Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3419 del 03/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 03/02/2022, (ud. 24/11/2021, dep. 03/02/2022), n.3419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

il ricorso 23024-2016 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ASSISI n.

7, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA MORFU’, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA GAROFALO;

– ricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 520/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 17/5/2016 R.G.N. 1181/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2021 dal Consigliere Dott.ssa DI PAOLANTONIO ANNALISA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza del Tribunale di Castrovillari che aveva accolto il ricorso proposto da M.R. nei confronti della Regione Calabria, ha respinto tutte le domande, volte ad ottenere l’accertamento del diritto ad essere inquadrato nella categoria D3 con decorrenza dal 24 luglio 2001 e la condanna dell’ente convenuto al pagamento delle differenze retributive nonché dell’indennità di vigilanza prevista dall’art. 37 del c.c.n.l. 6 luglio 1995;

2. la Corte territoriale ha premesso che l’appellato, inquadrato nella sesta qualifica funzionale e poi nell’area C, posizione economica C5, aveva dedotto di vere sempre svolto le funzioni di ispettore fitosanitario, riconducibili all’area D, e di avere pertanto diritto all’attribuzione della qualifica superiore e, -conseguentemente, a percepire il trattamento economico corrispondente alla professionalità posseduta;

3. il giudice d’appello ha rilevato che sulla base delle tabelle di corrispondenza allegate al CCNL 31.3.1999 il datore di lavoro non poteva che riconoscere all’appellato l’inquadramento nell’area C, corrispondente alla sesta qualifica funzionale, sicché il M. avrebbe dovuto contestare il preventivo inquadramento nella sesta qualifica, in ragione del quadro normativo previgente e delle mansioni di fatto svolte, ma la questione non era stata dedotta in giudizio;

4. la Corte territoriale ha aggiunto che per il personale dell’area della vigilanza il c.c.n.l. integrativo del 14 settembre 2000 aveva dettato, all’art. 29, una specifica disciplina del passaggio dall’area C alla D, della quale l’originario ricorrente non aveva tenuto alcun conto;

5. ha precisato, poi, che la domanda di differenze retributive per lo svolgimento il fatto di mansioni superiori era stata inammissibilmente formulata solo in grado di appello ed infine ha escluso anche la spettanza dell’indennità prevista dall’art. 37 del CCNL 6 luglio 1995 perché riservata ai dipendenti che svolgono le funzioni di cui alla L. n. 65 del 1986, art. 5, sull’ordinamento della Polizia municipale, ossia cumulativamente i compiti di polizia giudiziaria, di polizia stradale e di pubblica sicurezza;

6. per la cassazione della sentenza M.R. ha proposto ricorso sulla base di due motivi, ai quali non ha opposto difese la Regione Calabria, rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorso denuncia, con il primo motivo formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,414,416,435 c.p.c. e del D.Lgs. n. 214 del 2005, art. 34 nonché omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti e addebita, in sintesi, alla Corte territoriale di non avere considerato che la Regione Calabria non aveva mai contestato l’esercizio delle funzioni di ispettore fitosanitario che, quindi, costituiva fatto pacifico;

1.1. il ricorrente aggiunge che i compiti riservati agli ispettori fitosanitari sono descritti dal legislatore, ed in particolare dal D.Lgs. n. 214 del 2005, art. 34, del quale la contrattazione collettiva, risalente al 31 marzo 1999 non poteva tenere conto;

2. la seconda censura, formulata ex art. 360 c.p.c., n. 3, denuncia la violazione o falsa applicazione, degli artt. 3, 7 e dell’Allegato 1 del CCNL 31 marzo 1999 per il personale del comparto Regioni ed autonomie locali nonché dell’art. 9, punto n. 7, del CCDI Regione Calabria e, richiamate le declaratorie contrattuali, sostiene che quella dell’area D è sovrapponibile al profilo dell’ispettore fitosanitario descritto dal D.Lgs. n. 214 del 2005, art. 34, assimilabile, quest’ultimo, a quello degli ispettori metrici;

2.1. precisa, inoltre, il ricorrente di non avere posto a fondamento della domanda l’asserito svolgimento di mansioni superiori, bensì di avere contestato l’inquadramento, sul rilievo che il profilo professionale pacificamente posseduto doveva essere ricondotto all’area D;

