Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34117 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. I, 19/12/2019, (ud. 13/11/2019, dep. 19/12/2019), n.34117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25788-2014 r.g. proposto da:

AGOS DUCATO s.p.a., (già Logos Finanziaria), (cod. fisc. P.Iva

(OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore M.R., rappresentata e difesa,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Pier Andrea Milanini e dall’Avvocato Riccardo Carnevali,

elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Giovine Italia n. 7,

presso lo studio dell’Avvocato Carnevali.

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.pa. in liquidazione, in persona del curatore

fallimentare, e Coges s.p.a.;

– intimati –

avverso il decreto del Tribunale di Pavia, depositato in data 28

agosto 2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/11/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Pavia ha dichiarato inammissibile, sia pur impropriamente pronunciandone il rigetto in dispositivo, l’opposizione L. Fall., ex art. 98, avanzata da Logos Finanziaria s.p.a. (ora Agos Ducato s.p.a.) nei confronti del Fallimento (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione e di Coges s.p.a. avverso il decreto del G.D. che aveva, a sua volta, rigettato la domanda tardiva della società, di ammissione allo stato passivo del fallimento del credito per TFR cedutole da un’ex dipendente della fallita a garanzia di un finanziamento ricevuto.

Il tribunale ha premesso che il G.D. aveva ritenuto la domanda di Logos sub-valente rispetto a quella – avente titolo nella cessione del medesimo credito da parte della medesima dipendente – di Coges s.p.a, già ammessa in via definitiva allo stato passivo reso esecutivo il 31.10 2012; ha quindi rilevato che l’opponente, per far valere il proprio diritto ad ottenere l’ammissione in luogo di Coges – in ragione del fatto di aver notificato per prima la cessione alla debitrice ceduta – avrebbe dovuto proporre tempestivo ricorso per revocazione, anzichè presentare la domanda tardiva, richiedendo irritualmente con essa, quando ormai si era formato il giudicato endofallimentare sull’ammissione dell’altra cessionaria, la revoca del credito di quest’ultima.

2. Il decreto, pubblicato il 28 agosto 2014, è stato impugnato da Agos Ducato s.p.a. con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.

Il Fallimento (OMISSIS) e Coges s.p.a. non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente, lamentando violazione della L. Fall., artt. 96,98,99 e 101, contesta l’accertamento del giudice a quo secondo cui lo stato passivo era stato dichiarato esecutivo il 31.10.2012. Agos deduce al riguardo che all’udienza del 22 marzo 2013, fissata per l’esame delle domande tardive, la decisione in ordine all’ammissione al passivo della sua domanda e di quella di Coges, aventi il medesimo oggetto, era stata “sospesa” e rileva che il provvedimento di sospensione non avrebbe potuto essere assunto se davvero lo stato passivo fosse stato in precedenza già reso esecutivo; assume inoltre che, residuando il suo diritto a proporre opposizione contro il decreto di rigetto del G.D., comunicatole soltanto l’8 aprile 2014, la definitivà dello stato passivo avrebbe dovuto in ogni caso essere esclusa; sostiene, infine, che, nella specie, non si versava in un’ipotesi di preclusione derivante dal giudicato endofallimentare, posto che lo stato passivo avrebbe dovuto essere rettificato unicamente sotto il profilo soggettivo (ovvero sostituendola a Coges, quale avente diritto in via prioritaria all’ammissione) non essendo in contestazione la sussistenza e l’ammontare del credito ceduto.

La prima delle censure nelle quali si articola il motivo è inammissibile, in quanto attiene a questione procedurale che, oltre a non essere stata dedotta dinanzi al giudice del merito, la ricorrente illustra in maniera a dir poco contraddittoria (ammettendo, cioè, che l’udienza del marzo 2013 era stata fissata per l’esame delle domande tardive- ivi compresa quella da essa presentata – e quindi, necessariamente, dopo che lo stato passivo era stato dichiarato esecutivo), senza neppure allegare specificamente al ricorso, secondo quanto richiesto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), il verbale contenente il provvedimento (non previsto da alcuna norma) di “sospensione” di entrambe le decisioni relative al credito oggetto della duplice cessione.

Le ulteriori censure sono invece manifestamente infondate.

Va in primo luogo rilevato che il diritto del creditore tardivo a proporre opposizione contro il provvedimento di rigetto della propria domanda non comporta la revoca (nè, tantomeno, l’inefficacia o l’annullamento) del decreto di esecutività dello stato passivo emesso ai sensi della L. Fall., art. 96, comma 4 e non preclude, pertanto, la formazione del c.d. giudicato endofallimentare in ordine alle decisioni assunte dal G.D. sulle domande tempestive: ne è prova il fatto che, secondo quanto previsto dall’art. 112, detto creditore concorre soltanto alle ripartizioni posteriori alla sua ammissione, salvo il diritto a prelevare le quote che gli sarebbero spettate nelle precedenti ripartizioni se il credito è assistito da prelazione o se il ritardo è dipeso da cause a lui non imputabili.

