Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34115 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. I, 19/12/2019, (ud. 12/11/2019, dep. 19/12/2019), n.34115

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20170/2015 proposto da:

Banca Monte Paschi Siena Spa, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Lucrezio Caro

62, presso lo studio dell’avvocato Ciccotti Simone, rappresentata e

difesa dall’avvocato Zanotti Riccardo, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.S., Curatela Fallimento (OMISSIS) Snc, in persona del

curatore fallimentare M.A., Ma.Re.,

elettivamente domiciliati in Roma, Via Pirro Ligorio, 9, presso lo

studio dell’avvocato Mulargia Maria Cristina, rappresentati e difesi

dagli avvocati Ciampolini Luisa, Deluca Michele Vittorio, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di PISA, depositata il 16/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2019 da Dott. FIDANZIA ANDREA

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con provvedimento depositato il 16 luglio 2015, il Tribunale di Pisa ha rigettato l’opposizione L. Fall., ex art. 98, proposta dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. avverso il decreto con cui il G.D. dello stesso Tribunale aveva rigettato la domanda di insinuazione in chirografo allo stato passivo della società (OMISSIS). s.n.c. e dei suoi soci illimitatamente responsabili Ma.Re. e B.S. del credito per complessivi Euro 270.768,02, vantato per scoperti dei conti correnti nn. (OMISSIS) e (OMISSIS).

Il Tribunale di Pisa ha ritenuto la non opponibilità alla procedura della documentazione bancaria prodotta dall’istituto di credito per mancanza di data certa anteriore al fallimento della società sopra indicata.

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. affidandolo a cinque motivi.

La curatela del fallimento (OMISSIS). s.n.c. e dei suoi soci illimitatamente responsabili Ma.Re. e B.S. si è costituita in giudizio con controricorso.

La ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 98 e 99, artt. 24 e 111 Cost., artt. 167 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta la ricorrente che la difesa della curatela, in sede di costituzione nel giudizio di opposizione allo stato passivo, ha introdotto ex novo il profilo inerente l’opponibilità dei contratti di conto corrente, così dando luogo ad un inammissibile ampliamento del thema decidendum.

In ogni caso, il Collegio mai avrebbe potuto decidere la causa senza rimettere la parte opponente in termini per controdedurre sul punto.

2. Con il secondo è stata dedotta la nullità della sentenza derivante dalla violazione degli artt. 101 e 183 c.p.c., L. Fall., artt. 98 e 99, artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Lamenta la banca ricorrente la tardività dell’eccezione (di mancanza di data certa) sollevata dalla curatela in sede di costituzione e, comunque, anche in caso di ritenuta ammissibilità di tale eccezione, la violazione del principio del contraddittorio e la lesione del diritto di difesa riconosciuto dagli artt. 24 e 111 Cost., avendo il Tribunale deciso tale questione senza instaurare il contraddittorio sul punto.

3. I primi due motivi, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questione trattate, sono infondati.

Va, in primo luogo, osservato che la curatela, nel sollevare l’eccezione della mancanza di data certa dei contratti bancari per cui è causa, non ha affatto ampliato inammissibilmente il thema decidendum.

In proposito, è orientamento consolidato di questa Corte che il sistema delle impugnazioni in sede concorsuale segue una disciplina diversa dall’appello nel giudizio di cognizione ordinaria, tanto è vero che nel giudizio d’impugnazione proposto contro il decreto di esecutività dello stato passivo del fallimento, nel regime introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006, il curatore è ammesso a proporre, a norma della L. Fall., art. 99, comma 7, eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, anche nuove rispetto a quelle sollevate in sede di verifica dello stato passivo (Cass. n. 7918 del 18/05/2012). Nè l’istituto di credito può invocare la violazione del principio del contraddittorio atteso che, come risulta dal decreto impugnato, e come dato atto dalla stessa parte ricorrente, la curatela ha sollevato l’eccezione della mancanza di data certa – peraltro rilevabile anche d’ufficio – nella memoria di costituzione del giudizio di opposizione allo stato passivo.

Pertanto la Banca è stata tempestivamente posta in condizione di replicare su tale eccezione e, in concreto, lo ha fatto, tanto è vero che, come risulta dal decreto impugnato “..Alla prima udienza l’istituto di credito chiedeva di provare con testi la preesistenza dei c/c rispetto alla sentenza dichiarativa di fallimento.. “, prova non ammessa dal Tribunale essendo stata la prova costituenda in concreto articolata in modo tale da dimostrare la data certa proprio attraverso i testimoni.

