Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34172 del 20/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 20/12/2019), n.34172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – rel. Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17537/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n.

12;

– ricorrente –

contro

S.G., con gli avvocati Claudio Berliri e Alessandro Cogliati

Dezza nel domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via

Alessandro Farnese, n. 7;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il

Lazio, – Sez. 06 n. 1422/06/15 depositata in data 11/03/2015 e non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 giugno

2019 dal Co: Marcello M. Fracanzani.

Fatto

RILEVATO

Il contribuente è stato dipendente ENEL, soggetto al regime previdenziale ENEL – Fndai ante 28 aprile 1993, c.d. “vecchi iscritti”. Ha proposto istanza di rimborso della maggiore ritenuta Irpef operata dal sostituto (Enel spa) sulla quota parte della liquidazione derivante dalla prestazione di previdenza integrativa che, affermava, doveva essere sottoposta a tassazione separata con l’aliquota del 12,5%.

Impugnava quindi il silenzio rigetto, ottenendo riscontro favorevole in CTP, con parziale riforma in CTR, a sua volta impugnata dall’Ufficio avanti questa Corte che nel 2013 cassava con rinvio, precisando l’originario principio di cui alla sentenza resa a Sezioni Unite n. 13640/2011.

Non di meno, nel giudizio rescissorio la CTR ha esteso l’aliquota del 12,5% anche sulla somma di provenienza PIA, fondandosi sulle perizie (dottori P. e V.) prodotte dal contribuente.

Ricorre quindi l’Ufficio con cinque motivi, cui replica il contribuente. In prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato brevi memorie.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo si prospetta nullità della sentenza per carenza dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 2 e 4, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Nella sostanza si lamenta che la sentenza non abbia i requisiti minimi di contenuto, perchè priva della concisa esposizione dei fatti e assistita da motivazione meramente apparente.

Deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9105 del 07/04/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr. Cass. V, 24313/2018).

Dalla lettura della sentenza in oggetto, per contro si evince la sequenza dei fatti processuali, nonchè le ragioni del giudicante che ha dimostrato adesione alle perizie contabili attuariali prodotte (cfr. pag. 4 e 5 sentenza gravata).

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

2. Con il secondo motivo si prospetta violazione art. 115 e 116 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, art. 384 c.p.c., in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Nella sostanza, lo stesso contribuente in sede di riassunzione, prende atto che questa Corte all’esito del giudizio rescindente nel 2013 ha distinto PIA e Fondenel, mentre la CTR sulla base delle perizie P. e V. rinuncia ad approfondire la distinzione per i profili di redditività.

Con il terzo motivo si lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, nonchè artt. 384 e 392 c.p.c., in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, laddove la CTR nel giudizio rescissorio non ha concretamente verificato quale parte della somma corrisposta al contribuente fosse frutto di investimento sul mercato (non necessariamente finanziario) e quale frutto di rendita di capitale.

Con il quarto motivo si lamenta violazione art. 2697 c.c., in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la CTR ha qualificato la natura delle somme senza svolgere alcuna analisi dei meccanismi di funzionamento dei fondi, fondandosi sulle perizie di parte che non costituiscono fonti di prova.

I motivi secondo, terzo e quarto possono essere trattati congiuntamente stante la loro connessione.

3. Occorre anzitutto rammentare che, a decorrere dal 1 gennaio 1986 (in base all’art. 12, comma 4 del CCNL del 16 maggio 1985, recepito dall’Enel), venne prevista a favore dei dirigenti Enel la stipula

di un’assicurazione sulla vita con la previsione contrattuale dell’erogazione di una prestazione al momento del collocamento a riposo.

Successivamente, sempre nel 1986 (16 aprile 1986), a seguito di apposita richiesta delle rappresentanze sindacali dei dirigenti, tale previsione venne modificata con l’accordo tra l’Enel e la Federazione nazionale dirigenti di aziende industriali (Fndai), in virtù del quale venne sostituito il trattamento assicurativo di cui sopra con un rapporto di previdenza pensionistica integrativa (c.d. P.I.A., ovvero Previdenza Integrativa Aziendale) con prestazioni da erogare in forma di trattamento periodico (ciò peraltro con efficacia retroattiva al 1 gennaio 1986, da ciò potendosi desumere che la disposizione che prevedeva la stipula di polizze vita di fatto non venne mai applicata).

Tale forma di previdenza venne però dismessa nel 1998 e i fondi accumulati trasferiti a Fondenel, Fondo di Previdenza integrativa esterno, chiamato a gestire una forma di previdenza complementare a capitalizzazione individuale, con diritto degli aderenti alla liquidazione dell’intero capitale in luogo della rendita vitalizia.

