Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3419 del 08/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.08/02/2017),  n. 3419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25710/2015 proposto da:

ROMA CAPITALE (già Comune di Roma), C.F. (OMISSIS), in persona del

Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, V. TEMPIO DI

GIOVE 21, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CIAVARELLA, che lo

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato

DOMENICO ROSSI, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5791/6/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, emessa il 18/11/2013 e depositata il 29/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO

NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 5791/06/14, depositata il 29 settembre 2014, non notificata, la CTR del Lazio ha rigettato l’appello proposto dal Comune di Roma Capitale nei confronti della società D.G. S.r.l. per la riforma della sentenza della CTP di Roma, che, pronunciando su ricorso della contribuente avverso avviso di accertamento ai fini ICI per gli anni dal 2002 al 2005, aveva accolto il ricorso della contribuente.

Avverso la sentenza della CTR il Comune di Roma Capitale ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.

L’intimato non ha svolto difese.

Con l’unico motivo il Comune ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, in combinato disposto con il D.M. 19 aprile 1994, n. 701, art. 2, commi 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la pronuncia impugnata ha erroneamente negato l’efficacia retroattiva, per la determinazione della base imponibile ICI, della rendita catastale attribuita all’unità immobiliare in oggetto a seguito di denuncia di variazione DOCFA presentata dal contribuente con denuncia del 31 marzo 2005; ciò in quanto quest’ultima avrebbe avuto valore meramente rettificativo (per esatta rappresentazione grafica) della precedente dichiarazione del 1986 per fusione d’immobili e “preallineamento”.

Il motivo, così formulato, è inammissibile.

Esso si basa, infatti, su un presupposto fattuale, quello che la rendita attribuita nel 2006 a seguito di denuncia DOCFA del 2005, avrebbe avuto la funzione di correggere errori rispetto alla rendita attribuita con l’originaria denuncia del 1986, che risulta peraltro smentito da quello che costituisce un tipico accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, che ha espressamente escluso detta circostanza, “non avendo il Comune dimostrato, neanche nella presente fase di gravame, che le stesse” (cioè le variazioni in questione, alle quali, ai fini dell’applicabilità della rendita attribuita in ragione delle stesse, è stata riconosciuta efficacia solo dal 2006 in avanti) “erano preesistenti alla denuncia presentata dalla parte”.

Non si tratta quindi, nella fattispecie, d’imputare alla pronuncia impugnata un’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di diritto riportate in epigrafe, avendo la sentenza operato una corretta ricognizione dei principi affermati in materia dalla giurisprudenza di questa Corte in essa richiamata nel quadro dell’ipotizzato vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, conseguendo l’affermazione dell’applicazione non retroattiva della rendita rettificata, ai fini della determinazione della base imponibile ICI, ad un accertamento di fatto del giudice di merito, che avrebbe dovuto essere censurato nei limiti di quanto tuttora consentito dall’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, norma neppure invocata dall’Amministrazione comunale ricorrente (cfr. tra le molte, più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2016, n. 17610; Cass. sez. 5, 30 dicembre 2015, n. 26110).

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla va statuito in ordine alle spese, non avendo l’intimato svolto difese.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente Comune di Roma Capitale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017

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