Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34120 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 19/12/2019, (ud. 13/12/2018, dep. 19/12/2019), n.34120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25318-2014 proposto da:

LUCANIA HOSPITAL SERVICE DI P.D. & C. S.A.S., in persona

del legale rappresentante P.D., domiciliata ope legis

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e

difeso dall’Avvocato GIUSEPPE CARLUCCI;

– ricorrente –

contro

G.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AMICO DA

VENAFRO 14, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA CAFARO,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUCIA PIETRAGALLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 241/2014 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 08/05/2014 R.G.N. 552/2013.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che la Corte di Appello di Potenza, con sentenza depositata in data 8.5.2014, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla Lucania Hospital Service S.a.s. di P.D. & C., nei confronti di G.L., avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede – che, accogliendo in parte la domanda della lavoratrice, aveva condannato la società al pagamento, in favore della prima, della somma di Euro 4.179,71, oltre accessori di legge, a titolo di differenze retributive per il lavoro svolto dalla G. nel periodo dal 31.7.2009 al 27.4.2010 -, ha condannato la società a versare alla lavoratrice la minor somma di Euro 3.938,36, oltre accessori, per i titoli suddetti;

che per la cassazione della sentenza ricorre la Lucania Hospital Service S.a.s. di P.D., articolando due motivi, cui resiste con controricorso G.L.;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere i giudici di merito erroneamente ritenuto che la G. avesse assolto all’onere della prova, sulla stessa incombente, in ordine ai fatti costitutivi della propria pretesa ed in particolare, in ordine alla quantificazione delle spettanze che, a parere della parte ricorrente, in violazione anche dell’art. 115 c.p.c., sarebbero state “erroneamente quantificate; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronunzia “da parte del giudice del merito su domanda o questioni sollevate nel giudizio”, poichè, secondo la società ricorrente, la Corte non si sarebbe pronunziata sul fatto, messo in evidenza nel ricorso in Appello, che “dalla somma originariamente richiesta (Euro 4.420,66) andava detratta la somma complessiva, non provata e non dovuta, di Euro 2.698,94…”;

che il primo motivo non è fondato, in quanto, come rilevato nella motivazione della sentenza (v. pagg. 8 e 9) oggetto del presente giudizio, la società datrice ha contestato specificamente, soltanto in sede di gravame, il proprio debito verso la lavoratrice per i compensi relativi a festività, ferie, permessi non goduti, assegni familiari e mensilità aggiuntive; pertanto, trattandosi di questione nuova, correttamente i giudici di merito hanno respinto il motivo di gravame con cui la stessa era stata sollevata; nè la società ha prodotto gli atti di primo grado dai quali potesse eventualmente evincersi il contrario; e ciò, in violazione del principio più volte ribadito da questa Corte, che definisce quale onere della parte ricorrente quello di indicare lo specifico atto precedente cui si riferisce (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), in modo tale da consentire alla Corte di legittimità di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni prima di esaminare il merito della questione (Cass. n. 14541/2014). Il ricorso per cassazione deve, infatti, contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le molte, Cass. nn. 10551/2016; 23675/2013; 1435/2013); per la qual cosa, questa Corte non è stata messa in grado di apprezzare la veridicità delle doglianze mosse al procedimento di sussunzione operato dai giudici di seconda istanza;

che le considerazioni da ultimo svolte in ordine al primo mezzo di impugnazione valgono anche per il secondo, nel quale si lamenta che vi sia una mancata pronunzia in ordine ad una pretesa minor somma da versare alla lavoratrice, che sarebbe stata oggetto di un altro motivo di doglianza in sede di gravame, senza che l’atto di appello venga riportato per esteso, ma solo per estratto, nè prodotto, nè indicato tra i documenti allegati al ricorso; pertanto, anche in questo caso, non potendosi apprezzare la veridicità della censura svolta, il motivo non può essere accolto;

che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va respinto;

che le spese del presente giudizio – liquidate come in dispositivo e da distrarre, ai sensi dell’art. 93 clic., in favore del difensore della G., avv. Lucia Pietragalla – seguono la soccombenza; che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 13 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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