Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34194 del 20/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 20/12/2019, (ud. 30/10/2019, dep. 20/12/2019), n.34194

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18491/2015 proposto da:

TRENITALIA S.P.A., – Società con socio unico, soggetta all’attività

di direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato Italiane

S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, e RETE

FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. – Società con socio unico, soggetta

all’attività di direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato

Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

entrambe elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DARDANELLI 13,

presso lo studio dell’Avvocato LEONARDO ALESII, che le rappresenta e

difende in virtù di deleghe in atti.

– ricorrenti –

contro

S.F., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato MAURO SCANCARELLO;

T.F., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato MAURO SCANCARELLO;

D.R.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato MAURO SCANCARELLO;

O.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato MAURO SCANCARELLO;

F.E., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’Avvocato MAURO SCANCARELLO;

G.C.N.D.R., domiciliata in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’Avvocato MAURO SCANCARELLO;

tutti in giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 55/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 24/02/2015 nei procedimenti riuniti R.G.N. 620/2014;

625/2014; 626/2014; 627/2014 e 628/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dal

Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Genova, con la sentenza n. 55 del 2015, ha confermato le diverse pronunce emesse dal Tribunale della stessa città con cui, in sede di riassunzione dei giudizi di opposizione all’esecuzione, incardinati a seguito di distinti provvedimenti monitori – ottenuti da S.F., T.F., O.M., D.R.A. e F.E. nei confronti della datrice di lavoro Nicma & Partners spa nonchè della committente Trenitalia spa, e da G.C.N.D.R. nei confronti di So. Co. Fat SC nonchè della committente Rete Ferroviaria spa – riguardanti il pagamento dell’una tantum prevista dal rinnovo contrattuale del 2012, era stata respinta l’eccezione, sollevata da Trenitalia spa, del beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore.

2. I giudici di seconde cure, individuata la norma disciplinante la fattispecie nel D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, come riformata dalla L. n. 92 del 2012, hanno rilevato che l’eccezione non era stata sollevata nella “prima difesa”, rappresentata dall’opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 645 c.p.c., che non era stata neanche proposta, bensì solo in sede di opposizione all’esecuzione e, quindi, tardivamente; hanno specificato che tale interpretazione non determinava alcuna lesione degli artt. 24,3 e 111 Cost., perchè la necessità di fare valere il beneficio di escussione nel giudizio di merito, instaurabile dal committente anche nel caso in cui il lavoratore avesse agito con il decreto ingiuntivo e nel contraddittorio con tutti i soggetti obbligati in solido, permetteva di evitare che il lavoratore, una volta ottenuto un titolo, potesse vedere rallentata la sua azione di recupero del credito a causa della incertezza in ordine alla individuazione del soggetto tenuto a soddisfarlo.

3. Avverso la decisione di secondo grado ricorrono per cassazione Trenitalia spa e Rete Ferroviaria Italiana spa con tre motivi.

4. Resistono con autonomi controricorsi S.F., T.F., O.M., D.R.A., F.E. e G.C.N.d.R..

5. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo le ricorrenti eccepiscono la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. da parte della Corte territoriale, su un parte della domanda, in considerazione dell’illegittimo assorbimento dei motivi di gravame sollevati nei ricorsi in appello dalla società, con riguardo alla ritenuta insussistenza del potere del giudice dell’opposizione all’esecuzione di procedere alla interpretazione extra-testuale del titolo esecutivo giudiziale, al fine di accertare l’avvenuta emissione dei decreti ingiuntivi esclusivamente sulla base del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2 (senza alcun cumulo con l’art. 1676 c.c.) con conseguente illegittima, integralmente omessa deliberazione, in secondo grado, in ordine alla fondatezza sul beneficio di preventiva escussione, ovvero con riguardo alla posizione processuale di S.F., con conseguente, illegittima, omessa deliberazione in secondo grado relativamente alla causa petendi (esclusivamente il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29) posta a base del decreto ingiuntivo attivato in executivis. Si sostiene che in appello non era stato delibato, con la sola eccezione della posizione del citato S., il motivo di gravame sollevato dalla società riguardante la denuncia di illegittimità delle sentenze di primo grado che non avevano accertato che i decreti ingiuntivi fossero da ritenersi essere stati emessi esclusivamente sulla base del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, senza alcun cumulo con l’art. 1676 c.c., ritenendo erroneamente assorbita la questione.

