Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3411 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/02/2010, (ud. 22/12/2009, dep. 12/02/2010), n.3411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27602-2003 proposto da:

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI BIELLA, in persona del Presidente e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA FLAMINIA 213, presso lo studio dell’avvocato REBOA ROMOLO, che lo

rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 48/2002 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 01/10/2002;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/12/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato TRIVELLI SIMONE per delega Avv.

REBOA, che si riporta;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il

rigetto del ricorso; il PG si riporta alle conclusioni scritte.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Fondazione Cassa di Risparmio di Biella ha impugnato, dinanzi al giudice tributario competente, il silenzio diniego dell’Amministrazione finanziaria in ordine alla istanza di rimborso relativa all’Irpeg dell’esercizio 1/10/1996-30/09/1997. La “fondazione” invoca l’agevolazione di carattere soggettivo prevista dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, in forza del quale l’imposta sul reddito delle persone giuridiche è ridotta alla metà nei confronti degli “a) enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza; b) istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali; c) enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione”.

La commissione tributaria provinciale adita ha accolto il ricorso e la commissione tributaria regionale con sentenza dep. il 1/10/2002 ha riformato la decisione di primo grado, accogliendo l’appello dell’ufficio, non rientrando la Fondazione tra i soggetti beneficiari delle agevolazioni predette.

Avverso quest’ultima decisione, la Fondazione ricorre contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, con due articolati motivi, con i quali denuncia la omessa pronunzia della inammissibilità dell’appello violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12, e artt. 2082 e 2195 c.c. e vizio motivazionale.

L’Amministrazione finanziaria resiste con controricorso. La causa è stata rimessa alla decisione in camera di consiglio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va rilevata la inammissibilità del ricorso proposto contro Ministero, che non era parte nel giudizio di appello dal quale doveva intendersi tacitamente estromesso perchè iniziato dopo il 01/01/2001, e, pertanto, dopo l’entrata in funzione delle Agenzie delle Entrate (Cass. SS.UU. 3116/2006, 3118/2006).

Analogamente deve essere pronunziata la inammissibilità del controricorso dallo stesso Ministero presentato. In ordine al motivo di ricorso con cui la Fondazione si duole che la CTR non avrebbe dichiarato inammissibile l’appello in quanto non conteneva alcuna censura alla sentenza di primo grado, limitandosi l’Ufficio a ribadire le conclusioni assunte in primo grado, il ricorso pecca di autosufficienza, non essendo dato di capire dalla lettura del ricorso, per la omessa trascrizione dell’atto di appello, il contenuto dello stesso.

Passando ora all’esame del ricorso dell’Agenzia, la controversia riguarda la spettanza alle Fondazioni Bancarie dell’agevolazione di carattere soggettivo prevista dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, in forza del quale l’imposta sul reddito delle persone giuridiche è ridotta alla metà nei confronti degli “a) enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza; b) istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali; c) enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione”.

Esaminando il secondo articolato motivo fondato su violazione di legge e vizio motivazionale, va osservato che tutte le questioni dibattute sono venute di recente a nuovo esame delle Sezioni Unite di questa Corte e hanno trovato soluzione nella sentenza n. 1576 del 22/01/2009 che è pervenuta alle seguenti conclusioni che il collegio pienamente condivide e che, per la loro esaustività, si trascrivono:

