Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34195 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. I, 15/11/2021, (ud. 27/05/2021, dep. 15/11/2021), n.34195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5536/2016 proposto da:

Ministero della Difesa, in persona de Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Impresa Costruzioni Edili e Stradali A.P., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via di Va Fiorita n. 90, presso lo studio dell’avvocato Lilli

Francesco, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 545/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

pubblicata il 03/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/05/2021 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con contratto sottoscritto il 23/12/1998 a seguito di licitazione privata, la Direzione del genio Militare per la Marina di (OMISSIS) affidava alla ditta individuale Impresa P.A. i lavori di “Realizzazione di infrastrutture logistiche per la riduzione della ferma di leva – Mariscuola – (OMISSIS)”.

Detti lavori venivano consegnati il 28/9/1989 con verbale di consegna regolarmente sottoscritto, per la durata contrattuale di giorni 300, come previsto dalle Condizioni amministrative allegate e richiamate nel contratto. I lavori subivano dei ritardi e venivano concordate tra le parti delle proroghe. I lavori venivano, quindi, ultimati il 26/6/1991, alla scadenza del termine contrattuale, come determinato a seguito delle proroghe.

La ditta – che aveva firmato regolarmente e senza riserve gli atti di contabilità redatti per il rilascio dei primi due S.A.L. -, in data 18/4/1991, in occasione del terzo S.A.L. sottoscriveva con riserva, illustrata con nota 26/4/1991, con la quale avanzava la richiesta di pagamento di Lire 192.425.943, complessive.

Con atto di citazione in riassunzione notificato il 7/5/2001 – a seguito di declaratoria di incompetenza del Tribunale di Roma precedentemente adito – l’impresa adiva il Tribunale di Bari al fine di ottenere la condanna dell’Amministrazione al pagamento della somma di Lire 192.425.946, oltre interessi, rivalutazione e ricapitalizzazione, a titolo di maggiori oneri sopportati a causa della consegna parziale dei lavori e del conseguente andamento anomalo dei medesimi. L’Amministrazione contestava la domanda sotto vari profili.

Espletata CTU, il Tribunale condannò l’Amministrazione a corrispondere all’attrice Euro 104.680,66, oltre interessi legali e rivalutazione dalla data di messa in mora (5/7/1999), nonché al pagamento delle spese di lite.

La Corte di appello di Bari ha respinto l’appello dell’Amministrazione, condannandola alle spese.

Il Ministero della Difesa propone ricorso per cassazione con un unico motivo. L’Impresa P.A. ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo il Ministero denuncia la violazione del R.D. n. 350 del 1895, art. 11, comma 4 e dei principi generali e giurisprudenziali relativi alla tempestiva apposizione delle “riserve” in sede di esecuzione delle opere pubbliche, sotto pena di decadenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il motivo è fondato e va accolto, alla luce dei consolidati principi già affermati da questa Corte.

“L’attuazione dell’opera pubblica, dalla gara di appalto, alla consegna dei lavori, alla loro esecuzione ed al collaudo, si compie in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, che si articola in una serie di registrazioni e certificazioni, alla cui formazione l’appaltatore è chiamato di volta in volta a partecipare. Allo stesso è imposto l’onere, reso evidente dal riferimento operato dal R.D. n. 350 del 1895, art. 53, alla necessità che l’appaltatore indichi tutte le domande che crede di fare, di contestare immediatamente ogni circostanza che riguardi le prestazioni (eseguite o non), la quale sia suscettibile di comportare un incremento delle spese previste, mediante un atto, pur esso a forma vincolata quanto a tempo e modalità di formulazione, cui deve provvedere tempestivamente, a pena di decadenza, non soltanto per un dovere di lealtà contrattuale e per l’esigenza di tempestivi controlli, ma soprattutto nell’interesse pubblico di consentire all’Amministrazione appaltante la tempestiva verifica delle contestazioni, attesa la necessità della continua evidenza della spesa dell’opera in funzione della corretta utilizzazione e della eventuale integrazione dei mezzi finanziari predisposti per la sua realizzazione” (Cass. n. 9518 del 04/04/2019), ciò in ragione del regime degli appalti di opera pubblica, sottoposti, per quanto riguarda le pretese del concessionario ad ulteriori compensi per i maggiori costi sostenuti, all’onere di preventiva riserva, con le modalità previste del R.D. n. 350 del 1985, artt. 53 e segg., applicabili ratione temporis e, a seguito della sua abrogazione, del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 1, comma 1 e art. 113.

Invero, “Negli appalti ai quali si applichi, per legge o per convenzione, il capitolato generale per le opere pubbliche dello Stato (D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063), in ordine ai quali non sia consentita la consegna frazionata dei lavori, sono configurabili due ipotesi: se la consegna parziale, per gli effetti che produce, è tale da doversi equiparare a mancata consegna, è applicabile la disciplina dell’art. 10 del capitolato la quale, per il caso che il contratto preveda il frazionamento della consegna dei lavori, prevede lo spostamento del termine di consegna dell’opera, sicché l’appaltatore può avvalersi della facoltà di scegliere tra la prosecuzione del rapporto nonostante il ritardo, rinunziando così a qualsiasi pretesa risarcitoria, e la richiesta di recesso, la quale, se non accolta, comporta un compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo; se, invece, il frazionamento nella consegna dei lavori è scarsamente rilevante nell’economia del rapporto, l’appaltatore potrà, al massimo, pretendere un prolungamento del termine di completamento dell’opera, e, se del caso, il ristoro dei maggiori oneri relativi alla parte consegnata in ritardo, previa formulazione delle opportune riserve.” (Cass. n. 26916 del 10/11/2008).

Quanto alla tempestiva appostazione delle riserve, va, quindi, ribadito che “Nei pubblici appalti, è obbligo dell’impresa inserire una riserva nella contabilità contestualmente all’insorgenza e percezione del fatto dannoso; in particolare, in relazione ai fatti produttivi di danno continuativo, la riserva va iscritta contestualmente o immediatamente dopo l’insorgenza del fatto lesivo, percepibile con la normale diligenza, mentre il “quantum” può essere successivamente indicato. Ne consegue che, ove l’appaltatore non abbia la necessità di attendere la concreta esecuzione dei lavori per avere consapevolezza del preteso maggior onere che tale fatto dannoso comporta, è tardiva la riserva formulata solo nel s.a.l. successivo.” (Cass. n. 28801 del 09/11/2018).

La decisione impugnata non è conforme agli anzidetti principi perché la Corte di appello ha ritenuto tempestiva la riserva appostata al terzo SAL, nonostante fosse collegata a fatti (la consegna frazionata) emersi sin dalla originaria consegna dell’opera, come da relativo verbale e nota, mentre la possibilità di quantificare il maggior onere solo in un secondo momento non era sufficiente ad autorizzare la posticipazione dell’iscrizione della riserva.

3. In conclusione, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la controversia va rinviata alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, per il riesame alla luce dei principi espressi, dovendo anche provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Bari in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

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