Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34116 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. I, 19/12/2019, (ud. 13/11/2019, dep. 19/12/2019), n.34116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 4838/2014 r.g. proposto da:

S.I.C.S. s.r.l., (società italiana costruzioni strade) (P. Iva

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore Ing.

M.C., e S.P. (cod. fisc. (OMISSIS)) e

Sa.Pa. (cod. fisc. (OMISSIS)), quali eredi di S.G.,

tutti rappresentati e difesi, giusta procura speciale apposta a

margine del ricorso, dagli Avvocati Antonio Bandiera, Astolfo Di

Amato e Alessio Di Amato, elettivamente domiciliati in Roma, Via

Nizza n. 59, presso lo studio degli Avvocati Di Amato.

– ricorrente –

contro

Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., (cod. fisc. e P. Iva (OMISSIS)),

in persona del curatore fallimentare legale rappresentante pro

tempore Avv. G.S., rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’Avvocato

Elena Tamburini, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via

Circonvallazione Clodia n. 36/a, presso lo studio dell’Avvocato

Fabio Pisani.

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, (cod. fisc.

(OMISSIS)), in persona del Commissario ad acta per la cessata

Agenzia di Promozione e Sviluppo del Mezzogiorno, rappresentato e

difeso, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui

Uffici in Roma Via dei Portoghesi n. 12 è elettivamente

domiciliato.

– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catania, depositata in

data 31.10.2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/11/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Fallimento di (OMISSIS) s.r.l., società che aveva fatto parte dell’ATI, avente come capogruppo e mandataria l’impresa individuale di S.G., aggiudicataria dell’appalto di lavori commissionati dal Ministero dei Lavori Pubblici nel porto di (OMISSIS), convenne in giudizio l’ente appaltante per sentirlo condannare al pagamento della quota del nono SAL di spettanza della fallita, che il Ministero aveva corrisposto alla mandataria in data successiva alla dichiarazione di fallimento.

Il Ministero, costituitosi in giudizio, chiamò a sua volta in causa S.I.C.S. s.r.l., cessionaria della ditta di S.G., nelle more deceduto, nonchè Sa.Pa. e P., eredi dell’imprenditore defunto, chiedendo di essere da costoro manlevato per tutto quanto fosse stato eventualmente condannato a pagare all’attore.

Con sentenza del 4 agosto 2008, il Tribunale di Catania adito accolse sia la domanda svolta dall’attore nei confronti del convenuto sia quella di manleva svolta dal Ministero nei confronti dei terzi chiamati.

L’appello principale proposto dai soccombenti contro la decisione è stato respinto dalla Corte d’Appello di Catania, che ha in conseguenza dichiarato assorbito l’appello incidentale tardivo avanzato in via condizionata dal Ministero.

La corte del merito, per ciò che in questa sede ancora interessa, ha rilevato che, nell’appalto di opere pubbliche stipulato con un’ATI. il fallimento di una delle imprese mandanti non determina lo scioglimento del contratto di appalto, alla cui esecuzione resta obbligata la capogruppo mandataria, ma solo, ai sensi della L. Fall., art. 78, ante riforma (applicabile ratione temporis), lo scioglimento del rapporto di mandato, dal quale discende l’inefficacia nei confronti del fallimento dei pagamenti eseguiti dall’appaltante alla mandataria, e da questa ricevuti in nome e per conto della mandante, in data successiva alla sentenza dichiarativa; la corte territoriale ha poi ritenuto infondato l’assunto degli appellanti secondo cui si verserebbe in ipotesi di mandato irrevocabile, osservando che, a parte il chiaro disposto dell’art. 78 cit., tale carattere non è stabilito nell’interesse del mandatario, ma solo dell’amministrazione appaltante, che, tuttavia, per espressa disposizione di legge, può proseguire il rapporto solo con un’impresa diversa da quella fallita.

2. La sentenza, pubblicata il 31.10.2013 e notificata il 19.12.2013, è stata impugnata da S.I.C.S. s.r.l. e dagli eredi S. con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo di censura, cui hanno resistito con separati controricorsi il Fallimento di (OMISSIS) s.r.l. e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha avanzato anche ricorso incidentale condizionato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Ante omnia, deve essere respinta l’eccezione pregiudiziale sollevata dal Fallimento, di inammissibilità del ricorso in quanto notificato in data successiva alla scadenza del termine di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2.

Dallo scrutinio degli atti emerge infatti che la sentenza impugnata è stata notificata ai ricorrenti in data 19.12.2013, sicchè il ricorso, spedito per la notifica il 14.2.2014, risulta tempestivo.