4. Questa Corte, a sezioni unite (22 giugno 2011, n. 13642), ha poi ritenuto che, in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, rt. 6, b) per gli importi maturati a decorrere dall’1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 cit., agli art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17. Il trattamento tributario dei “vecchi” iscritti, quindi prima del 21 aprile 1993, dipende dalla “composizione strutturale delle prestazioni”, che sono appunto composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole misura dal lavoratore) e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato.

5. Sul punto la successiva giurisprudenza di questa Corte (Cass., 26 aprile 2017 n. 10285 e Cass., 18 ottobre 2017, n. 24525; Cass., 7 marzo 2018, n. 5436; Cass., 4941/2018) si è già attestata, con numerosi arresti, di gran lunga prevalenti su quelli di segno diverso, su una lettura del principio affermato dalle Sezioni Unite secondo la quale il predetto più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento, da parte del fondo, sul mercato finanziario (o comunque di riferimento), del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento.

6. Pertanto, l’applicazione del più favorevole meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (con aliquota del 12,5%), si giustifica in ragione della “equiparazione” tra i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e (quelli corrisposti in dipendenza di contratti) di capitalizzazione posta dall’art. 41 (ora 44), comma 1, lett. g-quater), e art. 42 (ora 45), comma 4, t.u.i.r., con applicazione analogica dell’art. 6 suddetto ai capitali corrisposti in dipendenza di contratti di capitalizzazione.

Solo se e in quanto, dunque, nei capitali corrisposti possano identificarsi “redditi di capitali derivanti da contratti di capitalizzazione” può giustificarsi l’applicazione del meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6, senza possibilità di operare alcuna distinzione tra PIA e Fondenel.

7. Resta dunque confermato che sono tassabili con l’aliquota del 12,5% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, i capitali maturati anteriormente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti al fondo di previdenza integrativa di che trattasi (P.I.A., poi Fondenel) prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, limitatamente a quella parte di essi costituita dal rendimento netto, derivante dalla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato, con la realizzazione di un rendimento.

8. E’ però certo da escludere che tale requisito possa considerarsi soddisfatto dall’essere il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività ottenuta sul mercato dell’intero patrimonio dell’Enel, poichè tale coerenza costituisce il risultato di una mera operazione matematica e non effettivamente il frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato.

9. La Commissione tributaria, quindi, non ha applicato in modo corretto il principio di diritto impartito nel giudizio rescindente.

Nello specifico dalla sentenza risulta che l’unica somma rinveniente dall’investimento sul mercato finanziario (certificata da Fondenel) è di Euro 47.808,24 e su questa sola somma deve essere applicata aliquota del 12,5%. Dal contenuto della perizia riportata nella stessa sentenza e prodotta dal contribuente, risulta che la somma di Euro 854.424 non deriva dal rendimento di somme investite sul mercato finanziario quale espressa condizione fissata nel giudizio rescindente per consentire l’agevolazione, ma al contrario trattasi dell’accantonamento dei fondi PIA nel bilancio dell’Enel e dei rendimenti riconosciuti dalla società Enel, quindi non di plusvalenza generata da investimenti sul libero mercato (finanziario o meno) di riferimento.

I motivi secondo, terzo e quarto sono quindi fondati e meritano accoglimento.

10. Con il quinto motivo, in via subordinata ai motivi 1, 2, 3 e 4, si lamenta omesso esame di fatto di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in paramento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. In altri termini, nell’affermare che il contribuente aveva provato l’impiego sui mercati finanziari dei capitali affluiti nella PIA, la CTR avrebbe omesso di esaminare il fatto storico costituito dalle norme applicabili. Il motivo, posto in via subordinata, è assorbito dall’accoglimento dei motivi precedenti.

11. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con l’accoglimento parziale del ricorso introduttivo della contribuente (in adesione a numerosi precedenti conformi: Cass., 16116/2018; Cass., 16117/2018; Cass. 161118/2018; Cass., 16123/2018).

E’, infatti, appurato che l’unica somma rinveniente dall’investimento sul mercato finanziario (certificata da Fondenel) è di Euro 47.808,24 e su questa sola somma deve essere applicata aliquota del 12,5%.

Le spese del grado del giudizio possono essere compensate stante la parziale soccombenza reciproca.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte respinge il primo motivo, accoglie il secondo, terzo e quarto, assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara doversi applicare l’aliquota del 12,5% solo sulla somma di Euro 47.808,00. Rigetta per il resto il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2019

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