Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34168 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. II, 15/11/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 15/11/2021), n.34168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26775/2019 proposto da:

B.E., rappresentato e difeso dall’avv. FRANCO BERETTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositato il

31/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/02/2021 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

B.E., cittadino del Ghana, a seguito della decisione della Commissione territoriale che aveva respinto la sua istanza di protezione, proponeva richiesta di riconoscimento dello status rifugiato o in subordine della protezione sussidiaria o umanitaria o ancora di asilo innanzi al Tribunale di Cagliari. A sostegno della domanda aveva dichiarato in sede amministrativa che in patria era rimasto orfano e viveva per strada e che era quindi stato aiutato a partire dal Ghana da un amico del padre.

Il Tribunale di Cagliari, con decreto 31 luglio 2019, n. 2308, rigettava la domanda.

2. Avverso la decisione del Tribunale B.E. propone ricorso per cassazione.

Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

1. Il primo motivo denuncia la “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 2008, art. 8 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, previgenti”, in relazione al mancato riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il motivo è inammissibile. L’ampio motivo inizialmente lamenta la non sufficiente valutazione delle dichiarazioni rese in sede di audizione, valutazione che spetta al giudice di merito (v. Cass. 3340/2019), e la non sufficiente considerazione da parte del Tribunale della situazione di vulnerabilità del ricorrente, e in particolare del meritorio percorso di integrazione in Italia, senza confrontarsi con gli argomenti esposti dal Tribunale circa la mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità in relazione allo stato di salute e alla insufficiente integrazione del ricorrente (v. pp. 4, 5 e note 2 e 3 del provvedimento impugnato).

2. Il secondo motivo attiene al “riconoscimento della protezione speciale ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e comma 1, n. 1, come richiamato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, ovvero del diritto d’asilo in relazione all’art. 10 Cost., comma 3”: con l’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari è stato introdotto un permesso di soggiorno per protezione speciale che deve essere rilasciato in ipotesi specifiche; tale considerazione porterebbe “inevitabilmente” a ritenere che torna per l’effetto ad espandersi l’applicabilità dell’art. 10 Cost., comma 3 e conseguentemente il margine di residuale diretta attuazione dell’asilo costituzionale.

Il motivo è inammissibile. Nel caso in esame trova applicazione ratione temporis il permesso per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, d’altro canto invocato dal ricorrente. Le sezioni unite di questa Corte al riguardo hanno infatti precisato che “la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito in L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge” (Cass. n. 29459/2019).

II. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 2.100, oltre spese prenotate a debito.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

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