Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34193 del 20/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 20/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 20/12/2019), n.34193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13326/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati SERGIO

PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO;

– ricorrente –

contro

P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1141/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/11/2013 R.G.N. 181/2011.

Fatto

RITENUTO

che:

1. P.A. già iscritto al soppresso fondo degli addetti ai pubblici servizi di trasporto ed in possesso dei requisiti per godere della pensione di anzianità, si era avvalso del diritto, di cui alla L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 13, a percepire dal datore di lavoro l’ammontare dei contributi a decorrere da febbraio 2008 e sino al 30 giugno 2009, momento in cui aveva conseguito la pensione.

2. L’accesso alla pensione era appunto avvenuto il 30.6.2009 ma l’Inps aveva incluso nella quota A di pensione, cioè in quella relativa alla contribuzione maturata sino al 31.12.1992, solo i ratei di mensilità aggiuntive effettivamente corrisposti nei dodici mesi precedenti la data fino alla quale è considerata prestata l’attività lavorativa ai fini del trattamento pensionistico e cioè sino al primo febbraio 2008, con la conseguenza che erano stati esclusi nella base contributiva i ratei della tredicesima relativa all’anno 2008 ed all’anno 2009 e della quattordicesima relativa ai medesimi anni;

3. Rigettata la domanda in primo grado e proposto appello dal P., la Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 1141 del 2013, riformava la sentenza del Tribunale ed accoglieva l’impugnazione rilevando che, ai sensi della L. n. 243 del 2004, art. 1, commi 12-13, per il calcolo della pensione doveva computarsi la retribuzione in godimento al momento dell’esercizio dell’opzione, considerando non solo le somme effettivamente percepite ma anche quelle che sarebbero state percepite se il rapporto fosse effettivamente cessato alla data di esercizio dell’opzione;

propone ricorso per cassazione l’INPS con unico motivo;

P.A. è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si deduce la violazione e falsa applicazione di legge (L. n. 243 del 2004, art. 1, commi 12 e 13, D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6 e successive modificazioni, L. n. 297 del 1982, art. 6) atteso che ai fini della determinazione della retribuzione pensionabile, a favore dei lavoratori che hanno esercitato l’opzione, si applica il principio generale secondo cui le gratifiche e le mensilità eccedenti la 13ma devono essere computate nel periodo di paga in cui sono effettivamente percepite, secondo il principio generale di coincidenza temporale tra obbligo retributivo ed obbligo contributivo; pertanto la contribuzione corrisposta direttamente al lavoratore per effetto dell’opzione di cui alla L. n. 243 del 2004, ex art. 1, commi 12 e 13, includeva i ratei di 13ma e 14ma già maturati i quali non potevano quindi entrare nella retribuzione pensionabile;

2. il motivo è infondato in forza dei principi espressi da questa Corte di legittimità (Cass. n. 25025 del 31.1.2017, n. 21668 del 2017) cui si intende dare continuità;

3. dispone la L. n. 243 del 2003, art. 1, comma 12: “Per il periodo 2004-2007, al fine di incentivare il posticipo del pensionamento, ai fini del contenimento degli oneri nel settore pensionistico, i lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano maturato i requisiti minimi indicati alle tabelle di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, commi 6 e 7, per l’accesso al pensionamento di anzianità, possono rinunciare all’accredito contributivo relativo all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive della medesima. In conseguenza dell’esercizio della predetta facoltà viene meno ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro a tali forme assicurative, a decorrere dalla prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà. Con la medesima decorrenza, la somma corrispondente alla contribuzione che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale, qualora non fosse stata esercitata la predetta facoltà, è corrisposta interamente al lavoratore”;

il successivo comma 13 stabilisce: “All’atto del pensionamento il trattamento liquidato a favore del lavoratore che abbia esercitato la facoltà di cui al comma 12 è pari a quello che sarebbe spettato alla data della prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà, sulla base dell’anzianità contributiva maturata alla data della medesima scadenza.

Sono in ogni caso fatti salvi gli adeguamenti del trattamento pensionistico spettanti per effetto della rivalutazione automatica al costo della vita durante il periodo di posticipo del pensionamento”;

4. la questione oggetto del giudizio riguarda la determinazione della retribuzione pensionabile per il lavoratore che ha esercitato l’opzione e goduto del c.d. bonus relativo al posticipo del pensionamento stabilito dalle norme citate ed in particolare occorre stabilire se, in seguito al godimento del cd. bonus, la retribuzione pensionabile includa anche il computo dei ratei di tredicesima e di quattordicesima già maturati all’atto della domanda di esercizio dell’opzione per il conseguimento del bonus e la prosecuzione del rapporto di lavoro;

5. a fronte della tesi accolta dalla sentenza impugnata, secondo cui la pensione (e la sua base pensionabile) si cristallizza al momento dell’esercizio dell’opzione, con inclusione dei ratei di tredicesima e quattordicesima maturati e su cui erano dovuti i contributi, si contrappone la tesi dell’INPS secondo la quale nel maturato che integra la base pensionabile non si calcolano i predetti ratei in quanto i contributi sulle componenti extramensili devono essere pagati solo nel periodo di paga (dicembre per la tredicesima e giugno per la quattordicesima) in cui vengono effettivamente corrisposte, secondo il criterio di cassa che regola il pagamento della contribuzione; pertanto, essi erano dovuti al lavoratore nel corso della prosecuzione del rapporto, in conformità al criterio stabilito dalla legge secondo cui con l’esercizio dell’opzione il lavoratore rinuncia alla contribuzione e la somma corrispondente alla contribuzione che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale, qualora non fosse stata esercitata la predetta facoltà, viene corrisposta interamente al lavoratore;

6. la tesi patrocinata dall’INPS è infondata essendo smentita dalla L. n. 243 del 2003, art. 1, comma 13, dal quale risulta chiaramente che il trattamento pensionistico liquidato a favore del lavoratore che abbia esercitato la facoltà di opzione deve essere “pari a quello che sarebbe spettato” ove egli non avesse esercitato la stessa facoltà; e, poichè in caso di cessazione del rapporto sui ratei di tredicesima e quattordicesima maturati sarebbero stati versati i contributi, in quanto rientranti nella retribuzione imponibile, lo stesso deve accadere per l’ipotesi di opzione e prosecuzione del rapporto, in base al criterio di parità ed alla fictio iuris previsti dalla norma;

7. in conclusione, la retribuzione pensionabile equivale alla retribuzione imponibile, mentre il criterio di cassa per il pagamento dei contributi dovuti in relazione a gratifiche, conguagli e premi, stabilito per il pagamento dei contributi dovuti in relazione a gratifiche, conguagli e premi, stabilito dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, comma 9, può operare soltanto per i normali rapporti in corso ma non per quelli cessati prima del mese di corresponsione delle stesse somme;

8. pertanto la sentenza della Corte territoriale si sottrae alle censure di cui al ricorso dell’INPS che va rigettato; nulla per le spese attesa la mancanza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2019

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