Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3417 del 08/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.08/02/2017),  n. 3417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25646/2015 proposto da:

EQUITALIA CENTRO S.P.A., C.F. e P.I. (OMISSIS), in persona del suo

Procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MUZIO

CLEMENTI 48, presso lo studio dell’avvocato PIEREMILIO SAMMARCO, che

la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

G.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 613/8/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, emessa il 16/03/2015 e depositata il

23/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO

NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

La CTR dell’Emilia Romagna, con sentenza n. 613/8/15, depositata il 23 marzo 2015, non notificata, rigettò l’appello proposto da Equitalia Centro S.p.A. nei confronti del sig. G.F. avverso la sentenza della CTP di Parma, che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente per l’annullamento di ventidue avvisi d’intimazione di pagamento per mancata allegazione delle cartelle di pagamento ad essi riferite.

Avverso la pronuncia della CTR Equitalia Centro S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo. L’intimato non ha svolto difese.

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, in combinato disposto con la L. n. 212 del 2000, art. 7, per essersi ritenuto sussistente l’onere di produzione delle cartelle esattoriali da parte dell’agente, in assenza dei presupposti di legge.

Il motivo è manifestamente fondato.

Dalla stessa pronuncia impugnata si evince che le cartelle di pagamento in relazione alle quali sono stati poi emessi gli avvisi d’intimazione sono state regolarmente notificate.

A ciò consegue che il loro contenuto doveva essere noto al destinatario delle stesse.

Orbene questa Corte (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 14 gennaio 2015, n. 407; Cass. sez. 5, 2 luglio 2008, n. 18073), ha avuto modo di precisare che – con riferimento all’onere di allegazione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, ultimo periodo, richiesto allorchè se nella motivazione di un atto è fatto riferimento ad altro, quest’ultimo deve essere allegato a quello che lo richiama – esso non sussiste allorchè l’atto presupposto sia da ritenere conosciuto dal contribuente nel suo contenuto.

Ciò è quanto avvenuto nel presente giudizio, nel quale dalla stessa sentenza impugnata è dato evincere che l’agente della riscossione aveva comprovato la regolare notifica di tutte le cartelle prodromiche, il cui contenuto doveva quindi intendersi noto al destinatario.

Il ricorso va dunque accolto per manifesta fondatezza e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

Avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito, mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, cedono a carico dell’intimato secondo soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente.

Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito e condanna l’intimato alla rifusione in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed in Euro 5600,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, ed accessori, se dovuti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017

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