2. Con il secondo motivo le ricorrenti denunziano la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 e degli artt. 12 e 14 disp. gen. (cd. preleggi), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente ed illegittimamente la Corte territoriale interpretato l’inciso “prima difesa” contenuto nel D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, ai fini della valutazione di ritualità della eccezione sul beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore, sollevata dal committente, per la prima volta, nell’ambito di un giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., incardinata sulla base di un decreto ingiuntivo opposto e divenuto esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c.. Sostengono che: a) il dato letterale non limitava l’operatività della eccezione alla sola fase del giudizio di cognizione e non, invece, anche a quello di esecuzione: ciò avendo riguardo all’esame dei lavoro preparatori della disposizione come modificata e alla sua natura diretta a trasformare la obbligazione del committente in una obbligazione meramente sussidiaria e di garanzia; b) la ratio dell’istituto del beneficio della preventiva escussione non consisteva nel tutelare solo le istanze difensive del creditore procedente, quanto anche quelle del committente chiamato eccezionalmente a rispondere di debiti non propri; c) la disposizione di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, aveva carattere eccezionale e speciale per cui essa andava applicata solo nei casi tassativamente previsti, ai sensi dell’art. 14 preleggi.

3. Con il terzo motivo le società censurano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24,3 e 111 Cost. e del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, stante il mancato, illegittimo riconoscimento, da parte dei giudici di seconde cure, della fondatezza della questione di incostituzionalità sollevata, in via incidentale, da Trenitalia. Deducono che l’interpretazione della norma in questione, operata dalla Corte di merito, che esponeva il debitore ad un necessario, defatigatorio ed antieconomico giudizio ex art. 645 c.p.c., era assolutamente irrazionale ed illogico nonchè in contrasto con i principi di celerità ed economicità processuali posti dall’art. 111 Cost..

4. Il primo motivo è inammissibile.

5. La ricorrente, infatti, si duole dell’omessa pronuncia, da parte della Corte territoriale, su di una questione – già prospettata in prime cure per il contenzioso di alcuni lavoratori – riguardante la circostanza secondo cui i decreti ingiuntivi dovevano ritenersi essere stati emessi esclusivamente sulla base del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, nza alcun cumulo con l’art. 1676 c.c., sul presupposto che la questione era stata ritenuta assorbita.

6. Orbene, va ribadito l’orientamento di legittimità (Cass. 5.11.2014 n. 23558; Cass. 1.3.2007 n. 4804; Cass. 22.9.2017 n. 22095) in virtù del quale si è ritenuta inammissibile la censura sollevata dal ricorrente (su detto punto non soccombente) relative a questioni sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato ritenendole assorbite, atteso che in relazioni a tali tematiche manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza.

7. Nella fattispecie in esame, la società non può infatti ritenersi soccombente in quanto la questione è stata valutata proprio come da essa propugnata, cioè considerando il provvedimento monitorio emesso ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2.

8. Il secondo ed il terzo motivo, da trattarsi congiuntamente per connessione logico-giuridica, non sono fondati sia pure con le integrazioni e precisazioni motivazionali che seguono ex art. 384 c.p.c..

9. Ai fini dell’esame dei suddetti motivi, occorre partire da due dati relativi alla responsabilità solidale D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29, comma 2: il primo concerne la individuazione del regime normativo applicabile; il secondo riguarda il modello di responsabilità solidale concernente la fattispecie in esame.

10. Orbene, con riguardo al primo, ai fini di valutare la responsabilità del committente imprenditore con quella dell’appaltatore, va affermato, conformemente a quanto statuito in sede di legittimità (Cass. n. 4237 del 13.2.2019) che, per la sua natura sostanziale il regime di solidarietà applicabile è quello vigente al momento dell’assunzione dell’obbligazione, cioè quando sorge il credito del lavoratore.

11. Nella fattispecie in esame, il credito è maturato il 28 giugno 2012, per la sua matrice causale nel CCNL del 28.6.2012 (cfr. Cass. n. 4237/2019 citata, in fattispecie analoga) e, quindi, la disciplina di riferimento è rappresentata dall’art. 29, comma 2 nel testo novellato dal D.L. 9 febbraio 2012, art. 21, conv. con modific. della L. 4 aprile 2012, n. 35 (in vigore dal 7.4.2012 al 17 luglio 2012) e non quella individuata dalla Corte di appello (cioè il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, come novellato dalla L. n. 92 del 2012, art. 4, comma 31, lett. b), in vigore dal 18 luglio 2012).

12. Con riguardo al secondo punto, deve sottolinearsi che, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, vigente ratione temporis, in virtù del beneficium di excussionis ivi previsto, la responsabilità solidale ravvisabile è di tipo sussidiario, in presenza però di determinate condizioni: altrimenti si riespande tra i coobbligati un tipo di solidarietà in senso stretto.

