Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3416 del 11/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 11/02/2021), n.3416

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27998-2018 proposto da:

M.G., T.I., C.L.,

S.C., elettivamente domiciliati in ROMA, SALITA DI SAN NICOLA DA

TOLENTINO 1/B, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO NASO,

rappresentati e difesi dall’avvocato CRISTIANO DALLA TORRE;

– ricorrenti –

contro

UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE PER IL VENETO, UFFICIO SCOLASTICO

REGIONALE PER IL VENETO, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E

RICERCA, (OMISSIS), in persona dei legali rappresentanti pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 875/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 27/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/01/2021 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza pubblicata in data 27/3/2018, la Corte d’appello di Venezia ha accolto l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e, per l’effetto, in riforma della sentenza resa dal Tribunale tra l’appellante e M.G., C.L. (questi due collaboratori scolastici), T.I. e S.C. (entrambi docenti), ha rigettato le domande proposte dagli appellati, aventi ad oggetto il risarcimento del danno derivante dalla illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato stipulati con il Ministero.

A fondamento del decisum la Corte territoriale ha ritenuto che indipendentemente dalla individuazione dei singoli periodi in cui ciascuno dei dipendenti aveva svolto supplenze su posti di organico di diritto e/o di organico di fatto – era assorbente il rilievo che tutti erano stati stabilizzati o attraverso l’operare degli strumenti selettivi e concorsuali, o ai sensi della L. n. 107 del 2015, art. 1; che, in forza dei principi espressi da questa Corte nella sentenza n. 27563/2016 (punti 121 e 122), e nelle numerose altre pure citate, l’intervenuta stabilizzazione era idonea a sanzionare debitamente l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’unione, e, quindi, a riparare tutti i danni riferibili all’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato in difetto di specifiche allegazioni circa l’esistenza di danni ulteriori, diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo, nonchè circa il ricorso, da parte del ministero, ad un uso distorto delle assunzioni a termine.

Contro la sentenza, le parti originarie ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di una pluralità di motivi; hanno resistito con controricorso il Ministero e gli uffici scolastici regionale e provinciale.

La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – con il primo motivo, parte ricorrente deduce l’estinzione del procedimento di appello per il mancato tempestivo deposito dell’atto di riassunzione del processo dopo la sua sospensione in attesa della decisione della Corte costituzionale che, con ordinanza del 3/7/2013, aveva sollevato questione di pregiudizialità dinanzi alla Corte di giustizia: assume parte ricorrente che, dopo il deposito della sentenza della Corte costituzionale, l’Avvocatura distrettuale dello Stato aveva depositato l’atto di riassunzione in modalità cartacea e non in via telematica, secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 179 del 2012, art. 16 bis.

2. – Con il secondo motivo, fo ululato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte ricorrente deduce “Violazione, falsa ed erronea applicazione delle norme di legge in tema di diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza della Corte di Cassazione Sez. Un. 5072/2016 in favore dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario in ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratisi a far data dal (OMISSIS). – Violazione falsa ed erronea applicazione del “principio di equivalenza” e del principio di effettività della tutela”.

2.1. – Si contesta l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui le stabilizzazioni intervenute in forza dello scorrimento delle graduatorie (e non attraverso il cd. Piano straordinario di assunzioni di cui alla L. 13 luglio 2015, n. 107) costituiscono misura adeguata a sanzionare l’abusivo ricorso a una successione di contratti a termine; si sostiene che una siffatta conclusione contrasta con i principi dettati dalla Dir. n. 1999/70/CE e dalla stessa Corte Europea di Giustizia nella nota sentenza Mascolo, la quale, nel rilevare l’aleatorietà della misura della stabilizzazione, ne aveva evidenziata l’assenza di forza dissuasiva e di effettività.

3. – Il terzo motivo è incentrato “Sulla questione pregiudiziale Europea circa la conformità alla Dir. Europea n. 1999/70/CE dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie”.

3.1. – Si chiede a questa Corte, nel caso di conferma delle statuizioni impugnate, la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte di giustizia Europea perchè si pronunci sulla questione indicata in epigrafe, e in particolare sulla violazione della clausola 5, punto 1, come interpretata dalla Corte di giustizia Europea nella sentenza Mascolo.