Non v’è dubbio, poi, che la modifica dello stato passivo (anche) sotto il profilo soggettivo comporti (salva l’ipotesi di mero errore materiale, anzichè, come nella specie, di errore essenziale di fatto) un accertamento (in ordine all’effettiva titolarità del credito ammesso in capo ad un soggetto diverso da quello la cui domanda è stata accolta) difforme da quello già compiuto dal giudice e definitivamente consacrato nel decreto di esecutività, che pertanto non può intervenire nelle forme di un provvedimento di correzione, L. Fall., ex art. 98, u.c., ma richiede la previa instaurazione del giudizio di revocazione e l’emissione di apposita pronuncia.

2. Le considerazioni appena svolte rendono superfluo l’esame del terzo motivo di ricorso, con il quale Agos, articolando vizio di violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 98 e 99, sembra infondatamente sostenere che l’impugnazione per revocazione è ammissibile solo nel caso della scoperta di documenti decisivi non prodotti tempestivamente per causa non imputabile.

3. Con il secondo motivo, che denuncia ulteriore violazione della L. Fall., artt. 98,99 e 101, la ricorrente deduce: che la tardività nella presentazione della domanda non le era imputabile, in quanto il curatore aveva omesso di inviarle la comunicazione L. Fall., ex art. 96; di aver appreso del fallimento di (OMISSIS) s.p.a. richiedendo una visura della società; di essere venuta a conoscenza dell’avvenuta ammissione di Coges solo il 22 febbraio del 2013, data della prima udienza fissata per l’esame delle domande tardive, e di aver pertanto potuto azionare l’unico mezzo di tutela previsto dalla legge (ovvero l’opposizione allo stato passivo) solo a partire da tale data.

Il motivo è inammissibile.

Come si è già osservato in sede di esame del primo mezzo, il tribunale ha correttamente affermato che l’odierna ricorrente – una volta appreso che il rigetto della sua domanda tardiva derivava dal fatto che l’altra cessionaria del credito, insinuatasi in via tempestiva, aveva già visto riconoscere il suo diritto all’ammissione nel decreto di esecutività dello stato passivo – avrebbe dovuto impugnare per revocazione il provvedimento di accoglimento della domanda di Coges anzichè insistere per l’accoglimento della propria in sede di opposizione.

Il giudice del merito ha, inoltre, implicitamente escluso che la domanda tardiva di Logos (e il successivo ricorso in opposizione) potessero qualificarsi come impugnazione per revocazione, rilevando che la società aveva richiesto la revoca dell’ammissione di Coges (oltre che irritualmente, con l’insinuazione tardiva) allorchè su tale pronuncia si era già formato il giudicato endofallimentare.

Ebbene, la censura in esame non investe in alcun modo le predette rationes decidendi. In particolare, Agos non contesta l’accertamento del tribunale secondo cui la richiesta di revoca del credito di Coges sarebbe stata avanzata non solo irritualmente, ma tardivamente (ovvero oltre il termine di 30 giorni di cui alla L. Fall., art. 97, comma 1, decorrente nella specie dalla scoperta del fatto dell’avvenuta ammissione dell’altra cessionaria allo stato passivo); per contro, la ricorrente si ostina ad affermare che l’opposizione costituiva l’unico rimedio posto a sua disposizione per ottenere la modifica dello stato passivo – e dunque omette di invocare a suo vantaggio il principio di conversione dell’atto nullo che abbia raggiunto il proprio scopo e neppure precisa (quand’anche si voglia dare per scontato che abbia scoperto il fatto solo il 22 febbraio 2012) in quale data, ed in quali esatti termini, abbia per la prima volta richiesto di essere ammessa allo stato passivo in luogo di Coges.

4. Manifestamente infondato è il quarto motivo di ricorso, con il quale la ricorrente, denunciando violazione dell’art. 102 c.p.c., rileva che l’intervenuta integrazione del contraddittorio, nel giudizio di opposizione, nei confronti di Coges avrebbe interrotto ogni termine prescrizionale o decadenziale: la censura non tiene conto che l’istituto dell’interruzione non si applica ai termini di decadenza e che pertanto la chiamata in giudizio di Coges avrebbe dovuto essere eseguita, improrogabilmente, entro i 30 giorni dalla scoperta della sua avvenuta ammissione allo stato passivo.

5. Resta assorbito il quinto motivo, con il quale Logos evidenzia la fondatezza del suo diritto di ammissione al passivo in sostituzione di Coges, attesa la priorità temporale della notifica alla debitrice ceduta della cessione del credito disposta in suo favore, riconosciuta nello stesso provvedimento impugnato.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa degli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, art. 1, comma 17.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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