“In definitiva, le cd. fondazioni bancarie, nate dalla cd. riforma Amato, avevano come scopo principale la gestione del nuovo assetto organizzativo del settore del credito, nell’intento di consentire ai nuovi soggetti bancari, costituiti in s.p.a., di esordire sulla scena del mercato globale in maniere da reggere l’urto della concorrenza internazionale e della liberalizzazione, senza più alcun ombrello protezionistico. In questo quadro di riferimento, ogni altra finalità è del tutto secondaria. Ne deriva che è infondata ogni altra considerazione intesa a dimostrare che l’attività delle fondazioni comunque era finalizzata al perseguimento di obbiettivi sociali, meritevoli di agevolazioni (che comunque si risolverebbero in una indebita riduzione del prelievo sugli utili e, quindi, su un “accrescimento” delle disponibilità finanziarie utilizzabili dalla fondazione per “rafforzare” la presenza e l’attività dell’ente bancario nel mercato, in violazione della par condicio). Ne deriva, altresì, che gli enti in questione non hanno alcuna somiglianza con quelli ammessi alle agevolazioni. A parte la considerazione che per quanto attiene al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, la norma non è suscettibile di interpretazione estensiva, per espressa disposizione legislativa, e che, per quanto attiene alla L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis, occorre il requisito della “esclusività” dello scopo privilegiato, che certamente nella specie non ricorre. Sul piano sistematico, poi, va anche rilevato che la disciplina delle agevolazioni fiscali in questione è contenuta nel titolo 1 del D.P.R. n. 602 del 1973, che tratta delle “Agevolazioni di carattere soggettivo”, ed è tenuta distinta dalle altre agevolazioni connesse alla natura oggettiva o ad altri presupposti di carattere oggettivo delle attività svolte (agricoltura, cooperazione, credito, ecc.).

Ciò vuol dire che il legislatore ha inteso riconoscer l’agevolazione ad una platea di soggetti ben definiti e individuati (e già esistenti al momento della approvazione del D.P.R. n. 602 del 1973), in ragione del loro profilo soggettivo e non in ragione della attività oggettivamente svolta. Anche per questa via interpretativa le cc.dd. fondazioni bancarie (che non erano considerate tali nemmeno dalla riforma Amato che le ha “inventate”, nella quale erano indicate come enti conferenti, sic et simpliciter) sono fuori della platea degli enti destinatari delle agevolazioni; platea non suscettibile di ampliamento se non per espressa disposizione di legge che equipari espressamente le finalità degli enti beneficiari “ai fini di beneficenza o di istruzione” (art. 6, comma 1, lett. c), si tratta.

Come già accennato, di una limitazione interpretativa che trova la sua copertura costituzionale in esigenze di certezza delle entrate finanziarie (art. 81 Cost., comma 4). A ciò si aggiunga che, comunque, sul piano processuale, considerato che dal quadro normativo sopra ricostruito si ricava l’esistenza di una vera e propria presunzione di esercizio della attività di impresa bancaria in capo a coloro che in ragione della entità della partecipazione al capitale sociale sono in grado di influire sull’attività dell’ente creditizio, per accedere al beneficio invocato, le cc.dd. fondazioni avrebbero dovuto allegare e dimostrare di avere svolto una attività del tutto differente da quella voluta dal legislatore, nel senso che invece di privilegiare le finalità di consentire al nostro sistema creditizio di affrontare le turbolenze del mercato internazionale “in mare aperto” (governando la fase dell’affrancamento dal protezionismo statale), abbiano invece svolto una attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale. A parte la considerazione che l’onere di provare i fatti giustificativi di un trattamento fiscale agevolato grava sempre su colui che invoca il beneficio, secondo i consueti criteri di ripartizione dell’onere della prova, dettati dall’art. 2697 c.c.. E’ stato anche obiettato che le cc.dd.

fondazioni sarebbero gravate dell’onere di fornire una impossibile prova negativa (cioè di non aver fatto impresa bancaria). In realtà, come già è stato rilevato da questa Corte, si tratta di fornire la prova positiva dell’attività svolta in concreto dall’ente; prova che “può essere fornita mediante la produzione di estratti dei libri contabili o idonee certificazioni del collegio dei revisori o del collegio sindacale delle società partecipate; la relativa verifica postula un’indagine sull’esercizio in concreto dell’attività d’impresa, non limitata ai modi di gestione della partecipazione di origine, ma estesa all’attività complessivamente esercitata dalla fondazione nell’anno d’imposta, e presuppone innanzitutto che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverossia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all’Amministrazione finanziaria l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni” (Cass. 7883/07;

conf. 10255/07, 13559/07). Per quanto concerne il rapporto della precedente disciplina con quella di cui al D.Lgs n. 153 del 1999, le stesse SS.UU. affermano: “E’ evidente che il riconoscimento del beneficio fiscale è collegato alla attuazione della riforma del 1999, senza alcuna influenza sui periodi precedenti. Anche laddove dell’art. 12, comma 2 dispone che il regime agevolativo si applica in via transitoria anche prima dell’adeguamento degli enti alle norme di riforma, a condizione che si tratti di fondazioni che non abbiano natura di enti commerciali e che abbiano perseguito prevalentemente fini di interesse pubblico e di utilità sociale, la norma opera a partire dalla data dell’entrata in vigore del D.Lgs. e serve a giustificare la concessione della agevolazione, che deve avvenire sulla base dei consueti parametri di fatto (ente non commerciale/prevalenza delle finalità sociali). Tra l’altro, rispetto al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12, il D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, reca un elemento nuovo, il carattere prevalente dei fini di interesse pubblico, che correttamente condiziona e giustifica l’applicazione della agevolazione fiscale, rispetto alle finalità che dovevano perseguire gli enti prima della riforma, rispetto alle quali il D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12, non richiedeva il requisito della prevalenza. La riprova che l’agevolazione fiscale in questione è condizionata alla attuazione della seconda riforma, con la dismissione di ogni residua connotazione imprenditoriale degli enti, con la conseguenza che le relative disposizioni non possono avere valenza interpretativa, la si ricava anche dalla successiva prescrizione, secondo la quale “La natura di ente non commerciale viene meno se la fondazione, successivamente alla data del 31 dicembre 2005, risulta titolare di diritti reali su beni immobili diversi da quelli strumentali per le attività direttamente esercitate dalla stessa o da imprese strumentali in misura superiore al 10 per cento del proprio patrimonio” (D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 4, prima alinea). Comunque, anche nel periodo transitorio, i redditi che derivano da tali immobili non godono del regime agevolato: “In ogni caso, fino al 31 dicembre 2005, i redditi derivanti da detti beni non fruiscono del regime previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6” (D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 4, seconda alinea). Nella controversia in esame, la contribuente non nega di avere posseduto una quota di maggioranza nella società conferitaria nè di avere esercitato i conseguenti diritti patrimoniali e di gestione.

Per potere superare la presunzione di esercizio di impresa bancaria, come sopra riconosciutala Fondazione, esclusa ogni rilevanza alla non contestazione da parte dell’Ufficio della circostanza relativa all’impiego prevalente o esclusivo delle risorse a fini di interesse pubblico e sociale, in quanto “l’onere di provare i fatti giustificativi di un trattamento agevolato grava sempre su colui che invoca il beneficio”, avrebbe dovuto provare non tanto il superiore impiego “quantitativo” delle proprie risorse, bensì “di avere svolto una attività del tutto differente da quella voluta dal legislatore, nel senso che invece di privilegiare le finalità di consentire al nostro sistema creditizio di affrontare le turbolenze del mercato internazionale…… e di avere invece svolto una attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale”. Prova non introdotta con il ricorso introduttivo, ma comunque non conciliabile con la posizione assunta dalla Fondazione di piena compatibilità delle due attività (attività come sopra presunta d’impresa e attività solidale) non emergendo in alcun modo dalle deduzioni della la Fondazione che la stessa abbia operato violando (o trascurando) il proprio compito istituzionale.

Il ricorso contro l’Agenzia deve pertanto essere rigettato.

La complessità delle questioni prospettate e le oscillazioni giurisprudenziali che hanno caratterizzato analoghe vicende giudiziarie con necessità di un duplice intervento delle SS.UU. impongono la compensazione delle spese.

Lo stesso dicasi per il ricorso erroneamente proposto contro Ministero dell’Economia e delle Finanze e il relativo controricorso, atteso che l’intervento chiarificatore delle SS.UU. in tema di legittimazione dello stesso, è successivo alla proposizione dell’odierno ricorso.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso contro Ministero nonchè il relativo controricorso e rigetta il ricorso contro l’Agenzia.

Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 22 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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