4. – Con il quarto motivo, parte ricorrente deduce la “Illegittimità costituzionale dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie: ai sensi dell’art. 3 Cost., (principio di eguaglianza), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione alla Clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro allegato alla Dir. Europea n. 1999/70/CE, (principio di equivalenza – principio di effettività), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione alla Carta Europea dei diritti dell’Uomo, art. 6, paragrafo 1”.

4.1. – Il motivo censura la normativa scolastica nazionale rispetto ai principi costituzionali richiamati in rubrica, in base al rilievo che la stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato nel settore scolastico avviene per il futuro, senza alcuna eventuale tutela risarcitoria del danno subito dal lavoratore prima della sua immissione nei ruoli amministrativi.

5. – Con il quinto motivo, a sua volta ripartito in cinque punti, si denuncia a) la violazione, falsa ed erronea applicazione delle norme di legge, a1) in tema di diritto all’integrale risarcimento dei danni, di accertamento e liquidazione del danno (art. 115 c.p.c., e art. 2727 c.c.), a2) in tema di interpretazione della domanda e onere della prova (artt. 112 e 115 c.p.c.), b) la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per motivazione apparente con riferimento al diritto al riconoscimento delle differenze retributive e contributive, c) l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, d) l’illegittima esclusione del risarcimento dei danni ulteriori, diversi rispetto a quelli risarciti con la stabilizzazione.

5.1. – Con quest’ultimo motivo in particolare si censura l’affermazione della Corte territoriale secondo cui le parti ricorrenti non avrebbero allegato nè chiesto di provare l’esistenza di danni ulteriori e diversi rispetto alla immissione in ruolo, a fronte di specifiche allegazioni contenute nel ricorso di primo grado in cui si era esposto che il danno non era limitato alla perdita delle retribuzioni e indennità varie, ma si sostanziava nell’impoverimento della capacità professionale, nel pregiudizio subito per perdita di chances, nella lesione del diritto all’integrità psicofisica, ovvero alla sua immagine e alla vita di relazione, la cui quantificazione non poteva che essere equitativa ricorrendo se del caso anche alla prova presuntiva. La Corte d’appello avrebbe dovuto interpretare correttamente la domanda nel suo contenuto sostanziale, e non avendolo fatto è incorso nel vizio di omesso esame, trascurando di ricercare l’effettivo contenuto della domanda; aggiunge la parte ricorrente che, a fronte di tali allegazioni, il Ministero non aveva specificamente contestato la loro fondatezza.

6. – Il primo motivo è manifestamente infondato.

La questione è stata già sollevata in precedenti ricorsi ed è stata risolta da questa Corte, da ultimo, nell’ordinanza 25/11/2020, n. 26861, alla quale si rinvia anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c., e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.. In particolare, si richiama il principio espresso con riferimento al caso inverso di deposito telematico piuttosto che cartaceo da Cass. 12/05/2016, n. 9772, e da Cass. 23/01/2019, n. 1717, secondo cui si è in presenza di mera irregolarità che non comporta nullità in mancanza di espressa comminatoria ex art. 156 c.p.c., comma 1: ciò anche in forza del principio del raggiungimento dello scopo che l’atto è destinato a conseguire, costituito dalla presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario ai fini della prosecuzione del giudizio, avvenuta utilmente senza vulnus alcuno per le prerogative e i diritti delle parti nel processo (sul raggiungimento dello scopo di atto di riassunzione invalidamente notificato Cass. 29/01/2015, n. 1676).

7. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono inammissibili ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, avendo la Corte territoriale deciso la questione in diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non induce ad un suo mutamento, nè ad una nuova rimessione delle questioni alla Corte costituzionale o alla Corte di giustizia.

7.1. Questa Corte, con sentenza pubblicata in data 12/2/2020, n. 3474, ha ribadito i principi già enunciati nelle sentenze n. 22553/2016 e 22556/2016, nonchè nella sentenza n. 27563/2016, qui integralmente condivisi e ai quali si rinvia anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c., e dell’art. 118 disp. att. c.p.c..

L’elemento di novità della pronuncia sta nel fatto che essa ha confermato il precedente orientamento dopo aver esaminato i riflessi sul quadro normativo e giurisprudenziale della sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio 2019, nella Causa C- 494/17 – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR contro Fabio Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti (di seguito solo Rossato), ritenendo che essi non conducono ad una diversa soluzione rispetto ai precedenti citati.

