Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34150 del 20/12/2019

Cassazione civile sez. III, 20/12/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 20/12/2019), n.34150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2059/2018 proposto da:

F.M.V., domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIOVANNA CRETI;

– ricorrente –

contro

V.M., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

ROBERTO CORDINI, IRENE ANNA D’ONGHIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4342/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/09/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’ingegnere F.M.V. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 4342 del 2017 che, rigettando l’appello, ha integralmente confermato la sentenza di primo grado e, per l’effetto, dichiarato la risoluzione del contratto di progettazione e prestazione d’opera professionale, stipulato con V.M. relativo ad un appartamento sito in (OMISSIS), per inadempimento dell’attuale ricorrente, l’obbligo della medesima di restituire somme percepite in relazione a detta attività e la condanna al risarcimento dei danni liquidati in Euro 8.420,00 oltre accessori e spese di lite. Il Giudice del gravame, per quel che ancora rileva in questa sede, ha ritenuto che dalla espletata consulenza tecnica d’ufficio e dal verbale di consistenza del 10/10/2009 si desumevano i vizi evidenziati dal primo giudice e che la F. era responsabile sia per l’attività di progettazione sia per la direzione dei lavori. Rigettato l’appello ha condannato l’appellante alle spese del grado. Avverso la sentenza La F. propone ricorso per cassazione affidato a sei motivi. Resiste la V. con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo – omessa o solo apparente motivazione sul motivo di appello relativo alla determinazione dell’oggetto dell’incarico professionale di direzione lavori, violazione dell’art. 112 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., conseguente nullità della sentenza di appello (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) – censura la sentenza per aver ritenuto che la F. avesse assunto, oltre alla direzione lavori in relazione a quanto dedotto nella Dia, anche la direzione di altri lavori extra capitolato sulla base di accordi intercorsi tra le parti.

1.1 Il motivo è inammissibile per carenza di interesse in quanto entrambi i giudici di merito ed in particolare il giudice d’appello, pur dando conto che, nell’appartamento dell’appellata, erano stati eseguiti lavori ulteriori rispetto all’originario progetto redatto dall’appellante e dei quali quest’ultima aveva assunto la direzione, i vizi riscontrati dal consulente e per i quali è stata disposta la risoluzione del contratto per inadempimento, sono soltanto relativi alle opere comprese nella Dia, sicchè è del tutto irrilevante la circostanza che la F. avesse assunto la direzione di altri lavori diversi da quelli sui quali sono stati riscontrati i difetti. Sul punto la motivazione dell’impugnata sentenza è ineccepibile laddove, richiamando le conclusioni del giudice di primo grado, considera (pp. 5 e 6) con riguardo ai rapporti tra le parti: “il contrasto tra le diverse loro prospettazioni in ordine ai reciproci rapporti ed alla portata delle obbligazioni sorte dagli accordi intercorsi trova soluzione dall’esame dei documenti prodotti e dalla consulenza tecnica, sottolineando al riguardo che la Dia ed i suoi allegati, presentata dalla F. il 9 aprile 2009 unitamente al verbale di consistenza del 10 ottobre 2009….(omissis) dimostravano che, anche se effettivamente nell’appartamento dell’appellata erano stati eseguiti i lavori ulteriori rispetto all’originario progetto redatto dall’appellante e dei quali quest’ultima aveva assunto la direzione, le opere eseguite e descritte nella Dia, della cui direzione la F. era stata incaricata, presentavano rilevanti vizi e difetti, con costi necessari per la loro eliminazione quantificati in Euro 8.420,00”. E’ evidente che la motivazione è più che esaustiva e si colloca ben oltre il minimo costituzionale richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte.

