Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34126 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 19/12/2019, (ud. 16/10/2019, dep. 19/12/2019), n.34126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21556-2014 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI

24, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO GUALTIERI, rappresentato

e difeso dall’avvocato FRANCO BARBERA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GUALTIERI SICAMINO’, in persona del Sindaco pro tempore,

domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELA

ELISABETTA SINDONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 950/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 23/06/2014 R.G.N. 1355/2012.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. con ricorso al Tribunale di Barcellona P.G. Antonino Schepis, dipendente del Comune di Gualtieri Sicaminò, premesso di essere stato assunto come operaio e di aver svolto le mansioni di autista di mezzi pesanti in forza dell’ordine scritto del sindaco del 7/6/1994, di essere stato mantenuto nella categoria A fino al maggio del 2003, allorquando gli era stata riconosciuta la categoria B3 (corrispondente alla mansioni di autista di mezzi pesanti), chiedeva il riconoscimento delle differenze retributive corrispondenti alla categoria B3 anche per il periodo dal luglio 1998 al maggio 2003;

2. il Tribunale rigettava la domanda ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione formulata dal Comune convenuto;

3. la decisione era confermata dalla Corte d’appello di Messina;

riteneva la Corte territoriale che, pur essendo stata fornita la prova dell’invio al Comune dell’istanza di conciliazione in data 24/2/2003, protocollata in data 28/2/2003, da tale momento fino al deposito del ricorso giudiziario del 4 novembre 2008 non vi fosse stato altro atto interruttivo;

rilevava, in particolare, che non vi fosse alcuna prova dell’invio al Comune dell’ulteriore richiesta di conciliazione del 16/1/2008;

4. avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione S.A. con due motivi;

5. il Comune di Gualtieri Sicaminò ha resistito con controricorso successivamente illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. con il primo motivo il ricorrente denuncia (così testualmente) violazione e falsa applicazione di norme di diritto, omesso esame della documentazione probatoria versata in atti;

sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che “difetterebbe la prova dell’ulteriore atto interruttivo (e cioè la seconda richiesta di conciliazione del 16/1/2008)”;

2. con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2938 c.c. e dell’art. 112 c.p.c.;

sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente rilevato d’ufficio la prescrizione in mancanza di eccezione;

3. ragioni di ordine logico impongono l’esame prioritario del secondo motivo di ricorso;

3.1. tale motivo è inammissibile;

3.2. dallo stesso svolgimento del processo di cui alla sentenza qui impugnata risulta che l’eccezione di prescrizione fosse stata avanzata dal Comune convenuto nel giudizio di primo grado e che a tale eccezione lo S. avesse opposto l’intervenuta interruzione del termine;

3.3. a fronte di detta affermazione della Corte territoriale, il ricorrente non ha dimostrato il contrario (riproducendo la comparsa di costituzione del Comune in sede di giudizio di primo grado) nè ha documentato di aver sottoposto, come avrebbe dovuto, la relativa questione al giudice di appello (anche in questo caso con la riproduzione dell’atto di gravame nella parte contenente il rilievo relativo alla ritenuta prescrizione da parte del Tribunale);

4. anche il primo motivo è inammissibile;

4.1. va innanzitutto rilevata la genericità della formulazione del rilievo che già nell’intestazione sovrappone ad una non meglio specificata violazione e falsa applicazione di norme di diritto una censura di omesso esame, così introducendo cumulativamente e inestricabilmente vizi eterogenei senza che si comprendano con chiarezza le doglianze prospettate e così devolvendo impropriamente al giudice di legittimità la discrezionalità d’isolare le singole censure, nonostante la tassatività di motivi a critica vincolata e a cognizione determinata (v. Cass., Sez. Un., 24 luglio 2013, n. 17931; Cass., Sez. Un., 12 dicembre 2014, n. 26242; Cass. 13 luglio 2016, n. 14317; Cass. 7 maggio 2018, n. 10862);

4.2. inoltre, pur denunziando la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3) il ricorrente non ha provveduto alla puntuale indicazione delle disposizioni asseritamente violate nè gli argomenti addotti nel motivo consentono di individuare le norme e i principi di diritto asseritamente trasgrediti, precludendo così la delimitazione delle questioni sollevate;

il rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione – da intendere alla luce del canone generale ‘della strumentalità delle forme processualì – comporta, fra l’altro, l’esposizione di argomentazioni chiare ed esaurienti, illustrative delle dedotte inosservanze di norme o principi di diritto, che precisino come abbia avuto luogo la violazione ascritta alla pronuncia di merito (v. Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675), in quanto è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (cfr. Cass. 7 novembre 2013, n. 25044; Cass. 16 marzo 2012, n. 4233);

4.3. nella sostanza, comunque, il motivo si risolve in una critica all’accertamento del fatto compiuto dal giudice di merito, che è insindacabile in sede di legittimità, in presenza – come nella specie – di motivazione non apparente nè manifestamente illogica, dovendosi considerare ridotto in tali limiti – a seguito della novellazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 – il controllo di legittimità sulla motivazione (v. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053);

4.4. a ben guardare, inoltre, il rilievo non si confronta con la motivazione della Corte territoriale laddove quest’ultima ha ritenuto del tutto insufficiente, a fini interruttivi, la richiesta di conciliazione del 16/1/2008 “poichè non ne è stato provato l’invio al Comune”, limitandosi il ricorrente, dopo aver meramente richiamato altri atti presenti nel fascicolo di parte, asseritamente successivi a quello di avvio del procedimento conciliativo (atti di cui, peraltro, non è neppure riprodotto il contenuto), a sostenere che il suo diritto non potesse considerarsi prescritto “come dimostrato dalla sequenza documentale: prima richiesta al Comune il 28/11/2002, successiva istanza per il tentativo di conciliazione il 28/2/2003, ulteriore richiesta del 16/1/2008″…. quest’ultima ha nuovamente interrotto i termini prima dello spirare del quinquennio – v. pag. 5 del ricorso penultimo e ultimo cpv.;

nessuna critica è, dunque, specificamente formulata al ragionamento della Corte territoriale che ha ritenuto quella richiesta del 16/1/2008 inidonea ad interrompere la prescrizione;

5. il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile;

6. la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;

7. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15% Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello prescritto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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