7.2. Sulle specifiche questioni poste nei motivi di ricorso in esame, questa corte si è poi di recente pronunciata nell’ordinanza 14/1/2021 n. 489, alla quale si rinvia anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c., e dell’art. 118 disp. att. c.p.c..

7.3. In particolare si è richiamato il principio espresso dalla Corte di giustizia (p.45), secondo cui “d’accordo quadro non impone agli Stati membri di prevedere, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, un diritto al risarcimento del danno che si aggiunga alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”.

8. A fronte del pronunciamento della Corte di Giustizia nella sentenza Rossato, possono tenersi felini i principi già espressi da questa Corte (punto 84 della sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016).

Il principio va ribadito anche nel caso in cui l’immissione in ruolo sia stata effettuata sulla base del sistema di avanzamento reso possibile dalle previgenti regole sul reclutamento, nel rispetto dei principi di equivalenza ed effettività (p. n. 85 della sentenza n. 22552 del 2016), poichè “il soggetto leso dall’abusivo ricorso ai contratti a termine ha, comunque, ottenuto, per il (tardivo, imprevedibile nè atteso) funzionamento del sistema di reiterate assunzioni, il medesimo “bene della vita” per il riconoscimento del quale ha agito in giudizio: ed in tal guisa l’abuso perpetrato e l’illecito commessi sono stati, rispettivamente, oggettivamente represso e tendenzialmente riparato”.

8.1. L’equivalenza e l’effettività dell’immissione in ruolo ottenuta secondo il sistema di avanzamento previsto dalle previgenti regole di reclutamento ovvero in forza del piano straordinario di assunzioni è stato, d’altra parte, riconosciuto anche dalla sentenza della Corte di Giustizia nella sentenza Rossato (pp. nn. 34-37).

9. Il quinto motivo è inammissibile.

Anche questo motivo è stato oggetto di esame da parte di questa Corte con la ordinanza n. 489/2021, citata, alla quale si rinvia integralmente non ravvisandosi nel ricorso e nella memoria illustrativa elementi idonei a determinare un ripensamento dei principi in essa affermati.

9.1. – Nel caso in esame, al pari di quello esaminato nell’ordinanza citata, la Corte ha ritenuto generiche e comunque non provate le allegazioni dei ricorrenti circa i danni ulteriori rispetto a quelli riparati dall’intervenuta stabilizzazione; ha altresì escluso che vi sia stata allegazione di un uso improprio o distorto, da parte del Ministero, della tipologia delle supplenze su organico di fatto temporanee.

Il motivo è nella sua complessità inidoneo a scalfire queste affermazioni, presentando evidenti profili di inammissibilità oltre che di infondatezza, sia per la promiscuità e la mescolanza dei motivi, sia con riguardo alla violazione di legge prospettata con riferimento ad una pluralità di norme, senza che risultino indicate con chiarezza le affermazioni della sentenza in contrasto con le norme di legge indicate; è inconferente il richiamo all’art. 112 c.p.c., giacchè non vi è stata alcuna omessa pronuncia (o extra o ultra petizione), ma solo una interpretazione della domanda, non denunciabile (tantomeno) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, (Cass. 11/10/2019, n. 25690).

9.2. – Quanto al vizio di omesso esame di fatti decisivi, anch’esso è inammissibile, non risultando indicato quale sia il fatto – principale o secondario – di cui si predica la decisività e la cui valutazione sarebbe stata del tutto omessa, non potendo rientrare nella nozione di “fatto” la valutazione compiuta dal giudice degli atti processuali.

9.3. La ritenuta genericità delle allegazioni assorbe ogni ulteriore valutazione circa la presunta violazione dell’art. 1226 c.c., giacchè il ricorso alla liquidazione in via equitativa presuppone già assolto l’onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l’entità materiale del danno (Cass. n. 16202 del 2002; Cass. n. 13288 del 2007; Cass. n. 28742/2018). Onere nella specie non assolto.

9.4. – Neppure è ravvisabile un’ipotesi di nullità della sentenza perchè la motivazione è fisicamente (oltre che logicamente ed esaustivamente esistente), non presenta alcuna incongruenza o illogicità, peraltro neppure indicata dai ricorrenti (cfr. Cass. Sez. Un. 8053/2014).

10. – In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. La complessità della questione giuridica, risolta sulla base della pronuncia della Corte di Giustizia intervenuta in corso di causa, giustifica la integrale compensazione delle spese dell’intero processo.

La parte ricorrente è comunque tenuta al versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato versato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021

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