2. Con il secondo motivo – violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla prova documentale costituita dal verbale di consistenza del 10/10/2009, conseguente violazione degli artt. 1665,2730 e 2735 c.c., ulteriore e conseguente violazione dell’art. 61 c.p.c., in ragione dell’inammissibilità della disposta consulenza tecnica d’ufficio (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) – la ricorrente si duole del fatto che l’impugnata sentenza abbia ritenuto di desumere, dal verbale di consistenza del 10/10/2009 e dall’allegato ad esso apposto dalla V., la non accettazione, da parte della committente, dei lavori effettuati, e che non abbia dato rilievo alle pretese dichiarazioni di contenuto confessorio della committente circa l’avvenuto svolgimento dei suddetti lavori “a regola d’arte”.

2.1 Il motivo è inammissibile in base a più concorrenti profili. Innanzitutto in quanto deduce un vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in spregio alla preclusione posta dall’art. 348 ter c.p.c., comma 4, in presenza di doppia pronuncia conforme sull’interpretazione del verbale di consistenza del 10/10/2009. In secondo luogo in quanto non deduce un vizio di ermeneutica contrattuale sicchè, sull’interpretazione del suddetto verbale, è certamente calato il giudicato. Infine il motivo è inammissibile perchè di merito, volto cioè a riproporre un riesame dei fatti di causa al fine di valutare se ci sia stato o meno un riconoscimento, da parte della V., dell’asserita regolarità delle opere: valutazione, per l’appunto, di merito, preclusa al giudice di legittimità.

3. Con il terzo motivo – violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., per omessa motivazione in ordine alle contestazioni alla consulenza tecnica (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) – la ricorrente si duole della pretesa mancata risposta, da parte del Giudice d’Appello, alle critiche da essa rivolte alla consulenza tecnica d’ufficio.

3.1 Il motivo è palesemente inammissibile per plurimi e distinti motivi. Innanzitutto, ai sensi dell’art. 360 bis c.c., perchè la Corte d’Appello si è conformata al consolidato indirizzo di questa Corte secondo il quale “il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di parte che, anche se non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili con le argomentazioni accolte. Le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico si risolvono in mere allegazioni difensive che non possono configurare il vizio di motivazione” (Cass., n. 1815 /2015; Cass. 15147 dell’11/6/2018).

Nel caso di specie i giudici hanno aderito alle conclusioni di una consulenza che aveva tenuto ampiamente conto delle critiche mosse dai consulenti di parte sicchè la sentenza, in quanto conforme al citato orientamento, è del tutto immune da censure.

Il motivo è altresì inammissibile perchè volto ad un riesame del merito. 4. Con il quarto motivo – violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c., relativamente alla restituzione dell’importo di cui alla fattura 12/2009 dell’ing. F.. Violazione dell’art. 116 c.p.c., sulla valutazione della prova documentale, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. (con riguardo all’art. 360 c.p.c., commi 1 e 3) – si duole che il Giudice d’Appello abbia ritenuto che, quanto versato per la Dia, pur in assenza di contestazioni della V., dovesse essere restituito.

4.1 Il motivo è inammissibile per plurimi e distinti profili. Perchè è di merito, perchè la statuizione di risoluzione del contratto è del tutto coerente con la statuizione di restituzione dell’acconto ricevuto, comprensivo, come ben argomentato dal Giudice d’Appello, sia dell’attività di progettazione inclusa la Dia, sia della direzione dei lavori.

5/6 Il quinto ed il sesto motivo fanno valere la violazione delle norme sulle spese processuali (art. 91 c.p.c.), D.M. n. 55 del 2014, artt. 4 e 5 e art. 14 c.p.c., in relazione al primo e al secondo grado, nonchè la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2 e art. 118 disp. att. c.p.c.. La ricorrente si duole che il Giudice non abbia considerato che la V. era parzialmente soccombente e che, nella liquidazione delle spese, si sia discostato dai valori medi dello scaglione senza motivare.

I motivi sono radicalmente inammissibili: vi era piena soccombenza della F. ed il valore posto a base della liquidazione delle spese era nella media, come argomentato dal Giudice di merito.

7. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, e la ricorrente condannata alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il cd. “raddoppio” del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.800 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2019

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