2. Con l’unico motivo le parti ricorrenti – denunciando violazione della L. Fall., art. 78 (ante riforma del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5) – lamentano che la corte del merito non abbia considerato che il mandato di cui si discute è un mandato in rem propriam, sorto nell’ambito di un’associazione temporanea di imprese (A.T.I.), costituita per l’esecuzione di un appalto di un’ opera pubblica, e come tale regolato dalle norme speciali dettate, dapprima, dalla L. 8 agosto 1977, n. 584, poi dal D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406 e, da ultimo, dal D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163; evidenziano che, sulla base della richiamata normativa, in caso di fallimento di una delle imprese mandanti, l’impresa capogruppo, ove non indichi un’ impresa subentrante, in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuta all’esecuzione dell’appalto, direttamente ovvero a mezzo delle altre imprese mandanti; osservano ancora che l’art. 1723 c.c., comma 2, sancisce l’irrevocabilità tanto del mandato conferito nell’interesse del mandatario quanto di quello conferito nell’interesse di terzi e sostengono che la predetta disposizione costituisce norma speciale, prevalente sulla regola generale dettata dalla L. Fall., art. 78, applicabile solo al mandato ordinario disciplinato dagli artt. 1703 c.c. e segg. e non anche al mandato irrevocabile.

3. Il motivo è infondato.

3.1 Questa Corte ha già affermato che, in tema di appalto di opere pubbliche stipulato da imprese riunite in associazione temporanea, ai sensi del D.Lgs. n. 406 del 1991, artt. 23 e 25 (e, anteriormente, dalla L. n. 584 del 1977, artt. 20 e 23, sotto la cui disciplina, secondo la ricorrente, sarebbe stato stipulato il contratto dedotto in giudizio) qualora intervenga il fallimento di una delle società mandanti, i pagamenti per lavori eseguiti in antecedenza vanno effettuati nei confronti della curatela fallimentare, con obbligo dell’amministrazione, che abbia invece pagato alla mandataria, di rinnovare tale adempimento: il fallimento della mandante, infatti, pur non comportando lo scioglimento del contratto d’appalto, alla cui esecuzione resta obbligato il mandatario, determina, L. Fall., ex art. 78 (nel testo anteriore al D.Lgs. n. 5 del 2006, applicabile ratione temporis), lo scioglimento del rapporto di mandato e la conseguente venuta meno, nei suoi confronti, dei poteri di gestione e rappresentanza già in capo alla mandataria capogruppo (Cass. n. 1796/010; Cass. n. 1396/2003; cfr. anche Cass. n. 20558/015).

3.2 Nè varrebbe osservare, in contrario, che, in questo caso, il mandato è irrevocabile e che tale irrevocabilità è ancora più rigida di quella risultante dalle norme generali sul mandato e, in particolare, dall’art. 1723 c.c., comma 2, poichè tale carattere non è stabilito nell’interesse del mandatario, ma di un diverso soggetto (e, cioè, l’amministrazione appaltante) che, per espressa disposizione di legge, può proseguire il rapporto di appalto solo con una impresa diversa da quella fallita e non può, dunque, avere alcun interesse apprezzabile alla permanenza di quest’ultima nel raggruppamento.

Del resto, se si considera che l’impresa fallita non può più concorrere all’esecuzione dell’appalto, occorre anche concludere che viene meno il presupposto che giustifica la sua partecipazione all’associazione temporanea e al rapporto di mandato che la sottende, essendo l’uno e l’altro rapporto posti in essere proprio al fine di consentire la partecipazione coordinata delle imprese riunite alla realizzazione dell’opera appaltata (così, sempre Cass., n. 17926/2010, cit.).

Infine, premesso che la normativa dettata in materia d’appalto di opere pubbliche, ivi compresa la L. n. 584 del 1977, non ha introdotto alcuna deroga alla L. Fall., e dunque neppure all’art. 78 ante riforma, va rilevato che la permanenza dei poteri gestori e rappresentativi dell’impresa mandataria anche nei confronti dell’impresa mandante fallita sarebbe chiaramente inconciliabile con le norme che disciplinano l’amministrazione del patrimonio fallimentare e prevedono che essa debba essere inderogabilmente affidata al curatore (così, sempre Cass., n. 17926/2010, cit. supra).

Il rigetto del ricorso determina l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna i ricorrenti, in via fra loro solidale, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in Euro 7.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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