazione della sentenza qui impugnata e non si evincono le ragioni dell’appello, nonchè dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c..

Tutte tali indicazioni, sebbene da esporre in modo sommario, erano necessarie come in ogni ricorso per cassazione, giusta un consolidato principio di diritto (ex multis, Cass. Sez. Un. n. 11653 del 2006).

3. Sotto il secondo aspetto, assume rilievo il principio di diritto di cui alle ordinanze gemelle nn. 8940, 8941, 8942, 8943 del 2014, secondo cui: “aa) il ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado, di cui dell’art. 348-ter c.p.c., comma 4, la riforma introdotta nel 2012, in quanto ricorso ordinario, regolato dall’art. 366 c.p.c., sotto il profilo dei requisiti di contenuto forma, deve necessariamente osservare fra questi quello del n. 3 della norma e, dunque, il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti della causa, con la conseguenza che, poichè la causa ha avuto corso con il giudizio di primo grado e con quello di appello, conclusosi con l’ordinanza ex art. 348 -bis, il relativo onere dev’essere adempiuto necessariamente riferendosi, sebbene in via sommaria, non solo i fatti sostanziali e processuali relativi al giudizio di primo grado, ma anche quelli relativi al giudizio di secondo grado; bb) con riferimento a questi ultimi l’esposizione dovrà riguardare in primo luogo l’indicazione di quanto evidenzi che l’appello era stato proposto tempestivamente e, dunque, quanto evidenzi che la sentenza di primo grado non era passata in cosa giudicata, nonchè l’indicazione dei motivi per i quali l’appello era stato proposto; cc) in relazione al ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado trovano applicazione gli artt. 329 e 346 c.p.c., nella misura in cui avevano inciso sull’oggetto della devoluzione al giudice d’appello.” (in senso conforme: Cass. (ord.) n. 10722 del 2014; (ord.) n. 2784 del 2015, fra tante; nonchè anche Cass. n. 12034de1 2014, cui hanno fatto riferimento i resistenti che hanno espressamente sollevato eccezione di inammissibilità del ricorso; l’orientamento è stato anche approvato e ribadito da Cass. Sez. Un. n. 10876 del 2015).

4. La memoria del ricorrente sostiene che il tenore dei motivi di appello si evincerebbe dall’esposizione dei motivi di ricorso per cassazione e, per sostenerlo, riproduce alcune parti di essa. Senonchè, non solo dette parti non rivelano oggettivamente in alcun modo i motivi dell’appello, ma alla loro riproduzione non si accompagna neppure alcuna attività argomentative del come del perchè esse avrebbero il valore individuatore dei motivi di appello stesso.

4. Tanto si osserva non senza che si debba rilevare che, quando il ricorso per cassazione presenti una parte destinata dal ricorrente all’esposizione del fatto ed essa sia inidonea, non è consentito desumere l’esposizione dai motivi (Cass. n. 3385 del 2016, che si riporta a Cass. sez. un. n. 22726 del 2011).

5. Il Collegio aggiunge, inoltre, per mera completezza, che la lettura dei tre motivi di ricorso evidenzia che: a) nel primo e nel secondo sono denunciate violazioni di norme di diritto solo in apparenza, dato che si postula, in realtà, una rivalutazione della vicenda in fatto; b) le violazioni dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., si collocano al di fuori di quella che dovrebbe essere il modo di articolarle (Cass. sez. un. n. 16598 del 2016 e Cass. n. 11892 del 2016), mentre quella dell’art. 132 c.p.c., n. 4, al di fuori della sostanza ribadita da Cass. sez. un. nn. 8053 e 8054 del 2014; c) il terzo deduce omesso esame di richieste istruttorie ai sensi del nuovo n. 5 dell’art. 360 c.p.c., del tutto al di fuori del significato che ad esso hanno assegnato le ora citate sentenze delle SS.UU.; d) tutti i motivi sono inosservanti dell’art. 366 c.p.c., n. 6, ed il primo è articolato senza tenere conto della motivazione della sentenza impugnata.

6. Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro cinquemilaquattrocento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 12 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017

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