13. Ciò premesso, del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, in vigore dal 7.4.2012 al 17.7.2012, cioè nel periodo in cui – nel caso de quo – deve ritenersi sorto il credito del lavoratore, testualmente recita: “In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonchè i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Ove convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore, il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di entrambi gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore. L’eccezione può essere sollevata anche se l’appaltatore non è stato convenuto in giudizio, ma in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare i beni del patrimonio dell’appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi. Il committente imprenditore o datore di lavoro che ha eseguito il pagamento può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali”.

14. La fattispecie normativa regola, quindi, due ipotesi: a) quando il committente imprenditore sia convenuto in giudizio per il pagamento, unitamente all’appaltatore. In tal caso il committente può, nella prima difesa, eccepire il beneficio dell’escussione ed allora, accertata la responsabilità solidale di entrambi gli obbligati, l’azione esecutiva può essere intentata solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore; b) quando l’appaltatore non sia convenuto in giudizio e, in tale caso, l’eccezione può essere sollevata, senza la previsione di alcun limite processuale, ma devono essere indicati i beni del patrimonio dell’appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi.

15. Il termine “può” si riferisce naturalmente alla facoltà dell’obbligato, debitore di avvalersi del beneficium excussionis potendo quest’ultimo limitarsi anche a contestare unicamente l’an debeatur e/o la propria legittimazione passiva.

16. La prima questione da risolversi è, pertanto, quella di accertare se Trenitalia spa possa considerarsi convenuta nel giudizio di cognizione diretto all’accertamento della responsabilità solidale.

17. La società è stata destinataria, infatti, unitamente alla ditta appaltatrice, di un decreto monitorio con cui veniva ingiunta la somma oggetto della pretesa del lavoratore; tale provvedimento, però, non è stato pacificamente opposto ex art. 645 c.p.c..

18. Tuttavia deve ritenersi, ai sensi del disposto ex art. 643 c.p.c., che la committente società era stata convenuta nel giudizio di accertamento della responsabilità perchè la instaurazione della lite (litispendenza) si era avuta con la notifica del decreto ingiuntivo.

19. La locuzione “prima difesa”, di cui del citato art. 29, comma 2, sia per la collocazione logico-sistematica nell’ambito della disposizione, sia perchè il concetto di “prima difesa” presuppone un giudizio in corso (altrimenti non avrebbe senso parlare di “prima difesa”), non può che riferirsi al giudizio di cognizione, in relazione al quale andava eccepito il beneficium excussionis.

20. Nella fattispecie, Trenitalia spa – pur essendo parte della lite – non ha inteso proporre opposizione ex art. 645 c.p.c.: è divenuta, quindi, definitiva la pronuncia di condanna monitoria statuita nei suoi confronti e, conseguentemente, l’azione esecutiva -secondo quanto evidenziato nella ipotesi sub a) – del creditore non può incontrare limiti perchè nulla, in tema di preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore era stato rite et recte eccepito.

21. Resta da stabilire, come seconda questione, se la norma di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, vigente ratione temporis, come sopra interpretata, presenti i profili di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 24,3 e 111 Cost., oggetto della terza censura.

22. Questo Collegio, condividendo l’assunto dei giudici di seconde cure, esclude tale possibilità rilevando, da un lato, la ragionevolezza della disposizione che è finalizzata a contestualizzare e rendere certo l’accertamento della responsabilità solidale sussistente tra le parti nella futura fase esecutiva, se cioè da intendersi in senso stretto o sussidiaria.

Dall’altro, deve darsi atto che non si desume neanche una disparità di trattamento, aderendo alla suddetta ricostruzione, nè sotto il profilo della antieconomicità, perchè la questione della sussistenza del beneticium excussionis, prospettata con l’opposizione ex art. 645 c.p.c., ovvero ex art. 615 c.p.c., comunque comporta l’instaurazione di un ordinario giudizio di cognizione, con lo svantaggio, però, nella seconda ipotesi, di rallentare l’azione di recupero del credito, nè sotto quello della consistenza della pronuncia sull’an debeatur, in considerazione del riconoscimento della autorità del giudicato che trova applicazione, in ipotesi di condanna al pagamento di una somma di denaro, anche in riferimento al decreto ingiuntivo non opposto o dichiarato estinto (cfr. Cass. 24.9.2018 n. 22465; Cass. 28.11.2017 n. 28318).

23. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

24. Al rigetto del ricorso segue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione.

25. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida – per ciascuno dei controricorrenti – in complessivi Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore antistatario dei controricorrenti medesimi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA