Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34138 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 19/12/2019), n.34138

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28325-2018 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MICHELE MARRA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2179/17/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 02/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GORI

PIERPAOLO.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 2179/17/18 depositata in data 2 marzo 2018 la Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (già Equitalia Servizi di riscossione Spa) avverso la sentenza n. 5128/12/16 della Commissione tributaria provinciale di Caserta che aveva accolto il ricorso di C.A. contro un atto di pignoramento e la cartella di pagamento per II.DD. e IVA 2011, sostenendo di non aver mai avuto rituale notifica dell’atto impositivo;

– La CTP aveva accolto la domanda ma la CTR riteneva di non condividere le ragioni poste a base della decisione di primo grado, ritenendo la notifica della cartella di pagamento rituale, alla luce della documentazione prodotta in giudizio dall’Agente della riscossione;

– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo un unico motivo. L’Agenzia delle Entrate Riscossione si è difesa con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– In via preliminare, si osserva che in controricorso è eccepita l’inammissibilità dell’unico motivo di ricorso, in quanto surrettiziamente articolato in modo da chiedere una indebita rivalutazione del materiale probatorio da parte del giudice di legittimità. L’eccezione può essere decisa solo unitamente allo scrutinio della doglianza, nei termini che seguono;

– Con un unico motivo – dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per aver la CTR espresso una motivazione priva del carattere di sufficienza, logica e coerenza, in particolare nell’aver affermato che l’appellante non avrebbe predisposto fondate difese a sostegno delle sue ragioni ed omesso ogni riferimento all’eccepita carenza di jus postulandi da parte del procuratore dell’appellante, nonchè sulla richiesta di interruzione del giudizio per incorporazione di Equitalia sud in Agenzia delle Entrate Riscossione;

– Il motivo, per come è formulato, è inammissibile. Premesso che, contraddittoriamente, il mezzo denuncia un vizio motivazionale, richiamando il paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma contiene anche cenni ad omessa pronuncia – pur senza fare alcun riferimento all’art. 112 c.p.c. e al pertinente paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e poi nello sviluppo fa chiaro riferimento al concetto al vizio di motivazione assoluto, ossia di motivazione apparente (“non rivestendo carattere di sufficienza, logica e coerenza”), la Corte reitera l’insegnamento secondo cui “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232); rammenta inoltre che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053);

Nel caso di specie la CTR, oltre all’esposizione – seppur concisa delle ragioni di fatto della decisione e della materia del contendere (“impugnava una cartella di pagamento sostenendo che non ne aveva mai ricevuto la rituale notifica”), dà conto della costituzione del contraddittorio e dell’esito del giudizio di primo grado, nonchè dei motivi di appello (“Appellava Equitalia che preliminarmente riteneva che ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, era fatta salva la facoltà delle parti in giudizio di produrre in appello nuovi documenti”) e, con un accertamento in fatto, alla luce di tale documentazione ritiene la notifica della cartella perfezionata ritualmente nei confronti del contribuente in data 18.12.2014. Nel complesso, la motivazione censurata è ben al di sopra del minimo costituzionale censurabile con il rimedio azionato e, anche volendo qualificare il contraddittorio mezzo quale vizio motivazionale relativo e non assoluto, la censura non coglie nel segno non riproducendo il ricorrente alcun documento decisivo contrario a tale accertamento operato dal giudice di merito, ritualmente introdotto nel processo, secondo i principi giurisprudenziali sopra richiamati. Quanto ai cenni a profili di omessa pronuncia, l’articolazione del mezzo quale denuncia di motivazione apparente e, al più, come vizio motivazionale, rende tali abbozzi del tutto inammissibili in assenza di richiamo dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, oltre che di sostanziazione della censura anche ai fini della compiuta autosufficienza. Più in generale, il motivo tende ad una generica rivalutazione del quadro probatorio, per la quale non vi è spazio in sede di legittimità e, dunque, trova anche accoglimento l’eccezione preliminare dell’Agenzia;

– La sentenza impugnata va dunque confermata, e alla declaratoria di inammissibilità segue il regolamento delle spese di lite, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna d ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 3.500,00 per compensi, oltre Spese prenotate a debito.

La Corte dà atto che, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui al testo unico spese di giustizia, D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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