2.2. infine, quanto all’indennità prevista dall’art. 37 del CCNL 6.7.1995 addebita al giudice d’appello di non avere tenuto conto del Contratto Collettivo Decentrato, prodotto in atti, che prevede una specifica indennità per gli ispettori fitosanitari che svolgono effettive funzioni ispettive (art. 9, comma 7 del CCNL);

3. il ricorso è inammissibile in tutte le sue articolazioni;

3.1. la giurisprudenza di questa Corte (cfr. fra le tante Cass. n. 9117/2021) è consolidata nell’affermare che l’oggetto del giudizio di legittimità è il controllo sulla legalità e logicità della decisione impugnata e quindi il giudizio deve svolgersi entro detti limiti, che non consentono di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa;

3.2. i motivi, pertanto, devono avere i caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla pronuncia gravata, il che comporta l’esatta individuazione del capo della sentenza impugnato e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le ragioni per le quali lo stesso è affetto dal vizio denunciato;

3.3. se ne è tratta la conseguenza che la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi, richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 4, e determina l’inammissibilità, in tutto o in parte del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (cfr. fra le tante Cass. n. 20910/2017, Cass. n. 17125/2007, Cass. S.U. n. 14385/2007);

3.4. nello storico di lite si è evidenziato che la Corte territoriale, per respingere la domanda di inquadramento nell’area D, ha valorizzato la tabella di corrispondenza prevista dal CCNL 31 marzo 1999 (secondo la quale gli impiegati della sesta qualifica funzionale dovevano essere inquadrati nell’area C) e la disciplina specifica dettata per le progressioni di carriera del personale di vigilanza dall’art. 29 del CCNL 14 settembre 2000, ed ha evidenziato che il ricorrente avrebbe dovuto contestare l’originario inquadramento, non quello successivamente attribuito nel rispetto delle previsioni della contrattazione collettiva, alla quale il legislatore ha riservato la materia del trattamento retributivo e della classificazione del personale;

3.5. la censura, tutta incentrata sul principio di non contestazione e sul pacifico svolgimento di mansioni riconducibili alla qualifica di ispettore fitosanitario, come descritta dal legislatore, non si confronta per nulla con la ratio decidendi della decisione impugnata e sviluppa argomenti che non valgono a confutare le ragioni del rigetto della domanda perché, sostanzialmente, ripetono quelli formulati nel ricorso iscritto al n. 20696/2016 R.G., con il quale è stata impugnata la sentenza n. 196/2016 della stessa Corte territoriale, che ha respinto analoga domanda ma sulla base di un diverso inter argomentativo (in quel caso fondato sulla mancanza di prova e di allegazione delle mansioni svolte);

3.6. l’assenza della specifica necessaria attinenza al decisum si riscontra anche in relazione alla domanda di pagamento delle sole differenze retributive che la Corte territoriale, dopo avere escluso per le ragioni sopra dette la fondatezza della domanda principale, ha ritenuto, non infondata, bensì inammissibile in quanto formulata solo in grado di appello;

4. alla sanzione di inammissibilità non sfugge il secondo motivo nella parte in cui, quanto all’indennità di vigilanza, fa leva sull’asserita violazione dell’art. 37 del CCI 2008 del quale è denunciata la violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3;

4.1. la giurisprudenza di questa Corte da tempo è consolidata nell’affermare che, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63 e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, la denuncia della violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammessa solo con riferimento a quelli di carattere nazionale, per i quali è previsto il particolare regime di pubblicità di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 47, comma 8, mentre i contratti integrativi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dal contratto nazionale, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, con la conseguenza che la loro interpretazione è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei limiti fissati dall’art. 360 c.p.c., n. 5 nel testo applicabile ratione temporis (cfr. fra le tante Cass. n. 5565/2004; Cass. n. 20599/2006; Cass. n. 28859/2008; Cass. n. 6748/2010; Cass. n. 15934/2013; Cass. n. 4921/2016, Cass. n. 16705/2018; Cass. n. 33312/2018; Cass. n. 20917/2019; Cass. n. 7568/2020; Cass. n. 25626/2020);

5. in via conclusiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, conseguentemente, occorre dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente;

6. non occorre, invece, provvedere sulle spese del giudizio di legittimità perché la Regione Calabria è rimasta intimata.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 24 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2022

 

 

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