Dunque, tale punto è stato oggetto di discussione tra le parti e si è quindi pienamente sviluppato il contraddittorio.

4. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c., L. Fall., artt. 98 e 99, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta la ricorrente che ha errato il Tribunale nel ritenere che non fosse stata fornita dalla medesima la prova certa dell’anteriorità dei rapporti di conto corrente rispetto alla dichiarazione di fallimento.

Infatti, dallo stesso provvedimento di non ammissione del credito da parte del G.D., nel quale veniva evidenziato che la documentazione esibita non conteneva una completa riproduzione delle operazioni attive e passive che avevano determinato il saldo, si evinceva che non era stata contestata dalla Curatela la sussistenza dei rapporti di conto corrente oggetto dell’istanza di ammissione.

Stante dunque la non contestazione di tali rapporti, aveva errato il Tribunale a non ritenere assolti gli oneri probatori incombenti (ex art. 2697 c.c.) su Banca MPS.

Rileva, altresì, la ricorrente che almeno uno dei due rapporti di conto corrente di cui è causa, quello sottoscritto presso la Filiale di (OMISSIS) della Banca Toscana, è dotato di data certa, essendo stato quest’ultimo istituto di credito successivamente incorporato in forza di atto di fusione del 24.3.2009, rogito notaio Z. di (OMISSIS). Dunque, almeno, con riferimento a tale rapporto non sussiste alcun dubbio in ordine alla sua anteriorità rispetto alla dichiarazione di fallimento.

5. Il motivo è inammissibile.

Va osservato che delle questioni sollevate dalla ricorrente nel presente motivo (assolvimento dell’onere della prova della data certa attraverso il principio di non contestazione, data certa del rapporto di credito facente originariamente capo alla Banca Toscana desumibile, comunque, dalla successiva fusione per incorporazione della stessa banca in MPS s.p.a.) non emerge traccia nel decreto impugnato.

Orbene, è principio consolidato di questa Corte che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel thema decidendum del precedente grado del giudizio, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass., 17/01/2018, n. 907; Cass., 09/07/2013, n. 17041). Ne consegue che, ove nel ricorso per cassazione siano prospettate come nel caso di specie – questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, nonchè il luogo e modo di deduzione, onde consentire alla S.C. di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass., 13/06/2018, n. 15430).

Nel caso di specie, la banca ricorrente non ha adempiuto a tale onere di allegazione, non allegando nemmeno di aver già dedotto i temi d’indagine sopra descritti – che richiedono necessariamente accertamenti in fatto – innanzi al Tribunale di Pisa, risultando, invece, come sopra anticipato, che l’istituto di credito ha cercato di contrastare l’eccepita mancanza di data certa dei rapporti bancari con l’articolazione di una prova testimoniale.

6. Con il quarto motivo è stato dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta la ricorrente che il Tribunale non ha considerato che la Banca aveva depositato tutti quanti gli estratti dei due conti correnti.

7. Il motivo presenta profili di inammissibilità ed infondatezza.

La Banca, in primo luogo, non ha indicato da quali documenti, in particolare, che avessero formato specificamente oggetto di discussione tra le parti, si potesse trarre la data certa dei rapporti di credito, avendo fatto genericamente riferimento agli estratti conto ed alla “documentazione presente e prodotta nel fascicolo”.

In ogni caso, gli estratti dei conti correnti non rappresentano comunque certo documenti idonei a stabilire con certezza la data di formazione dei medesimi a norma dell’art. 2704 c.c..

8. Con il quinto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e del D.M. 20 marzo 2014, n. 55, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta la ricorrente di essere stata condannata al pagamento di Euro 14.000,00 per compensi senza che siano stati precisati e dettagliati i criteri di liquidazione delle spese processuali.

9. Il motivo è inammissibile per genericità.

La stessa ricorrente ha dedotto che i compensi previsti dal D.M. n. 10 del 2015, n. 55 – e determinati sulla base del valore della controversia – possono essere aumentati, di regola, fino all’80% o diminuiti fino al 50%, ma senza neppure allegare, che nel caso di specie, siano stati violati i limiti massimi tariffari, in relazione ai quali non ha neppure tentato di verificarne la compatibilità o meno con gli scaglioni previsti dalla legge.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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